Fin dall’antichità la medicina popolare ha sfruttato ogni singola parte del Sambucus Nigra. Attenzione a non confonderlo con il Sambucus Ebulus che non è commestibile
Di Claudia Filipello
(pubblicato sul numero dell’autunno 2019)
L’etimologia del nome Sambucus vive nel dubbio. Per alcuni filologi la parola latina deriva dal greco Sambyki, che significa “strumento musicale”, ottenuto probabilmente con il legno della pianta. Per altri Sambucus deriva dall’arabo Sambùq che designa un tipo di barca a vela, forse costruita con il contributo del legno della pianta, ampiamente usata per la navigazione costiera del Mar Rosso e le coste dell’Africa orientale. Il termine Nigra si riferisce, senza dubbi, al colore nero-violaceo delle sue bacche mature.
È una specie originaria dell’Europa centrale e meridionale, dell’Asia occidentale e dell’Africa settentrionale, naturalizzata anche in estremo Oriente e importata in America settentrionale e meridionale. In Italia è presente su tutto il territorio dal mare al piano montano, fino a 400 metri di altitudine. Il Sambuco dimora in luoghi umidi ed incolti, fra le siepi, nei boschi radi, ai margini di foreste, presso ruderi e lungo i corsi d’acqua. Ama i luoghi ombrosi, pur non rifiutando l’irradiazione solare.
Fin dall’antichità, la Medicina Popolare sfrutta ogni singola parte della pianta, che è da considerare un vero tesoro della Natura. I componenti che maggiormente sono usati a scopo terapeutico sono la corteccia dei rami di 1-2 anni e le infiorescenze, che si raccolgono da maggio a giugno, appena i fiori si aprono, recidendoli alla base. Non meno importanti sono i frutti, raccolti ben maturi e allo stato fresco.
Di questo prezioso arbusto dalle pregiate risorse, sono utilizzate anche le foglie e la parte esterna della radice, ma in misura minore.
Della pianta del Sambuco, spregiudicatamente esuberante e con tratti malinconici, gli antichi si dice che conoscessero tutti i segreti, le virtù e i sortilegi. Infatti i popoli arcaici, molto in relazione con i moti della Natura, erano in grado d’indagare le risonanze psichiche che Sambuco racconta, così da ricavarne ogni vantaggio terapeutico. A testimonianza di ciò, durante gli scavi archeologici fatti in alcune città lacustri dell’Italia settentrionale e della Svizzera risalenti all’età del rame, vennero trovati grandi quantitativi di semi di Sambuco. Si presume che fossero usati per la preparazione di corpose bevande fermentate, per tingere i tessuti e le pelli di animali; venivano usati anche durante cerimonie rituali al fine di rendere sacro il momento, per ricavare medicamenti e per tanti altri usi di cui al momento non ci è dato sapere.
Da un punto di vista alchemico, il Sambuco è unito al simbolismo di Venere, infatti esprime le qualità terapeutiche delle piante che sono poste sotto la protezione astrale della luminosa “Stella del Mattino”.
La tradizione fitoterapica ha dimostrato che ogni parte di questo gioiello della Natura gode di proprietà terapeutiche. I fiori essiccati hanno proprietà diaforetiche, cioè stimolano la sudorazione, hanno inoltre proprietà emollienti a livello respiratorio, diuretiche ed immunostimolanti. Sono quindi indicati quindi nei raffreddamenti stagionali, negli stati influenzali con febbre e coinvolgimento dell’apparato respiratorio, nelle malattie esantematiche, favorendo l’eruzione cutanea ed accelerando il processo di guarigione, in tutti i casi in cui vi è necessario decongestionare le mucose ed aumentare la sudorazione per facilitare l’eliminazione tossinica del sistema emo-linfatico. Con le infiorescenze essiccate è possibile preparare dei decotti emollienti, lenitive e decongestionanti per uso esterno in caso di faringite, nelle dermatiti umide, nelle scottature, nelle affezioni oculari compresa la congiuntivite eczematosa. Ma attenzione a non applicare esternamente né i fiori freschi né le foglie poiché possono causare irritazioni cutanee. La corteccia, se usata all’esterno può essere un valido aiuto per i dolori emorroidali, per liberare mammelle negli ingorghi lattei, nelle foruncolosi, nelle ustioni e nelle ulcerazioni cutanee. È importante tenere presente che ogni elemento estratto dal Sambuco contiene alcune sostanze a rischio, quali ad esempio un glucoside cianidrico, la sambunigrina, un alcaloide denominato sambucina ed un secondo alcaloide del tutto simile alla cicutina contenuta nella pianta della Cicuta Maggiore. Tali componenti risultano inoffensivi se vengono rispettati i dosaggi e le modalità di preparazione secondo i principi della fitoterapia.
Attenzione, inoltre, a non confondere il Sambucus Nigra, commestibile, con il Sambucus Ebulus, che invece è velenoso per l’uomo, molto simile ma alto circa 1,5 metri. Sconsigliata per cui la raccolta fai-da-te, soprattutto se non si è particolarmente esperti in botanica.
Dalle testimonianze antiche delle campagne dei nostri territori, si racconta che donne educate all’ascolto e all’interpretazione dei “segni terapeutici” delle piante, si dedicavano alla preparazione di una pomata anidra (senz’acqua) mettendo a cuocere la “pelle verde” del Sambuco appena raccolta con cera d’api ed olio extravergine d’oliva. Questa emulsione era terapeutica per le scottature e le ustioni e rientrava in quel campo applicativo delle cosiddette “segnature”, accompagnate da segrete preghiere, da invocazioni e da gesti particolari.
Il succo dei frutti freschi è utilizzato fin dall’antichità per tingere a caldo le pelli e i filati di lana, conferendo un bellissimo colore azzurro-glauco. Il decotto di foglie di Sambuco ha proprietà insettifuga ed insetticida: l’uso più efficace è nebulizzato per cocciniglia, afidi, larve di lepidotteri e altri insetti dannosi per gli alberi da frutto e le ortocolture. Lo stesso decotto può essere prezioso per lavare i mobili di legno e preservarli dai tarli.
Il legno di vecchie piante di Sambuco veniva ricercato dai falegnami e tornitori per ricavarne oggetti da camera o piccoli strumenti, fra cui gli stetoscopi. Nelle campagne emiliane infine, i giovani polloni della pianta, privati del midollo spugnoso, trovavano impiego nella realizzazione di rocchetti per la filatura e di pettini per la tessitura su telai manuali.
Vediamo ora qualche utilizzo in cucina di fiori e bacche di Sambuco.
I fiori sono impiegati per aromatizzare alcune bevande, mentre le bacche mature per preparare marmellate e gelatine. Noto è un liquore digestivo a base di un distillato di fiori di Sambuco e anice, la Sambuca. Lo sciroppo dolce è un tipico estratto fatto in casa, da utilizzare poi per realizzare una bevanda rinfrescante.
Nella mitologia celtica e nordica, il Sambuco è l’albero del tredicesimo mese nel calendario celtico, mese in cui avviene il Solstizio d’inverno, ovvero il periodo più buio dell’anno. Proprio per questo era associato al freddo e alla morte.