Palazzo Pallavicini: cuore culturale dell’Europa del Settecento

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Costruito nel XV secolo, prima di essere acquisito da Gian Luca Pallavicini, condottiero e ministro di Carlo V d’Asburgo, ha subito molte modifiche. Al suo interno tanti dipinti e affreschi di pregio tra i quali quelli di Giovanni Antonio Burrini che ha decorato il salone in cui si è esibito anche il giovane Mozart

di Gian Luigi Zucchini

(articolo pubblicato nel numero uscito nella primavera 2018)

Gran traffico di cavalli e carrozze il 26 marzo del 1770 per via San Felice a Bologna. Affluivano aristocratici e colti borghesi in palazzo Pallavicini al numero 24, dove si teneva un concerto del quattordicenne Wolfang Amadeus Mozart, in quel periodo a Bologna, per incontrare padre Martini e sottoporsi al difficile esame di scrittura e composizione musicale, al fine di essere ammesso all’Accademia Filarmonic. Negli incontri bolognesi, i Mozart, padre e figlio, ebbero modo di incontrare anche altri cultori e studiosi di musica importanti, tra cui il musicologo Charles Burney e il ben noto cantante Farinelli  (si veda il grande dipinto di Corrado Giaquinto, ora nel Museo della Musica di Bologna), al secolo Carlo Boschi, che invitò anche il giovanissimo musicista nella sua villa fuori Porta Lame (oggi distrutta), come si vede anche nel bel film “Voce regina” del regista Gérard Corbiau (1994).

Quasi sempre queste conoscenze si intrecciavano nei saloni del palazzo bolognese, o anche talvolta in una villa della famiglia Pallavicini, che sorgeva a Croce del Biacco, fuori porta San Vitale, allora immersa nella campagna. Qui fu ospite anche il giovanissimo Mozart durante il suo soggiorno bolognese; e su questo episodio fu realizzato il modesto film di Pupi Avati “Noi tre”, trasmesso poi  anche in televisione. Il palazzo venne costruito nel secolo XV e fu abitato da famiglie nobili bolognesi. Nel 1557 fu acquistato dalla famiglia Isolani, a cui subentrarono nel 1681 i fratelli Girolamo e Carl’Antonio Alamandini, che lasciarono poi in eredità alla sorella Veronica sia il palazzo che la grande villa a Croce del Biacco. Infine l’edificio, che nel corso del tempo aveva subito radicali rifacimenti, passò al genovese conte e maresciallo Gian Luca Pallavicini, condottiero e ministro di Carlo V d’Asburgo e di sua figlia, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, madre di Maria Antonietta, regina di Francia. E fu proprio nel periodo in cui la regina era rinchiusa nella prigione del Tempio a Parigi, in attesa di essere ghigliottinata –  come già il marito re Luigi XVI, la sorella del re e molti altri della famiglia – che il bolognese Pietro Fabbri dipinse, in una sala del palazzo, l’imperatrice Maria Teresa come “Cibele madre di tutti i popoli”.

In seguito il palazzo, a lungo trascurato, era negli ultimi tempi quasi in abbandono. Di recente, la nuova proprietà ha fatto restaurare profondamente tutto l’edificio, a cui si entra da un portone dimesso che dà sotto il portico della via San Felice, ma che subito si apre ad un meraviglioso e maestoso scalone a due rampe, con statue ai lati e sul fondo, in modo da creare uno scenario teatralmente monumentale. Ampiamente affrescato nelle sale e nei saloni interni, il palazzo divenne nel Settecento sede di una corte europea quando fu scelto come abitazione dal Pallavicini. Furono chiamati ad eseguire opere pittoriche, decorazioni e affreschi importanti pittori dell’epoca, mentre già l’allora celebre Giovanni Antonio Burrini, aveva decorato splendidamente nel 1690 il salone dell’edificio. E fu proprio in questo salone che si esibì il giovane Mozart, di cui il conte Pallavicini scrisse poi, due giorni dopo, in una lettera: “Si tenne lunedì sera in mia casa una conversazione di 70 dame, alla quale intervenne il Sig.e Cardinale Legato, i Sig.ri principi di Holstein, e quasi tutta la nobiltà, e il giovane professore vi diede prove così ammirabili del suo sapere, che nella tenera sua età sembrerebbero incredibili a chi non le vede…”.

Ma nel palazzo e nella città si svolsero poi altri eventi e feste che restarono famose, come quella per celebrare l’elezione a Gonfaloniere del conte senatore Davia, Pari di Scozia e Gentiluomo di Camera del Duca di Modena, quando notabili e aristocrazia cittadina salirono con fiaccole accese lo scalone del Palazzo, tra canti e musiche trionfali. O infine, quella per festeggiare l’arrivo in città dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo consistente nella cosiddetta ‘corsa dei cavalli barbari’ lungo tutta la via San Felice, dalla porta della città fino alle due torri. Ora il palazzo è quotidianamente visitabile, ed è divenuto sede di interessanti mostre d’arte visiva, (dipinti, fumetti, grafica, fotografia, ecc.). Proprio attualmente è in corso, fino al 27 maggio, una mostra di Vivian Maier, che presenta, in 120 magnifiche foto d’arte, i temi più cari all’artista: infanzia, autoritratti, ritratti, vita di strada, forme e colore.

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