Gli spettacolari finestroni lungo via dell’Archiginnasio e le altre meraviglie di Nicolò dell’Arca
Gian Luigi Zucchini
De minimis non curat praetor, dicevano i latini, per indicare come in genere le cose minime sono oggetto di scarse cure ed attenzioni da parte degli amministratori publici. Invece in questa rubrica ci si occupa proprio di cose che sono, diciamo così, abbastanza trascurabili, però interessanti per capire meglio la cultura, le abitudini, la storia della città. Del resto, ora che libri e opuscoli su Bologna dilagano dappertutto, e quasi tutto ormai si sa sulla città per via di gruppi e associazioni che conducono a visite guidate e ad intelligenti escursioni in città e fuori, ben poco resterebbe da dire. Tuttavia, esplorando scorci di vicoli, arcate di portici, o lapidi scrostate, qualcosa si va sempre scoprendo e imparando. Collegando poi questi piccoli frammenti, si ricostruiscono spesso pezzi di storia o di costume, in altre parole di cultura, intesa non tanto come erudizione ma come spinta al sapere e al desiderio di sempre ulteriori conoscenze.
Ad esempio, passeggiando per via dell’Archiginnasio, comunemente conosciuta come ‘il Pavaglione’, si potrebbe dare un’occhiata ai grandi finestroni della basilica di San Petronio; è dalla fine del Trecento che sono lì, e li conosciamo bene, si dirà. Ma ora sono stati ripuliti e ritoccati, e si presentano come nuovi, bellissimi nel loro tardo-gotico, detto anche gotico fiorito o cortese, per via del loro stile elaborato con elegante armonia. Spiccano bianchi e perfettamente allineati sul fondo scuro della pietra annerita dai secoli, così si possono meglio apprezzare i fregi, le decorazioni e in particolare una figura contenuta in una formella, nel finestrone che sta proprio di fronte a via de’ Foscherari, settimo dalla facciata. Si tratterebbe, secondo noti studiosi e storici dell’arte, di un’opera giovanile di Niccolò dell’Arca, che probabilmente rappresenta Santa Caterina da Siena. La figura è in atteggiamento di preghiera, con le mani giunte e il capo velato. In perfetto equilibrio formale, offre allo sguardo, proprio in ragione della sua simmetrica compostezza, un senso di intensa spiritualità. Da qui, da questa formella, si potrebbe approfondire la conoscenza di questo artista, peraltro notissimo, in alcuni suoi capolavori presenti in città. Sono tutti qui nei pressi: l’Arca di San Domenico, (da cui appunto Nicolò dell’Arca), del 1473, nella chiesa omonima e due busti del Santo, nel museo della stessa chiesa; poi la grande Madonna con Bambino (1478), sulla facciata di Palazzo d’Accursio, anch’essa da poco ripulita e visibile in bellissima luce; e, soprattutto, il famoso Compianto sul Cristo morto, in Santa Maria della Vita, oggetto da sempre di stupita ammirazione, opera composita e di grande impatto emotivo, con il gruppo delle tre Marie che nel XVII secolo Giulio Cesare Malvasia, commentando l’opera, definì “sterminatamente piangenti”.
Scorrendo sempre la fila dei finestroni, si noterà (nel secondo a partire dalla facciata) una grande scritta in facile latino, che segnala come, all’interno della chiesa, sia conservato il tesoro di Felsina. Il finestrone corrisponde alla quarta cappella interna alla chiesa, che si trova a sinistra dell’entrata, conosciuta come Cappella Bolognini.
Il tesoro di Felsina, segnalato dall’iscrizione esterna, è costituito dai resti del corpo di San Petronio: il capo, che era conservato con gli altri resti in Santo Stefano, fu traslato in San Petronio il 3 ottobre 1873; le ulteriori reliquie furono traslate con solenne processione aux flambeau nell’anno 2000, per volere del cardinale Giacomo Biffi, dalla Basilica del Santo Sepolcro (una delle ‘sette chiese’ di Santo Stefano) in San Petronio, dove, ricongiunte al teschio, si trovano tutt’ora.
Un particolare poco conosciuto è che all’arrivo dell’urna con i sacri resti, furono solennemente cantate le litanie ai Santi bolognesi, di cui pochi conoscono l’esistenza. In queste litanie figurano tutti i santi e i beati che vissero e operarono nella città di Felsina (come si canta nel solenne inno dedicato alla Madonna di San Luca), cominciando dai protomartiri Vitale e Agricola, fino ai recenti beati don Giovanni Fornasini, ucciso dai nazisti nel corso della carneficina conosciuta come “strage di Marzabotto”, e padre Olinto Marella, conosciuto come il padre degli ultimi, di cui ancora molti ricordano il ‘famoso’ cappello, che i bolognesi riempivano quotidianamente di offerte per i ragazzi del ‘prete dei poveri’, all’angolo tra via Caprarie e via Drapperie. Ed ora un’immagine in terracotta ne ricorda, proprio in quel luogo, la presenza, l’impegno, la fede.