Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore: “Restaurare una torre medievale di quasi mille anni è una sfida unica e straordinaria che siamo chiamati ad affrontare per restituire alla città, per gli anni a venire, uno dei suoi simboli più cari e rappresentativi”
di Filippo Benni
Prima una muraglia di container alta 5 metri per mettere in sicurezza l’area attorno a piazza di Porta Ravegnana, poi un’altra struttura, attualmente allo studio, per la messa in sicurezza della torre e per permetterne il restauro. E addirittura un gemello digitale che, sfruttando la tecnologia del Cinema, potrà aiutare a trovare la soluzione che permetterà alla Garisenda di caratterizzare lo skyline di Bologna, si spera, per almeno altri mille anni. I tempi, i costi e le modalità di intervento sono tutte ancora da definire, l’unica certezza è che la torre è malata e ha bisogno di cure. Per fare un po’ chiarezza, abbiamo sentito il sindaco di Bologna, Matteo Lepore.
Sindaco, prima di tutto: come sta la torre? Il rischio crollo è reale?
La Garisenda oggi è in una situazione che potremmo definire di “sorvegliata speciale”, è una torre medievale di quasi mille anni che è inclinata da secoli, al punto da essere immortalata nei versi di Dante nella Divina Commedia, che ne rimase colpito durante il suo soggiorno a Bologna. La torre è sotto osservazione da anni con sensori e comitati di esperti che ne monitorano lo stato. Negli ultimi tempi i sensori hanno registrato evoluzioni che alcuni di questi esperti hanno valutato come preoccupante e che ci hanno spinto in via precauzionale ad agire per la messa in sicurezza della torre in tre diverse fasi: la prima – in via di realizzazione – con delle strutture di contenimento, per salvaguardare l’incolumità delle persone e degli edifici circostanti; quelle successive per la messa in sicurezza ed il restauro della Garisenda. Quello del crollo è uno scenario possibile, anche se non ci sono al momento segnali di una sua probabilità imminente. Questo ci da il tempo di prepararci, e così stiamo facendo. A partire dalla predisposizione di un piano di protezione civile specifico, per essere pronti ad ogni evenienza, al coinvolgimento dei cittadini che risiedono o lavorano nella zona, e delle attività commerciali.
Che cosa ha portato a questa situazione? Quali sono i punti deboli della Garisenda?
La torre presenta delle criticità sin dalla sua costruzione, avvenuta nel 1110. In origine misurava 60 metri, ma già nel Trecento venne abbassata per timore di un crollo, arrivando oggi a misurare circa 48 metri. Dalla fine degli anni ’90 è costantemente controllata grazie all’installazione di diversi strumenti di rilevazione via via perfezionati e aggiornati nel tempo, di pari passo con le evoluzioni tecnologiche. Nel 2018 il Comune di Bologna ha attivato una serie di indagini ulteriori per verificare lo stato del basamento e delle fondazioni, attraverso l’uso anche di georadar. Da queste indagini è emersa la presenza di infiltrazioni che hanno creato delle zone di forte umidità in alcuni punti della muratura. I rilevamenti degli ultimi mesi hanno segnalato una accelerazione dello stato di deterioramento della torre, il cui punto debole e di maggiore fragilità è rappresentato proprio dal suo basamento, costruito con la selenite, un materiale che nei secoli si è ammalorato anche per l’intervento dell’uomo. Lì nel passato, per esempio, veniva fuso il ferro a temperature oltre i mille gradi, che via via hanno sgretolato la selenite stessa, trasformandola in gesso.
Ora l’obiettivo è mettere in sicurezza la zona, a breve sorgerà una barriera di container attorno a piazza Ravegnana. A che cosa servono?
