Tracce della Bologna medievale lungo il percorso dell’Aposa

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Sotto i Giardini Margherita, vicino alla cascata creata dall’immissione del Canale Savena, anche una statua steampunk realizzata con materiali di recupero e attribuita alla Mutoid Waste Company

di Francesco Nigro

(pubblicato nel numero uscito nell’autunno del 2017)

Diversi i dettagli in arenaria, ecco un esempio dei supporti pregevolmente scolpiti.

Un ponte romano in pieno centro, la città divisa da un torrente, le fondamenta bagnate dalle acque. Siamo a Bologna e tutto questo non si vede o, quantomeno, non si vede dalla strada. Oggi Aposa scorre nascosto, nel buio più assoluto, fra le radici di una città vecchia di secoli nata sulle sue rive, portando con sé la leggenda di Avèsa, una principessa celtica travolta dai suoi flutti, di principi etruschi, piene formidabili, fughe rocambolesche ed assedi. Ebbene si, anche fughe ed assedi, il principale torrente di Bologna, nato dai colli della zona di Paderno, nel suo fare ingresso in città, penetra la terza cinta muraria, scorrendo in un apposito valico fortificato, l’omonimo serraglio, ad una decina di metri di profondità rispetto all’attuale piano stradale. All’angolo fra viale Panzacchi e via Respighi è ancora presente la torretta del serraglio. Quest’ultimo e quello della Grada sono gli unici due serragli attualmente visibili lungo le mura. Qui era presente una grossa grata calata sul torrente, che aveva la funzione sia di sbarramento al facile ingresso della città, sia di primitivo sgrigliatore. Nei secoli passati, tale passaggio fu abbondantemente preso di mira, resta nella memoria il tentativo mal riuscito di Annibale II Bentivoglio che, nel 1522, con al seguito la sua armata, cercherà inutilmente di divellere con grossi ramponi la grata di Aposa, per poi essere respinto dalla risposta armata dei bolognesi.

Dettaglio dell’Angelo

Allontanandosi dal serraglio, seguendo la corrente, si incontra un ampio vano dove il silenzio è rotto da uno scroscio continuo, un getto d’acqua proveniente dal Canale di Savena, deviato fuori dai Giardini Margherita, crea una “cascata” d’acqua, sorvegliata da una strana ed affascinante figura metallica dall’aspetto umanoide, il cosiddetto “Angelo dell’Aposa”,  un’improbabile statua dall’aspetto steampunk, realizzata con materiale metallico di recupero ed attribuita alla Mutoid Waste Company, un set undergroung improbabile per un’opera altrettanto improbabile.

Di seguito, il torrente si stringe e la volta viene rinforzata da una fila di pilastri in cemento armato; siamo sotto la chiesa del Cestello e stiamo entrando nella seconda cerchia muraria. Si continua fra le volte di mattoni, gli archi e le curve per attraversare piazza Minghetti, verso piazza San Martino, gli storici accessi per le visite guidate e gli spettacoli nella Bologna ipogea. Guardandosi alle spalle, si nota una suggestiva infilata di arcate di epoca diversa, dominate da un’elegante struttura gotica, che attira l’attenzione. Giunti in vista di questa tipica prospettiva, sopra la vostra testa, appoggiata su basamenti di arenaria, vi è la volta in gesso del ponte romano sulla via Emilia, in via Rizzoli. Nascosto dalle concrezioni il gesso, ritorna visibile in un condotto laterale poco più avanti, probabili resti della prima cinta muraria di Bologna. Caratteristico il portichetto sotterraneo, all’ingresso del civico numero 10 di via dell’Inferno, un accesso diretto all’acqua dal ghetto. Siamo nella prima zona in cui si cominciò a documentare la tombatura del torrente per ricavare spazio per la città in crescita. Il torrente si porta quindi parallelo al canale delle Moline, incamerando le acque del Fosso dei Pellacani, per poi immettervisi solo dopo aver girato attorno alla Montagnola, all’altezza dell’autostazione. Le acque di Aposa, ora Moline, rivedono la luce nel fossato presso la Rocca di Galliera e nelle immediate vicinanze di via Galliera, via dove si immetteva l’acqua anche di un altro ramo di Aposa, che attraversava la città, passando per la via principale, anticamente il cardo, per poi deviare in via Avesella, a monte della Porta, un tempo porto di una città costruita sulle acque e grazie alle acque.

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