Cantar la canapa

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Il nonno della Bassa

Di Giampaolo Borghi

La canapa e le sue fatiche sono entrate nella memoria collettiva del mondo popolare delle campagne emiliane. La cultura locale, a questo proposito, ha favorito la composizione anche di canti ispirati a quei lavori gravosi, i cui testi fanno trasparire aspetti sociali legati al ciclo lavorativo di questa fibra tessile oppure alla tutt’altro che facile condizione di alcuni lavoratori, soprattutto ambulanti, che avevano fatto della canapa la loro professione. Ne esaminiamo alcuni, a partire da una ricerca effettuata nell’ormai lontano 1974 da Paolo Natali, etnomusicologo del Centro Etnografico Ferrarese. In quell’occasione lo studioso raccolse un canto (il cui testo trascrivo, nella sua grafia originale, dal periodico ciclostilato “Scuola e Società” di quello stesso anno), da un’anziana bracciante di Santa Maria Codifiume di Argenta, paese rurale tra ferrarese, e bolognese. Annotò lo studioso: Attraverso questo canto è possibile ripercorrere tutte le fasi della lavorazione della canapa, ad ogni verso corrisponde un momento, una azione di lavoro. Noi lo pubblichiamo come gli informatori ce lo hanno proposto, senza porre in ordine cronologico le fasi della lavorazione”.

Questo è il testo, dal quale risalta più volte una constatazione amara, e cioè che i contadini fanno il lavoro e i padroni ne raccolgono i frutti:

… aréla, parz’éla, zapéla,/la kànva dal padròn./Sumnéla, run’kéla,/la kànva dal padròn./Tai’éla, batéla, tiréla só/la kànva dal padròn./Tai’éla, ligéla, fundéla/la kànva dal padròn./Stin’déla, kuiéla, lighéla/la kànva dal padròn./Mitéla in féña, skavzéla/la kànva dal padròn.

Una variante al precedente finale è la seguente: stin’déla, graméla/,purtéla in tal camaròn,/e i suld i tira al padròn.(Stendetela, gramolatela,/portatela nel camerone,/e i soldi li tira il padrone).

Una versione dello stesso canto, cui viene attribuito il titolo La canapa, fu registrata dal ricercatore Paolo Bernardini, nel 1979, a Gaggio Montano. Armonizzata da Giorgio Vacchi, è confluita nel repertorio del Coro Stelutis di Bologna. Il testo, maggiormente strutturato di quello precedente, alterna a ciascuna fase di lavoro il verso La partèn pò mèza pr ån (la dividiamo poi metà per uno), in base al contratto di mezzadria vigente in territorio bolognese.

Del repertorio dei canti ispirati, anche con una certa dose di ironia, ai lavori tradizionali legati alla canapa fanno parte due testi rilevati dalla ricercatrice centese Nerina Vitali nel 1971 e pubblicati nel suo volume, edito nel 1987, Briciole dello sconfinato banchetto che è la poesia folklorica raccolte nelle campagne centesi. Il primo porta il titolo La canta di garzulèr (La canta dei gargiolai, detti anche filadûr, filatori). Per ragioni di spazio, mi limito soltanto alla prima strofa, alla quale seguono le negatività dei mestieri del muratore e del falegname: D‘uń garzulèr la mi’ mama la mi’ mama/d’uń garzulèr la mi’ mama la mi vôl dȇr/d’uń garzulèr atach al grȃfi/tóta la plóma la gh va in di bȃf/ma mé n al sò ma mé n al so/d’uń garzulèr mé n al vói nò (D’un gargiolaio la mia mamma la mia mamma/d’un gargiolaio la mia mamma mi vuol dare/d’un gargiolaio attaccato al pettine/tutta la lanuggine va nei baffi/ma io non lo so io non lo so/d’un gargiolaio io non lo voglio no). La ricercatrice pubblicò, inoltre, una variante di questi versi: La mi’ mama la dis achsé/che bèla fiôla ch a i ò mé/a n la vôi brisa dȇr/a uń mardòń d’uń garzulèr/garzulèr atȃch al grȃfi/coń la plóma atȃch ai bȃfi/no mama no/uń garzulèr mé n al vói nò (La mia mamma dice così/che bella figlia che ho io/non la voglio mica dare/a un merdone di un gargiolaio/gargiolaio attaccato al pettine/con la lanuggine attaccata ai baffi/no mamma no/un gargiolaio non lo voglio no).

Il secondo testo, di carattere scherzoso e al femminile, denominato Canta della filatrice è composto di due sole strofe: Giusepéń tulîmi mé/Giusepéń tulîmi mé ch a soń ‘na bréva filugnéra/in set an a fil uń fus/e sempr a ch la maniȇra.//Giusepéń l’é uń birichéń/Giusepéń l’é uń birichéń/l’à spusè ‘na mi surȇla/sòul per lasiarmi mè/mè ch a soń la pió bȇla (Giuseppino prendimi me/Giuseppino prendimi me che sono una brava filatrice/in sette anni filo un fuso/e sempre a quella maniera.//Giuseppino è un biricchino/Giovannino è un biricchino/ha sposato una mia sorella/solo per lasciarmi me/che sono la più bella).

Un esempio romagnolo, infine, è costituito da un canto d’autore, entrato nella memoria popolare e considerato, unitamente a Romagna mia, di Secondo Casadei, uno dei simboli canori della romagnolità. Intitolato A gramadora (La gramolatrice), composto da Aldo Spallicci e Cesare Martuzzi, è noto anche con il suo incipit, Bëla burdèla (Bella ragazza). Di sapore bucolico, narra di un “contrasto” tra una giovane gramolatrice e un altrettanto giovane spasimante, che la sfida a dargli uno schiaffo in “risposta” ad un suo bacio. È trascritto dal sito Internet www.canteriniromagnoli.it. Da molti decenni, A gramadora ha fatto e fa tuttora parte delle esecuzioni corali di diverse formazioni di “Canterini romagnoli”: Bëla burdëla fresca campagnöla/Da i cavell e da j’ òcc coma e’ carbon./

Da la bocca piò rossa d’ na zarsola,/Te t’ si la mi passion!//Batibat e strecca un òcc,/Strecca un òcc e batibat,/A’ I fasegna ste’ barat?/T’a m’ de un s-ciaf ch’a t’ dagh un bes.//Grama, grama muretta un pô sgarbêda/Ch’ l’ è bèl a fê l’amor in aligrì,/Sora al manê dla canva spintacêda/Me a t’ stagh sempar da drì.//Batibat e strecca un òcc/strecca un òcc… ecc..//Lìgul file int la ròcca dla nunéna,/Gavétul d’azza bianchi int e’ bulì/E linzul fresch ad tela casalena,/Muretta, a ch’ bèl durmì!//Batibat e strecca un òcc/strecca un òcc… ecc. (Bella ragazza fresca campagnola/dai capelli e dagli occhi come il carbone /dalla bocca più rossa di una cerisuola (bacca del biancospino)/tu sei la mia passione./Battibatti e strizza un occhio /strizza un occhio e battibatti /lo facciamo ’sto baratto?/Mi dai uno schiaffo che ti dò un bacio./ Gramola gramola moretta un po’ sgarbata /ch’è bello fare all’amore in allegria/ sopra i mannelli della canapa scapigliata/ io ti sto sempre accanto./Battibatti e strizza un occhio …ecc…./Lucignoli (pennacchi) filati nella rocca della nonnina/matasse d’accia bianche nel bollire/e lenzuola fresche di tela casalinga/moretta che bel dormire!/Battibatti e strizza un occhio… ecc.).

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