Dai luoghi in cui sorgeva il Palazzo Bentivoglio distrutto nel 1500, e che oggi ospitano il Comunale, fino alla residenze quattrocentesche del contado bolognese
di Carmen Santi
La mostra Giulio II e Raffaello: una nuova stagione del Rinascimento a Bologna rappresenta un’occasione per andare alla riscoperta della Bologna rinascimentale, che ha lasciato tracce non solo in città ma anche nel contado.
BOLOGNA
Se il palazzo dei Bentivoglio è stato distrutto dal popolo bolognese nel maggio 1507 e sul suo “guasto” sorge oggi il Teatro comunale, la cappella di famiglia nella chiesa di San Giacomo Maggiore in via Zamboni conserva ancora il dipinto voluto da Giovanni II Bentivoglio per celebrare la propria dinastia, ovvero la Madonna in trono e la famiglia Bentivoglio di Lorenzo Costa del 1488, una sorta di ex-voto di ringraziamento per essere scampati alla congiura dei Malvezzi. L’attiguo Oratorio di Santa Cecilia dipana sulle proprie pareti uno straordinario ciclo di affreschi realizzato tra il 1505 e il 1506, al crepuscolo della signoria bentivolesca: ne furono autori Francesco Francia, Lorenzo Costa, Amico Aspertini e altri pittori attivi in città tra la fine del ‘400 e i primi anni del ‘500. A breve distanza si trova la Palazzina della Viola, costruita alla fine del Quattrocento da Annibale Bentivoglio, figlio di Giovanni II, come luogo deputato al proprio svago: al piano terreno dell’edificio oggi di proprietà dell’Università di Bologna si trova un soffitto a cassettoni appartenente alla tarda produzione di Amico Aspertini.
L’impronta rinascimentale è riconoscibile anche in altre architetture cittadine: le forme attuali del Palazzo del Podestà risalgono al 1484-1494, quando il vecchio edificio di origine romanica fu sottoposto a lavori di rifacimento secondo un progetto di Aristotele Fioravanti, mentre il Palazzo dei Drappieri o degli Strazzaroli in piazza di Porta Ravegnana fu edificato dal 1486 al 1496 (e sembra che alcuni particolari dello stesso siano stati presi a modello per il palazzo Bentivoglio distrutto nel 1507). Tra i più eleganti edifici della città, Palazzo Sanuti Bevilacqua Degli Ariosti in via D’Azeglio possiede l’aspetto di un’architettura toscana del Rinascimento, con la facciata priva di portico e decorata a bugnato in macigno porrettano. Fu costruito a partire dal 1477 per volontà del conte di Porretta Nicolò Sanuti e terminato dalla sua vedova Nicolosa, che in seguito lo diede in permuta a Giovanni II Bentivoglio.
Tra le architetture religiose, particolarmente significative per il Rinascimento bolognese sono l’Oratorio dello Spirito Santo in Via Val d’Aposa e la Chiesa del Corpus Domini in Via Tagliapietre. Il primo, costruito dai monaci Celestini tra il 1481 e il 1497, presenta un elaborato rivestimento in cotto sulla facciata, con cinque medaglioni raffiguranti santi; la seconda, pur pesantemente danneggiata nel corso del secondo conflitto mondiale, conserva ancora il quattrocentesco portale in cotto e, al suo interno, custodisce il corpo incorrotto di Santa Caterina de’ Vigri (1413-1463), fondatrice del primo convento di suore Clarisse a Bologna.
L’argilla, utilizzata per creare gli apparati decorativi di molti edifici cittadini, è il materiale che gli artisti emiliani del Rinascimento plasmarono per creare i numerosi gruppi scultorei oggi visibili nelle chiese di Bologna: il più conosciuto è certamente il Compianto su Cristo morto di Niccolò dell’Arca in Santa Maria della Vita, ma ugualmente degni di nota sono il Transito della Vergine di Alfonso Lombardi nell’Oratorio dei Battuti annesso alla stessa chiesa, il Compianto di Vincenzo Onofri nella basilica di San Petronio e quello di Alfonso Lombardi nella cattedrale di San Pietro.
