Dall’autrice di Frankenstein alla prima donna nello spazio passando per il papà della relatività: tutti pazzi per le Due Torri
di Serena Bersani
Nella patria dei “turisti per caso”, la recente attrattiva esercitata da Bologna sui viaggiatori stranieri affonda le radici in epoche lontane, nelle quali la città delle torri era un’attrattiva per le élites europee che si potevano permettere di viaggiare nelle più importanti città del Belpaese. Turisti per scopi culturali o studenti fuori sede (come dimenticare Dante?) registrarono la loro presenza in città fin dal medioevo. Poi, dal Settecento, viaggiatori attratti dal mito del Gran Tour (una sorta d’Interrail ante litteram, con protagonisti i giovani rampolli delle migliori casate straniere che viaggiavano per mesi, se non per anni, attraverso l’Europa, con una particolare attrazione per l’Italia) fecero di Bologna tappa fissa delle loro peregrinazioni d’istruzione e formative sotto il profilo dei rapporti sociali. Uomini e donne di lettere o di scienze, viaggiatori di tutti i tipi che hanno lasciato traccia nei loro scritti o portato con sé memoria della città e che a loro volta hanno serbato un ricordo del proprio passaggio a Bologna. Ne abbiamo scelti cinque, tra i più rappresentativi nei loro specifici ambiti.
LA SCRITTRICE
La maestra assoluta del romanzo gotico, la scrittrice e filosofa inglese Mary Shelley, soggiornò a Bologna nel novembre 1818 con il marito, il poeta Percy Shelley, con il quale aveva intrapreso un lungo viaggio in Italia come erano soliti fare gli intellettuali del tempo. Vale la pena sottolineare che Mary Shelley aveva già pubblicato il suo capolavoro “Frankenstein” e perduto tre bambini in tenerissima età ricavandone una depressione forse inguaribile. Aveva solo 21 anni. La curiosità per Bologna nasceva in lei anche dal fatto che questa era la città natale di Luigi Galvani e di suo nipote Giovanni Aldini, i primi ad applicare gli studi sull’elettricità alla scienza medica. La scrittrice pare si fosse ispirata proprio alle sperimentazioni di Aldini sui cadaveri per la creazione del suo “Prometeo moderno”, la creatura mostruosa a cui aveva dato vita sulla carta. Aldini, tra l’altro, si era trasferito a Londra nel 1802 per poter proseguire i suoi esperimenti su corpi integri. Infatti, era solito sperimentare sui cadaveri dei condannati a morte, che nessuno reclamava. Ma nella città delle torri avevano ancora la brutta abitudine di utilizzare la ghigliottina, mentre a Londra giustiziavano tramite impiccagione e, quindi, la rianimazione elettrica poteva essere attuata su corpi interi. Tali attività post mortem venivano trasformate in veri e propri spettacoli e il pubblico londinese si accalcava nei teatri anatomici per assistere a quelli che parevano gli albori di un possibile risveglio fisico ed erano solo, invece, le contrazioni prodotte dalle scosse elettriche sui muscoli di corpi inanimati. Certamente Mary Shelley non ebbe modo di assistere a tali macabri spettacoli, essendo ancora una bambina, ma fu influenzata dall’eco degli esperimenti di Aldini che permase a lungo nella Londra del suo tempo. Quanto al suo soggiorno bolognese, in una lettera il marito scrive che hanno visto monumenti e opere d‘arte ma che Mary non fu particolarmente soddisfatta dell’aspetto medievale di Bologna, piena di torri pendenti ciascuna da una parte diversa, come se la città fosse stata terremota. Che dire? Profetica.
IL REGISTA
È il 1960. L’icona della storia del cinema Alfred Hitchcock arriva a Bologna nell’anno della Dolce Vita, durante un viaggio in Italia volto principalmente alla promozione di un film destinato a cambiare la storia della settima arte, nonché le accortezze prima di infilarsi dietro la tenda di una doccia. Mister Hitchcock venne fotografato in vari luoghi del centro storico, in particolare sotto i portici di piazza della Mercanzia, accanto all’ingresso del ristorante Pappagallo, dove avrà sicuramente gradito le tagliatelle della tradizione petroniana. Le splendide foto in bianco e nero che lo ritraggono con la sua consueta aria ineffabile sono dello straordinario Walter Breveglieri, un fotografo bolognese che non avrebbe certamente sfigurato anche nei film del grande Hitch. Dal canto suo, il regista apprezzò le bellezze della città e, con atteggiamento da vero turista, si infilò al Museo Archeologico sotto il Pavaglione per ammirare l’esposizione in corso quell’anno, dedicata all’Etruria Padana e alla città di Spina. Anche tra i reperti dell’antica Felsina si fece ritrarre come se fosse la comparsa di un proprio film, nei panni di se stesso. Misterioso.
