La bionda che ha fatto storia

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La più antica ricetta per fare la birra è incisa in un bassorilievo sumero. Fino al medioevo la birrificazione era ad appannaggio delle sole donne poi iniziarono a produrla anche nei monasteri. Oggi il suo successo continua anche grazie alle tante versioni artigianali

di Katia Brentani

(pubblicato nel numero uscito nell’autunno del 2016)

La parola birra, tedesco “bier”, francese “bière”, viene probabilmente dalla stessa radice del celtico “brace”, che secondo Plinio indicava una specie di cereale (scandella o orzo distico) fermentato e bruciato al fine di ottenere una bevanda. L’italiano antico “cervogia” e lo spagnolo “cerveza” si rifarebbero invece al celtico “ceruesia”, che indicava il colore di una birra scura simile al manto del cervo. La birra ha origini antiche. Una bevanda simile alla birra si trova all’incirca 6.000 anni fa nella fertile Mesopotamia. Si narra che il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso; sebbene nessuno sappia con precisione come accadde, si suppone fosse stato lasciato per sbaglio a inumidire dell’orzo che cominciò a fermentare trasformandosi in un pane inebriante. Un bassorilievo sumero riporta la descrizione del processo di creazione della birra; si può notare dell’orzo, del pane cotto e successivamente inumidito nell’acqua per formare una poltiglia e infine una una bevanda con la proprietà di “fare stare bene chi la beveva”. Nel tempo la birra divenne merce di scambio e veniva barattata con i cereali. Fino al Medioevo, il processo di birrificazione era appannaggio delle sole donne. Lentamente questa prerogativa svanì man mano che la birra cominciò ad esser prodotta nei monasteri; questa arte fu adottata dai monaci (belgi e olandesi in primis). Fra i monaci che producevano birra c’erano anche i trappisti. Con il termine trappisti si intendono i monaci affiliati all’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza. Le regole piuttosto rigide seguite dai monaci – come quella che imponeva di bere soltanto acqua – furono ammorbidite, permettendo ai monaci vincolati alla “stretta osservanza” di produrre birra. La birra era consigliata perché ritenuta più salutare dell’acqua che, al tempo, era spesso contaminata. Con il passare del tempo il luppolo cominciò ad essere utilizzato nella birrificazione, contribuendo alla conservazione della birra e aggiungendo freschezza al gusto.

il luppolo

Con l’uso del luppolo la birra rivelò il suo aspetto benigno e assunse un aspetto e un gusto simile alla birra dei giorni nostri. La birra industriale, commercializzata in tutto il mondo, la conosciamo tutti ma la birra artigianale invece cos’è? è una  birra prodotta da strutture come i microbirrifici in cui la produzione non supera i 100.000 hl/annui. Si distingue dalla birra industriale innanzitutto perchè non è pastorizzata. La pastorizzazione è una cottura atta a sterilizzare la birra, che viene fatta previa una microfiltrazione per rimuovere i lieviti e le proteine, in modo da garantire al prodotto una migliore conservazione per anni, anche in condizioni estreme (caldo e luce), senza che se ne alteri il gusto. Questo ovviamente porta a un appiattimento dei gusti caratteristico di tutte le birre industriali. Nella birra artigianale non si effettua la pastorizzazione, solo raramente si sente parlare di filtrazione e mai di microfiltrazione; c’è chi sostiene che il lievito non debba restare a contatto con la birra dopo aver svolto il suo lavoro e che col passare del tempo comprometta il gusto della birra… si esegue pertanto una filtrazione meno “spinta” che rimuove il lievito ma che non assicura comunque una scadenza superiore ai 6 mesi.

In Italia il fenomeno della birra artigianale è ancora in fase di espansione e lo testimonia il crescente numero di birrifici, seguito da quello delle persone che si interessano a questa bevanda e imparano a scoprire le sfumature dei moltissimi stili prodotti. In definitiva, possiamo dire che la birra artigianale nasce dalla passione dell’artigiano che la produce attraverso delle materie prime selezionate che ne esaltano le caratteristiche, portando delle sensazioni impossibili da ritrovare nelle birre industriali. La birra artigianale è un prodotto non scontato, con un carattere preciso e un alto livello di creatività, che nasce dalla fantasia e dalle mani capaci dell’artigiano; è birra vera, capace di trasformare la bevuta in un’esperienza unica.

Gramigna alla salsiccia alla birra rossa
Ingredienti x 4 persone
400 gr. di gramigna
400 gr. di salsiccia
20 cl. di birra rossa
2 porri
Parmigiano-Reggiano
Olio EVO q.b.
Sale
Pepe
Procedimento: pulire i porri e tagliarli a rondelle, metterli in una padella con un filo d’olio e far appassire con un pochino d’acqua. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata.
Quando è ritirata l’acqua dei porri aggiungere la salsiccia, mescolare e sfumare il tutto con la birra. Scolare la pasta e versarla nel sugo, salare, pepare e spolverare con il formaggio grattugiato

Tacchino con verdure alla birra
Ingredienti x 4 persone
700 gr. di fesa di tacchino
1 peperone giallo
1 peperone rosso
1 cipolla rossa
2 carote
8 broccoli
1 limone
½ cucchiaino di chili in polvere
2 bicchieri di birra bionda
Olio EVO
Sale
Pepe

Procedimento: tagliare la fesa di tacchino a cubetti e far marinare con succo di limone, birra e chili per 1 oretta.
Tagliare la cipolla, le carote e i peperoni a pezzetti dopo averli lavati con i broccoli, in una padella mettere l’olio e far saltare le verdure a fuoco dolce, dopo 10/15 minuti aggiungere il tacchino scolato dalla marinatura e escolare a fuoco medio-alto per 5 minuti.
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