Gli archibugiari bolognesi

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Lo stile inconfondibile dei Negroni di Brento: i loro fucili sono nei musei di tutto il mondo

Carmen Santi

Sebbene meno noti degli Acquafresca di Bargi, i Negroni, con la loro duratura presenza a Brento, fecero sì che questa località rappresentasse, tra la prima metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, un importante centro per la produzione di piastre ed altri componenti per archibugi, come testimoniato da Serafino Calindri intorno al 1781: “A poca distanza dal borgo di Brento abitato da 19 famiglie evvi una villetta di due fuochi chiamata Cà de’ Mazza molto rinomata, atteso lo abitarvi alcuni archibugieri, che fanno lavori a bolino, ed a cisèllo in ferro ed in acciaio molto fini e di buon gusto, ond’è, che le loro cartelle, o fucili, ed i lavori di acciaio cò quali forniscono le casse da schioppo sono accreditatissimi, e ricercati in assai lontane parti”.

L’officina dei Negroni era appunto a Cà di Mazza, località posta a circa un chilometro dalla borgata di Brento, lungo la strada Brento-Monterumici nell’attuale comune di Monzuno.

In maniera unanime, tutti gli studiosi che si sono occupati dei Negroni hanno indicato in Francesco Maria (circa 1702-1774) il capostipite della famiglia: il primo Negroni che vi si insedia, proveniente da Livergnano, è però il padre Domenico Maria (1678 – ante 1757), che risulta esercitare la professione di archibugiaro già nel 1717.

La permanenza a Livergnano dei Negroni appare testimoniata con certezza dal 1669 al 1725,  prima con Domenico Negroni (documentato 1669-1673), poi con il figlio Antonio Maria (documentato 1681-1710), infine con il nipote Domenico Maria. Le origini della famiglia devono però essere individuate in altre località dell’Appennino bolognese, nello specifico tra Scascoli e Anconella dove i Negroni sono presenti almeno per tutta la prima metà del Seicento.

Livergnano è proprio il luogo in cui viene elaborato lo “stile Negroni” e da cui si irradierà nelle altre località in cui i componenti della famiglia si insediarono successivamente: oltre a Brento, le principali sono Casalecchio di Reno e Anghiari, in provincia di Arezzo. Fra l’altro, lo stile che Giovanni Battista Negroni (1696 – post 1749) porterà ad Anghiari all’inizio del XVIII secolo, a sua volta si diffonderà in altri centri della Toscana e delle Marche. L’importanza dei Negroni consiste dunque non solo nell’aver prodotto alcune delle più belle armi da fuoco italiane del Settecento, oggi conservate nei musei di tutto il mondo, ma anche nell’aver diffuso una matrice stilistica che ha influenzato, oltre agli archibugiari dell’Appennino bolognese, anche quelli anghiaresi per circa un secolo.

Lo “stile Negroni” si caratterizzava per la presenza di testine di cherubini, busti femminili terminanti in volute, medaglioni con busti-ritratto, sfingi e mascheroni mostruosi, di ispirazione rinascimentale o che richiamavano la scultura popolare in pietra dell’area appenninica, oppure ancone intagliate, paliotti in scagliola e battenti di porte dell’area emiliana. Questa modalità decorativa è stata adottata, con pochissime varianti, dagli anni ’30 del ‘700 fino alla fine del secolo: ciò determina evidenti problemi di attribuzione e datazione delle opere, realizzate in modo pressoché identico per oltre 50 anni da vari esponenti della famiglia, in particolare da Francesco Maria e dai Negroni che si trasferirono a Casalecchio di Reno. A partire dal 1775-1780 circa, si manifesta una seconda corrente stilistica, più vicina alle armi prodotte dagli Acquafresca di Bargi, che dimostra come anche i Negroni avessero iniziato a guardare ai modelli disegnati e incisi dagli artisti francesi del secolo precedente.

A Casalecchio di Reno lo “stile Negroni” fu portato da Angelo, nato a Livergnano nel 1717 e fratello di Francesco Maria. Il “famoso archibugiere allievo di què di Cà dè Mazza” citato da Calindri risiedette in questa località fino alla morte, avvenuta alla veneranda età di 88 anni nel 1805. Il figlio maggiore Pietro Paolo (circa 1752 – 1828) fu il solo a proseguire la professione del padre, ereditando da lui “tutti gli strumenti grandi, e piccoli, che sono e che appartengono alla sua bottega per esercitare la professione di archibugiere”, come recita il testamento di Angelo, dettato l’11 marzo 1805 al parroco di Casalecchio di Reno “per mancanza di notaio”, mentre era “giacente in letto” nella sua abitazione, “nella stanziola a pian terreno che ha la finestra che guarda nel fiume Reno”. Prima di insediarsi stabilmente a Casalecchio di Reno, Angelo aveva abitato in altre località della media valle del Reno che oggi fanno parte del Comune di Sasso Marconi: San Pietro di Castel del Vescovo, Praduro e Sasso e Pontecchio.

A Brento continuarono ad esercitare la professione di archibugiari i tre figli di Francesco Maria Negroni, ovvero Giuseppe Antonio (circa 1746 – 1806), Giovanni Antonio (circa 1746 – 1810) e Carlo Maria (circa 1750 – 1817) e i due nipoti Francesco Maria (circa 1772 – 1815) e Pietro Francesco (1783 – 1840), l’ultimo degli archibugiari di Brento.

LE FONTI
Le informazioni sono tratte dal volume Celebris ballistarum ignearum faber. I Negroni, dinastia di archibugiari bolognesi, pubblicato dal Gruppo di Studi Progetto 10 Righe di Sasso Marconi. In vendita presso l’ufficio turistico Infosasso di Sasso Marconi e, online, sul sito web di Appennino Slow.
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