LE PARTECIPANZE

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Dai terreni agli archivi, scopriamo un antico istituto di fondamentale importanza per il rapporto fra il territorio e la sua popolazione. Nel bolognese ne esistono quattro: Sant’Agata Bolognese, San Giovanni in Persiceto, Pieve di Cento e Villa Fontana di Medicina

di Elena Boni – Archivio storico della Regione Emilia-Romagna

Gli usi civici, denominati anche servitù agrarie, sono diritti spettanti agli abitanti (cives) di un determinato territorio, relativi al trarre utilità dalla terra, dai boschi e dalle acque. Consistono nel far legna (legnatico), prelevare l’acqua (acquatico), far pascolare gli animali (erbatico o ghiandatico), costruire ricoveri o abitazioni necessari alla lavorazione della terra, fare la calce, raccogliere funghi, castagne o altri prodotti del bosco… e altri diritti minori legati alle caratteristiche del territorio o delle economie locali. Gli usi civici in Italia sono conosciuti fin dall’antichità, ma vengono sistematizzati nel periodo feudale quali concessioni del re e dell’imperatore; subiscono una forte erosione da parte dei possidenti privati dalla metà del Settecento, poi divengono oggetto di riforme successive, leggi, riordinamenti che dall’epoca napoleonica si susseguono fino ai giorni nostri.

Tavola dei confini lungo il vecchio corso del fiume Panaro (riproduzione moderna dal 1347)

Il tema è fondamentale e complesso: riguarda il rapporto fra una determinata popolazione e il territorio che essa abita (e che spesso coltiva), investe la proprietà privata e la proprietà collettiva, il diritto privato e il diritto pubblico, con una distinzione fra Stato e altri enti pubblici (ad esempio i Comuni) e una molteplicità di varianti normative a seconda dei luoghi, derivanti anche dai diversi ordinamenti economici e politici degli Stati italiani pre-unitari.

In termini numerici, un’indagine del Ministero dell’Agricoltura e Foreste del 1947 stimava in 3,1 milioni di ettari le terre soggette ad uso civico, di cui 2,5 milioni di ettari erano proprietà collettive imputate ai Comuni, 489mila ettari proprietà collettive di associazioni agrarie varie, 250mila ettari proprietà private gravate da uso civico. Il diritto d’uso civico interessava circa il 40% dei Comuni italiani, essendo diffuso in pianura, in montagna e nelle zone costiere.

Gli usi civici nel Novecento

Una riforma abbastanza organica fu varata con la legge 1766 del 1927 e il successivo regolamento del 1928. Entro il 3 aprile 1928 andavano rivendicati i diritti storici di uso civico, per poi definire quali terreni ne fossero effettivamente gravati. Nei terreni di proprietà privata gli usi civici avrebbero dovuto essere liquidati tramite cessioni o permute; invece nei terreni di proprietà collettiva (comunalie, università, partecipanze… la nomenclatura varia moltissimo tra le Regioni italiane) si sarebbe dovuta assegnare la destinazione d’uso: coltivazione oppure pascolo/bosco, mantenendo gli usi civici solo sui secondi e dividendo fra i capifamiglia i terreni agricoli. A tale scopo furono istituiti i Commissari per la Liquidazione degli Usi Civici, magistrati di Cassazione che operavano – e tuttora operano – su scala all’incirca regionale.

Con l’istituzione delle Regioni nel 1970 gli aspetti amministrativi della materia passarono in capo alle Regioni, mentre ai Commissari rimase la funzione giurisdizionale sulle cause. Ciascuna Regione ha quindi deliberato in materia, seppure in tempi molto diversi. La Regione Emilia-Romagna ha emanato una serie di norme: dalla delega alle Comunità montane del 1977 all’istruttoria per il riordino degli usi civici del 1991. Il tema viene toccato anche in numerose leggi e regolamenti regionali in materia ambientale, agricola e di controllo sugli enti locali. Sui beni di uso civico la Regione effettua le istruttorie per la verifica, rilascia autorizzazioni, approva statuti e regolamenti degli enti di gestione, gestisce comunioni e promiscuità. 

Nei medesimi anni, l’industrializzazione e poi la terziarizzazione del Paese hanno spostato l’attenzione dall’aspetto agricolo degli usi civici (che pure rimane importante) all’aspetto di tutela ambientale. Le comunità che godono degli usi civici sono spesso fortemente radicate sul territorio e ne costituiscono il presidio non solo agricolo ma anche di tutela, pur con i molti conflitti di interesse e di giurisdizione che investono una materia così delicata. Costruzione di elettrodotti, sfruttamento delle sorgenti d’acqua, caccia e pesca, conservazione dei boschi e raccolta dei tartufi, diritto di costruzione, rapporto fra agricoltura e turismo… sono davvero tanti i temi che si pongono a partire dalla definizione, sconosciuta ai più, di “usi civici”. Inoltre gli archivi degli usi civici sono importantissimi per studiare la storia del territorio.

Le proprietà collettive nel territorio bolognese

In particolare, i beni collettivi (o beni di proprietà indivisa) sono gestiti da appositi enti: partecipanze, comunelli, comunalie, comunanze o amministrazione separata (Asbuc). In assenza di un ente specifico, i beni collettivi sono gestiti dal Comune di pertinenza. All’ente gestore non spetta alcun diritto sui beni medesimi: esso rappresenta la collettività e garantisce la coesistenza del diritto dei cives attraverso poteri e facoltà di amministrazione.

Nel territorio bolognese esistono quattro partecipanze agrarie: Sant’Agata Bolognese, San Giovanni in Persiceto, Pieve di Cento e Villa Fontana di Medicina. Esistono inoltre altri terreni soggetti a uso civico, soprattutto nelle zone appenniniche. Nei prossimi numeri ci occuperemo delle quattro Partecipanze agrarie, per poi passare agli usi civici diffusi soprattutto nel territorio di montagna.

Recentemente si è potuto riunire l’archivio degli usi civici relativi al territorio emiliano-romagnolo, composto di due importanti serie: la serie storica, precedentemente depositata presso il Commissariato agli Usi Civici per l’Emilia-Romagna e le Marche con sede in Bologna, e la serie relativa all’attività amministrativa svolta dal settore Agricoltura della Regione. Attualmente la Regione, di concerto con l’Archivio di Stato e la Corte di Cassazione, sta studiando il riordino e l’inventariazione delle due serie di documenti. Tale lavoro sarà fondamentale per completare il progetto di informatizzazione della materia su base regionale, ma anche per consentire più approfonditi studi storici sul territorio.

PER INFO:

https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/servizi-online/come-fare-per/enti-beni-collettivi
https://usicivici.unitn.it/ 
https://agriregionieuropa.univpm.it/it
www.demaniocivico.it

 

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