Nove secoli di Garisenda

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La storia della Torre, “parente povera” della più alta Asinelli, da Dante a  Raimondo Franchetti che nel 1904 la regalò al Comune

Di Marco Poli

La Garisenda è  stata considerata la parente povera della torre Asinelli fin dal primo giorno dopo la sua costruzione. Però quella inclinazione sopraggiunta poco dopo la collocazione dell’ultimo mattone ha rappresentato la caratteristica che l’ha resa nota dovunque: l’unica concorrenza un po’ sleale, fu rappresentata dalla torre di Pisa (che era campanile) caratterizzata da una architettura sofisticata ma costruita almeno mezzo secolo dopo la Garisenda. In più la torre di Pisa fu celebrata in una canzone del 1939 cantata da Mario Latilla (“Evviva la torre di Pisa”) padre del più famoso Gino Latilla. Inoltre, in origine la Garisenda era più alta della torre di Pisa seppur di pochi centimetri, poi, a metà del Trecento, fu abbassata portandola ai 47,50 metri attuali.

La torre Garisenda ebbe l’onore di essere citata da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia nei versi che si possono leggere in una lapide affissa sul paramento murario della torre. Va precisato, tuttavia, che Dante non vide la Garisenda odierna, bensì quella originale più alta di circa 15 metri. Alla fine del Duecento il Comune invitò i Garisendi ad abbattere la loro torre per il timore di un crollo, ma essi chiesero la somma di lire 3.000 per cederla al Comune che, vista la richiesta, abbandonò l’idea dell’acquisto.

Nel 1352 fu costruita una passerella in legno (“corridore”) che univa le due torri come dimostrano i grandi fori ancor oggi visibili sul fianco della Garisenda: aveva lo scopo di consentire alle guardie una miglior vigilanza dall’alto. Il “corridore” fu distrutto da un incendio nel 1399.

Dopo essere state vendute alcune porzioni di torre agli Zambeccari nel 1418 e nel 1428 all’Arte dei Drappieri (o Strazzaroli), questi ultimi la acquisirono completamente nel 1534. Subito dopo l’acquisto, i Drappieri fecero costruire prima una cappella in legno, poi, nel 1707, una vera e propria chiesetta per ricoverare il dipinto quattrocentesco raffigurante la Madonna coi Santi Antonio e Giacomo. La piccola costruzione addossata alla torre fu chiamata Madonna delle Grazie. Ma non fu l’unica costruzione “appoggiata” al muro della Garisenda.

L’atto di vendita della Torre Garisenda

Nel 1804 le soppressioni napoleoniche colpirono anche l’Arte dei Drappieri e la torre passò a varie proprietà: anzitutto al marchese Piriteo Malvezzi, poi al conte Francesco Ranuzzi che aveva sposato la figlia del Malvezzi, poi ai Malvezzi Campeggi e infine, nel 1904, al barone Raimondo Franchetti (foto) che altro non fece se non donarla al Comune di Bologna che per la prima volta dopo circa otto secoli ne diventa proprietario.

Una torre che ama il pericolo

Come la sua nobile” vicina, la Garisenda è stata vittima di pericolosi eventi naturali come terremoti, fulmini, tempeste. Tuttavia, per oltre nove secoli ha resistito, anche se il suo apparato murario ne ha risentito non poco; ma, mentre per la torre Asinelli sono stati eseguiti alcuni interventi di risanamento tramite avventurose impalcature, per la Garisenda non abbiamo analoghe notizie.

Per quanto riguarda il maggior “nemico” degli edifici in genere, cioè il terremoto, sappiamo che la città di Bologna è stata interessata da tre periodi sismici: 1504-5, 1779-80 e 1929. Oltre a questi tre eventi sismici di rilevante impatto, le scosse di terremoto con epicentro non solo nei pressi di Bologna, ma anche in aree più distanti, furono oltre trenta, ma solo alcune recarono danni alla città.

Altre minacce provenienti dalla natura furono rappresentate dalle migliaia di fulmini che colpirono soprattutto la torre Asinelli il cui paramento murario più di una volta nei secoli XVII e XVIII fu risanato dai tecnici del Comune. A tutto ciò si aggiungano le tempeste con violente piogge e con forte vento.

I rischi patiti dalle due torri furono seri e numerosi ma le due costruzioni diedero prova di resistere. Un nemico più subdolo perché invisibile è la subsidenza che da alcuni decenni è oggetto di studi e di puntuali rilevazioni. Lunga vita alla Garisenda!

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