LO PSICANALISTA
Il viaggio del dottor Freud a Bologna avviene in un anno che resterà nella storia, il 1896, lo stesso in cui lo psichiatra viennese formalizza la teoria psicanalitica. Durante la sua permanenza in città l’1 e il 2 settembre, alloggiato all’Hotel Brun di via Ugo Bassi, Sigmund con il fratello Alexander visita tutto ciò che è possibile vedere a Bologna, spinto da quella ricerca di scavo nel profondo che non è solo dottrina dell’animo ma anche applicazione concreta. Interessatissimo all’arte, che ama analizzare anche sotto il profilo psicanalitico, fa visita all’Archeologico e alla Pinacoteca e si incanta davanti alla Santa Cecilia dipinta da Raffaello. Poi con il tram (a vapore) arriva fino alla Certosa, dove resta ammirato dalla bellezza interna della chiesa di San Girolamo e da alcune sculture presenti nella parte monumentale del cimitero, per l’intensità di sentimenti che paiono erompere dalla pietra. Resta talmente colpito che si porterà a casa alcune stampe da collocare nel suo studio insieme a un’immagine delle Due Torri. In quei monumenti raffiguranti teneri bambini e madri affrante Freud cercava forse di analizzare (“la psicanalisi è l’archeologia dell’anima”, sosteneva) il valore della memoria, dell’elaborazione del lutto, dei legami familiari. Profondo.
IL GENIO
Il 22, il 24 e il 26 ottobre del 1921 studenti e professori soprattutto, ma anche diversi curiosi, affollano la sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio per assistere a una serie di conferenze sulla relatività e sulla cosmologia tenute da un docente già accompagnato dalla fama di genio. Il Corriere della Sera scrive che l’accoglienza riservata allo scienziato è pari a quella di un divo del bel canto. Albert Einstein, amico del matematico Federigo Enriquez che l’ha invitato a tenere le lezioni all’Alma Mater, viene ammirato per la gentilezza e il sorriso con cui espone le sue tesi, per lo più in italiano visto che da adolescente ha vissuto e studiato a Pavia. I giornali ne scrivono, ma non sappiamo quali fossero le sue impressioni sulla città che gli faceva che conoscere il professor Enriquez, accompagnato con solerzia dalla figlia ancora studentessa Adriana. L’attenzione è tutta su di lui, Einstein, al quale nello stesso anno viene riconosciuto il premio Nobel per la Fisica. Lo scienziato continuerà in seguito a intrattenere una corrispondenza con il collega Enriques, ma non tornerà più a Bologna perché dopo la promulgazione delle leggi razziali lascerà l’Europa per sempre e si trasferirà a Princeton, negli Stati Uniti. Il senso della vita e l’approccio con cui avvicinarsi alla ricerca lo lascerà scritto come dedica nel diario della giovane seguace bolognese Adriana Enriques: “Lo studio e in generale l’amore per la bellezza e la verità sono cose dinanzi alle quali si vorrebbe sempre rimanere bambini”. Geniale.
L’ASTRONAUTA
Nel settembre 1967 arrivò a Bologna per una visita di piacere, ma anche per una serie di incontri istituzionali, un’astronauta. Scritta proprio così, con l’apostrofo. La russa Valentina Tereskova era infatti la prima donna ad essere andata nello spazio, nel 1963. Quattro anni dopo aveva già archiviato la carriera di scienziata per intraprendere quella di politica e ambasciatrice del suo paese. Intelligente, colta, emancipata e bella, l’astronauta incantò i bolognesi nei palazzi del potere e in piazza Maggiore, dove si concesse a un bagno di folla durante la serata organizzata per lei. Tereskova visitò la città e lasciò il segno proponendo un modello di donna a cui le bolognesi già ambivano. Lungimirante il sindaco Fanti che sottolineò come si fosse voluto dedicare l’incontro con questa ospite “in modo particolare alle donne di Bologna…perché con la libertà del paese venisse affermato il diritto della donna alla sua emancipazione” di cui Valentina era un modello. Non sappiamo come appaia Bologna dallo spazio; dal canto suo, l’astronauta concluse il suo discorso auspicando “che ci sia sempre sopra Bologna un cielo chiaro, un sole chiaro”. Beneaugurante.