Dopo mesi di lavori per la sa risistemazione idraulica è venuto alla luce un canale inedito prima celato da acqua e sedime
di Francesco Nigro – Vitruvio
Un intervento di risistemazione idraulica che supera il milione e mezzo di euro, presentato nell’ambito del Piano Nazionale contro il Dissesto Idrogeologico 2014-2020. Un’opera seguita dal Consorzio della Bonifica Renana che si è concretizzata in questi ultimi tempi, finalizzata al recupero della funzionalità idraulica del Canale Navile, per il tratto urbano, fino a Corticella. Mesi di cantiere che hanno messo in luce un canale inedito, celato da acqua e sedime.
Difficile immaginarlo per chi non si fosse affacciato sul corso secco, grattato dalle ruspe. Il letto fangoso del Navile messo a nudo, scandito da macerie levigate, ciottoli e sassi di arenaria (con qualche occasionale fossile pliocenico di bivalve, in foto), racconta l’essenza stessa di una città profondamente rossa, cresciuta assecondando la natura geologica del territorio.
In più punti, emerge un mosaico di frammenti di coccio, anfore sbeccate, piatti, scarti di cottura e una miriade di mattoni ridotti a ciottoli dal lavorio delle acque. Frammenti, letteralmente di qualsiasi epoca, si presentavano conficcati nella melma, fra i pali di quercia dei vecchi moli e la vegetazione divelta. Nelle foto, alcuni dei cocci recuperati e consegnati all’Associazione Salviamo il Navile (di cui Vitruvio è parte), per passare sotto l’esame degli archeologi che hanno prestato il loro impegno lungo il canale.
Una storia che affonda le sue radici nella terra, una storia fatta di argilla e fornaci, che emerge in un canale che fu scolo delle acque cittadine, forza idraulica e naviglio per Bologna.
Nascosti sotto gli ammassi di vitalba ed ora portati allo scoperto, spuntano i “portoni vinciani” sopravvissuti al Sostegno del Landi, ancora incernierati ai muri della conca, relativamente integri, se si considera per quanti anni sono rimasti nascosti. Un pezzo di storia della navigazione bolognese, memoria del secolo scorso, frutto dell’attività delle grandi ditte che segnarono la storia della metallurgia e dell’industria meccanica bolognese. In questo caso, si tratta della “Società Anonima Alessandro Calzoni Costruzioni Meccaniche e Fonderie” di Castel Maggiore, come appare in rilievo sugli organi di manovra delle paratoie, che permettevano di regolare i livelli della conca di uno degli undici sostegni volti a garantire la lenta navigazione del Navile fra il centro cittadino e la bassa, al confine fra Bologna e Ferrara.
Di fronte alle finestre murate della casa abbandonata del sostegnarolo e adesa alla conca esagonale cinquecentesca vi era la cartiera, sulla riva destra del canale Fossetta, questo è il nome del ramo navigabile in questo tratto dove il corso del Navile appare diviso in due dal vecchio camminamento centrale, la “restara”.
Una cartiera rimasta attiva fino agli anni Cinquanta del secolo scorso ma con origini settecentesche, in un’area recentemente riadibita a residenza per anziani, che ancora nasconde un piccolo intrico di cunicoli non accessibili, rimasto inglobato nella sponda del canale, memoria idraulica sepolta di quella “città d’acqua” che fu Bologna.