Turciadûra

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Il racconto di Fausto Carpani per Nelle Valli Bolognesi

Disegni di Matitaccia 

In realtà si chiamava Armando, ma per tutti era Turciadûra, (torchiatura, spremitura dei graspi d’uva). Questo dà l’idea dell’affezione particolare che il nostro ebbe sempre per il divino nettare, bianco o rosso, dolce o secco che fosse. Se dovessi dire che era un etilista – come si definisce oggi chi un tempo qui a Bologna veniva detto inbariagòt o, meglio ancora, casarôl – non gli renderei giustizia: beveva, sì, ma non l’ho mai visto in preda ai fumi dell’alcol, mai che avesse dato fastidio a nessuno. Se c’era da stare in compagnia, magari davanti a un pistån di quello buono, non si tirava certo indietro.

Era anche un uomo da favori. Quando c’era da spostare le damigiane in tempo di travaso, si poteva star tranquilli che il buon Turciadûra era di corvèe in qualche cantina.

Capitò una volta che, dopo aver spillato il vino dal tino e riempite le damigiane di un amico, nel bigoncio vi era rimasto del fondo piuttosto torbidiccio, una brodaglia imbevibile ma non per lui. Siccome si era già fatta mezzanotte, decisero di riprendere il lavoro il giorno dopo. La sera seguente, appena aperto l’uscio di cantina, l’amico fece un salto indietro:

Ai è una pånndga! 1

– Mo in dóvv? 2gli fece eco Turciadûra, sorpreso ma per nulla spaventato.

Lé, lé… int al bigånz! 3 – disse l’amico facendo l’atto di fuggire.

Turciadûra si avvicinò al recipiente, allungò una mano sollevando per la coda una pundgâza morta che galleggiava nel vino.

Và là che lî qué l’à fât una bèla môrt! Anca mé a vrêv murîr andghè int al vén! 4

Gettò la topaccia nel bidone del rusco e poi, senza fare una piega, prese un bicchiere e lo affondò nel bigoncio. Quando lo sollevò, controllò il colore e la trasparenza del vino davanti alla lampadina e poi prese a sorseggiarlo lentamente.

Vàddet – disse facendo schioccare la lingua – la smôrcia la s è bèle depositè e al vén al s è s-ciaré! 5

E l’amico, come in trance:

Mo… al bàvvet? E la pånndga? 6

– La pånndga l’è stè tròp ingåurda! – sentenziò Turciadûra – L’à vló bàvver tótt int una vôlta e acsé la i é vanzè! Mé invêzi a m al båvv pianén pianén. In tótt i quî ai vôl sänper moderaziån! 7

Traduzione

1 – C’è un topo!

2 –  Ma dove?

3 –  Lì, lì nel bigoncio!

4 – Va là che questa qui ha fatto una bella morte! Anch’io vorrei morire annegato nel vino!

5 – Vedi, la feccia si è già depositata e il vino si è schiarito!

6 – Ma… lo bevi? E la topa?

7 – La topa è stata troppo ingorda! Ha voluto bere tutto d’un fiato e così c’è rimasta! Io invece me lo bevo piano piano. In tutte le cose ci vuole sempre moderazione!

 

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