Impressioni ed emozioni del trek-pellegrinaggio di cinque giorni da Calenzano al Lago degli Idoli
di Gianfranco Bracci
(pubblicato nel numero uscito nell’autunno del 2016)
Giallo ginestra dal profumo inebriante che brilla come tante lampadine al led nel verde novello delle pendici del Monte Giovi, luogo sacro al popolo etrusco che vi aveva eretto un tempio al dio Tinia (il Giove dei romani), giusto sulla cima. Camminiamo in silenzio e le possibilità di farla franca svaniscono con il ticchettio delle prime goccie che sbattono sulle foglie degli alberi: piove o non piove? Un raggio di sole sembra riportare a galla le nostre speranze di pellegrini-camminatori in viaggio verso “La Falterona”, come la chiamavano i vecchi e come la decantava il poeta Dino Campana che seppe interpretarne l’anima come nessun altro. Ma il raggio non è altro che un falso allarme. Un gran nuvolone nero appare verso sud ed iniziano subito i rombi dei primi tuoni: sono gli strali che il dio etrusco ci manda per metterci alla prova e testare i nostri annunciati propositi di pellegrinaggio fino al sacro Lago degli Idoli. Si aprono le cateratte del cielo ed una valanga d’acqua ci arriva addosso come una pezzo delle cascate Vittoria. Ci è sopra sovrastandoci come le nubi che si impossessano delle cime circostanti, ormai avvolte nella tempesta. Procediamo nel fango e subito ci accorgiamo che anche il gore-tex, le mantelle varie e qualche ombrello, in momenti tempestosi di quel tipo servono a poco. Piccoli fiumi limacciosi e in miniatura scendono dal Giovi quali messaggeri del dio etrusco. Grande Tinia! In venti minuti ci hai riportato con i piedi (bagnati) per terra, facendoci capire cosa siamo al tuo cospetto: “niente”. La tua strapotenza, illuminata dai lampi si espleta tramite la tua voce rombante che pare avvertirci: “occhio camminatori pseudo-etruschi…sappiate sempre che qui comando io e basta!”. La tua lezione è eloquente e già sotto la doccia calda del rifugio-albergo della Bottega di Montegiovi, mi convinco di aver capito il messaggio. E tu, essendo un dio, ti sei subito accorto della nostra buona fede inviandoci, poco dopo, un superbo arcobaleno, al cui centro toneggiava Sua Maestà “la Falterona”, toponimo femminile, comun denominatore di tutte le montagne sacre degli etruschi e di altri popoli antichi. Informazioni confermate dalle parole di Roberto Macellari, Claudio Calastri e Giovanni Caselli, etruscologi di fama custodi di molti segreti delle antiche vie di transumanza e pellegrinaggio dei Tirreni. Da loro apprendiamo che ve ne erano in tutta l’etruria e spesso erano glareate (cioè realizzate da un battuto di ciottoli o ghiaia) ed avevano una preparazione simile a quella delle consolari romane che ne furono l’evoluzione.
E’ tempo di riprendere il cammino e presto raggiungiamo la Cappella della Maestà di Tizzano, seguendo il “sentiero degli etruschi”, come riporta un cartello escursionistico con cartina ed itinerari segnalati. Ma allora siamo sulla strada giusta! Si prosegue fino al paese di nascita di Andrea del Castagno, grande maestro del Rinascimento toscano che, nato in quelle sinfonie di verde insite nelle incassate e solitarie pieghe appenniniche, non poteva che regalarci opere di sopraffina poesia pittorica. Mi alzo di notte per controllare il tempo, rallegrandomi per il brillio di stelle nell’alto di un cielo nero come la pece. L’indomani, insieme alle guide dei Centri Visita del Parco Nazionale, ci incamminiamo in questo giugno simil ottobre, verso la Fonte del Borbotto e poi su su, fino a Capo d’Arno dove sembra strano poter bere alla sorgente che battezza il fiume sacro dei Rasna (così chiamavano loro stessi gli etruschi). Giovanni Caselli ci aveva detto che in tutta l’Etruria la zona con il maggior numero di toponimi d’origine etrusca è proprio il Casentino. D’altronde in quella sub regione toscana vi è addirittura una cittadina che si chiama Rassina (da Rasna). Più eloquente di così. Al lago degli Idoli arriviamo festosi ma anche mesti, cantando la canzone della transumanza e della malaria “Maremma Amara”. Infatti basterebbe scendere in Casentino e proseguire quella strada per giungere alle Maremme, come facevano ogni stagione, i nostri bisnonni pecorai.
Siamo giunti alla mèta. In onore degli dei che ci hanno protetto, gettiamo simbolicamente una pietra nelle acque del laghetto nel quale si curavano con successo le ferite di tanti guerrieri di 2500 anni fa. Basta andare nei musei di Londra, Parigi, San Pietroburgo e Bibbiena per poterli ammirare, i famosi “idoli”: bronzetti (ex voto) talvolta di raffinata arte fusoria che il “tapino” Granduca Leopoldo permise, purtroppo, venissero venduti all’estero. Tempus fugit, dicevano i cugini latini. I cinque giorni sono volati troppo velocemente, mentre noi andavamo ben lenti. Una riflessione: sarà possibile che la percezione del passare del tempo sia inversamente proporzionale alla velocità di spostamento di noi umani? Ricordo che quando andai in Nuova Zelanda, sull’aereo credevo che il tempo non passasse mai. Eppure volavamo ad oltre 1000 Km orari. In questi giorni invece le nostre gambe viaggiavano sui 3 Km di media oraria ed il tempo pareva passare in un baleno.
Magari gli etruschi ne erano consci ed hanno saputo tenere segreto l’arcano?
Chissà?
- Il viaggio
- 11/06 Calenzano Lago di Legri – Vaglia – Bivigliano km 15,4 ore 4:15′
12/06 Bivigliano – Il Tamburino (Bottega di Monte Giovi) Km 17,6 ore 5
13/06 Il Tamburino – Dicomano – Loc. Rimaggio km 10,1 ore 2:35′
14/06 Orticaia – Frascole – Il Castagno d’Andrea km 15,6 ore 4:35’
15/06 Borbotto – Anello Falterona km 8,3 ore 2:45′
Altitudine massima raggiunta m 1.654 del Monte Falterona
Totale percorrenza Km 67 – totale ore di cammino (escluse le soste) 19:10′
Per ulteriori informazioni o per organizzare il treck: 339/8283383 – AppenninoSlow.it