La priorità ora è quella di mettere in sicurezza l’area per poi procedere con la fase di restauro vera e propria. I primi container sono arrivati tra il 7 e l’11 dicembre. Andranno a comporre una vera e propria cintura di protezione – alta diversi metri e composta da moduli metallici ancorati al terreno e collegati tra loro e da reti metalliche paramassi -, il cui scopo è quello di proteggere l’area intorno alle Due Torri. La sua funzione è quella, in caso di un eventuale cedimento della struttura, di contenere i detriti, mettendo in sicurezza le persone e gli edifici circostanti. La cintura servirà anche per delimitare l’area di cantiere, permettendo l’accesso ai soli lavoratori e mezzi autorizzati.
In futuro si parla anche di realizzare una ulteriore struttura attorno alla torre…di cosa si tratta e in che tempi dovrebbe venire realizzata?
Una volta conclusi i lavori per la cintura di protezione, che indicativamente dovrebbero terminare tra gennaio e febbraio, si passerà alla seconda fase di messa in sicurezza, che in parallelo stiamo cominciando a studiare. Sui dettagli del progetto, che presenteremo prossimamente, sono al lavoro diversi esperti coordinati dall’ingegner Raffaela Bruni, che è stata a lungo dirigente del Comune di Bologna e che si è occupata di diversi progetti di ristrutturazione e rigenerazione negli anni e conosce bene le Torri. Attualmente i tecnici hanno preso cognizione degli interventi precedentemente effettuati sulla torre nel corso degli anni, visionato i sistemi di monitoraggio attivi e valutato di integrare i sensori attuali al fine di raccogliere ulteriori dati utili. Inoltre, stanno predisponendo direttamente un rilievo delle eventuali lesioni presenti, comprese quelle storiche, così da poter definire gli scenari e i successivi interventi di messa in sicurezza.
Come si dovrà intervenire per il restauro? C’è chi propone addirittura di smontarla e rimontarla…è una possibilità reale?
In questi mesi c’è stato un grande dibattito, tante sono state le proposte che abbiamo letto e di cui è stato scritto. Tra queste anche quella di smontarla e rimontarla. È una delle possibilità allo studio, ma è ancora prematuro dire quale sarà la modalità di restauro, che dipenderà da diversi fattori. Restaurare una torre medievale di quasi mille anni è una sfida unica e straordinaria che siamo chiamati ad affrontare per restituire alla città, per gli anni a venire, uno dei suoi simboli più cari e rappresentativi. Non è un caso che ci sia stata una mobilitazione straordinaria della città anche per la raccolta fondi.
Una certezza è che i lavori dureranno parecchi anni, come cambierà il centro di Bologna?
Siamo di fronte ad un evento di portata storica per la nostra città, che incide fortemente sulla mobilità e sulla vita del centro storico, l’area sotto le Due Torri è una delle arterie principali, in particolare per la mobilità pubblica, con 100 mila persone che prendono o cambiano autobus in quel tratto del centro. Le Due Torri, insieme ai Portici, sono poi il simbolo di Bologna nel mondo. La notizia della Garisenda è stata ripresa da molte testate giornalistiche anche internazionali, come il New York Times, la CNN, il Financial Times e tante altre testate che con attenzione seguono le evoluzioni della vicenda. Rispetto al centro storico dovremo portare avanti una riflessione di ampio respiro: ogni scelta sulla mobilità o su eventuali pedonalizzazioni dovranno avere l’obiettivo di valorizzare e migliorare la qualità della vita per i cittadini e le cittadine, con nuove aree verdi, spazi dedicati alla cultura e alla socialità e per il commercio, oltre alla mobilità ovviamente. Viviamo quello che sta accadendo alla torre come una importante opportunità per ripensare la vocazione del centro storico.
- LA RACCOLTA FONDI
- Per salvare la torre si è mobilitata tutta la città: dagli artisti alle imprese fino ai singoli cittadini, tutti stanno aprendo il portafoglio per contribuire alla raccolta fondi per il restauro della Garisenda. Per contribuire, dallo scorso 20 dicembre è on line il sito sosteniamoleduetorri.it con tutte le informazioni necessarie. Nella foto, il presidente di Emil Banca, Gian Luca Galletti, assieme al sindaco di Bologna, Matteo Lepore: Emil Banca è stata tra le prime aziende a