I rimedi dei “medici” di una volta

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Le tradizioni popolari della pianura bolognese tra fede, storia e dialetto

Di Gian Paolo Borghi

In anni fortunatamente sempre più lontani, non soltanto i braccianti e (in misura minore) i contadini avevano difficoltà ad usufruire delle prestazioni mediche a pagamento, ma anche gli esponenti della piccola borghesia paesana non nuotavano nell’oro e si adattavano spesso all’uso di piccoli  “rimedi”, derivati dall’empirismo, oppure dai consigli di un medico o, più probabilmente, di un farmacista. Gli esempi che qui riporto vanno contestualizzati nello stato di bisogno che ho appena descritto e sono trascritti da appunti o da quadernetti scolastici, redatti con grafie a volte malferme, risalenti a un arco di tempo oscillante tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900. Come si può notare, alcune prescrizioni si rifanno alla saggezza popolare (le proprietà della salvia, dell’aglio e dell’uovo, tanto per fare qualche citazione, sono tradizionalmente note), mentre altre provengono da “ricette” tramandate di generazione in generazione. Non è da escludere che alcune siano state copiate da opuscoli o da libretti a diffusione popolare. 

Si tratta di documenti “semplici”, di carattere estremamente minuto, ma ritengo possano ugualmente offrire un piccolo contributo alla conoscenza di aspetti della quotidianità locale otto-novecentesca.
Negli autunni nebbiosi e nei gelidi inverni, le malattie reumatiche predominavano.

Una cura a base di aglio, per i reumatismi, da farsi in primavera e in autunno, prevedeva:

“Aglio grammi 25 a pezzettini; alcool grammi 100. Lasciare in infusione giorni 20, poi passare. Il liquido così ottenuto prenderlo a gocce alla mattina a digiuno. Incominciare con due gocce e aumentare una goccia per giorno sino a gocce 40, poi si diminuisce una goccia per volta”.

Per le malattie articolari si suggeriva:

“Per sudare: prendete mezzo chilo di sedano e tre litri d’acqua e fate bollire per 20 minuti, poi filtrate e bevetene un bicchiere alla sera quando andate a letto”.

Per i geloni, tipici del clima freddo (ma anche per le bruciature alle mani), si consigliava:

“Si mescoli un chiaro d’uovo con una cucchiaiata di olio d’oliva, e si batta il miscuglio finché abbia acquisito la consistenza della crema”. 

Due, ancora, i rimedi per rendere bianche e morbide le mani: 

“Farina di castagne d’India grammi 20; farina di mandorle grammi 62; polvere d’iride fiorentina grammi 15; carbonato di potassa grammi 3,50; essenza di bergamotto grammi 2. Si mescolano tutte queste sostanze e si adoperano mettendo un pizzico di questa farina in due bicchieri d’acqua, la quale agitandola diviene subito bianca”.

“Il giallo d’uovo fresco sbattuto nell’acqua… e lavarsi”.

Per i “denti che si muovono” questa era la prescrizione:

 “Si lavino con decotto di salvia bollita nel vino”.

Per l’emicrania:

“Corteccia di melagrana grammi 5; olio d’oliva grammi 30; ammoniaca grammi 10. Ponete la corteccia entro un mortaio e pestate aggiungendovi prima l’olio, poi l’ammoniaca, poi conservatela entro ad un vasetto ben turato. Quando avrete bisogno d’adoperarla ungetevi la parte addolorata alla sera quando andate a letto coprendovi con una pezzuola di lana”.

Non poteva mancare anche una “pomata per far crescere i capelli”, con la quale concludo la puntata di questa rubrica:

“Acido salicilico grammi 10; fiore di zolfo puro grammi 10; vasellina grammi 100. Frizionare”. 

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