Oltre che nella Pinacoteca Nazionale di Bologna e nei musei civici (Museo civico medievale, Collezioni comunali d’arte, Museo Davia Bargellini), le opere dei principali pittori della corte dei Bentivoglio si possono ammirare in numerose chiese di Bologna. Di Francesco Francia: in San Giacomo Maggiore la cosiddetta Pala Bentivoglio, ossia la Madonna con Bambino in trono con due angeli e i santi Procolo, Agostino, Giovanni Evangelista, Sebastiano e due angeli suonatori; nella chiesa di San Martino la Madonna con Bambino in trono tra due angeli oranti e i santi Rocco, Bernardino, Antonio Abate e Sebastiano e relativa cimasa; le vetrate della stessa chiesa di San Martino e di Santa Maria della Misericordia. Lorenzo Costa è invece l’autore del Trionfo della Fama e del Trionfo della Morte che decorano la cappella Bentivoglio in San Giacomo Maggiore, così come dell’Incoronazione della Vergine e della Madonna con Bambino in trono tra sant’Agostino, san Giovanni Evangelista, san Possidonio e san Francesco d’Assisi nella chiesa di San Giovanni in Monte. Nello stesso luogo, all’interno della cappella dedicata a santa Cecilia, si può ancora ammirare la cornice originale dell’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello, oggi in Pinacoteca.
Lo stile bizzarro e anticlassico di Amico Aspertini si può ritrovare nella chiesa di San Martino, dove è esposta la Madonna con il Bambino e i santi Agostino, Nicola di Bari e Lucia, oppure nella basilica di San Petronio, con la Pietà e le fiancate dell’organo dipinte nel 1531 con i Fatti della vita di San Petronio. Amico Aspertini è l’autore anche delle decorazioni ad affresco di quattro stanze della Rocca Isolani di Minerbio, che si datano alla fine degli anni ‘30 del ‘500.
IL CONTADO DEI BENTIVOGLIO
Nel contado, numerose sono le residenze che affondano le proprie origini nel Quattrocento e alcune di queste furono di proprietà dei Bentivoglio. Il castello di Ponte Poledrano, nel comune che proprio dai Bentivoglio prende il nome, fu costruito tra il 1475 e il 1480 da Giovanni II, a partire da una preesistente rocca trecentesca. La domus iocunditatis era un luogo di svago e di caccia e dell’originaria decorazione conserva, oltre a motivi con figure di animali e di fiori, gli affreschi con le Storie del Pane, in cui un artista di ambito ferrarese ha narrato in dieci episodi il processo della panificazione. Per la cappella del castello, durante i restauri intrapresi da Alfonso Rubbiani alla fine dell’800, lo scultore Giuseppe Romagnoli realizzò due statue in terracotta policroma che raffigurano Giovanni II Bentivoglio e la moglie Ginevra Sforza: entrambe riprendono fedelmente i ritratti presenti nella Madonna in trono e la famiglia Bentivoglio di Lorenzo Costa, della chiesa di San Giacomo Maggiore.
Anche il castello “della Giovannina” a San Matteo della Decima fu costruito per volontà di Giovanni II, sui terreni che i Persicetani gli donarono in segno di riconoscenza per le opere di bonifica compiute nella pianura bolognese; al figlio Alessandro Bentivoglio si deve invece la costruzione di una residenza di caccia a Rigosa, alle origini dell’attuale Villa Bentivoglio Pepoli.
Sempre a Giovanni II si deve la trasformazione della rocca di Bazzano da fortezza medievale a delizia rinascimentale: in quanto rimane delle pitture parietali ricorrono gli emblemi dei Bentivoglio e degli Sforza, insieme alle iniziali Ms Zo (”Messer Zoane”) e Ma Za (“Madonna Zinevra”). La Sala dei Giganti, la principale della Rocca, presenta una partitura architettonica di colonne entro le quali sono inquadrati paesaggi e grandi figure di armati con gli stemmi dipinti sugli scudi; la Sala dei Ghepardi è decorata col motivo del ghepardo entro una cornice di melograno, col motto “per amore tuto ben volgo soferire”.
Non solo i Bentivoglio, ma anche importanti esponenti della loro fazione politica si fecero promotori dell’edificazione di residenze nel contado bolognese, è il caso ad esempio di Bartolomeo Rossi e Nicolò Sanuti e dei loro palazzi nel comune di Sasso Marconi. Il primo costruì Palazzo Rossi a Pontecchio, che ha l’aspetto di un castello merlato e turrito ed è affiancato dal borgo artigianale: quest’ultimo e la residenza signorile sono fra loro separati dal canale derivato dal fiume Reno, che forniva acqua a mulini e segherie.
Palazzo Sanuti detto La Fontana conservava, fino ad anni piuttosto recenti, tracce di un fregio affrescato con i ritratti del conte Nicolò e di sua moglie Nicolosa Castellani, oltre allo stemma della famiglia; fu costruito come luogo di sosta in occasione dei viaggi che Sanuti intraprendeva da Bologna a Porretta, sede del suo feudo, aprendovi anche un’osteria che funzionò fino alla metà dell’Ottocento.