La saggezza della cultura contadina nei proverbi di una volta
di Adriano Simoncini
“Quando il grano è nei campi è del Signore e dei Santi”, recitava un detto in lingua italiana esprimendo il sentire di chi campava lavorando la terra. Tant’è che in mezzo ai campi di grano si piantava a primavera una croce con un rametto d’ulivo, benedetto in chiesa la domenica degli ulivi. Ma in casa anche si aveva il lunario, un calendario – lo dice il nome – che evidenziava le fasi della luna, di troppa importanza per le colture e non solo. Del resto la rilevanza della luna è testimoniata anche dalla liturgia: la data della Pasqua cattolica, infatti, è annualmente fissata la domenica successiva al primo plenilunio di primavera.
E anche il destino degli umani è segnato dalla luna, almeno quello delle ragazze.
Lo afferma un detto impietoso:
per aver furtuna
bsògna nascer vac
e a bóna luna.
“Per avere fortuna bisogna nasce vacche, cioè facili all’amore, e a buona luna.” È comunque un fatto che le donne gravide partoriscono al rinnovare della luna o a luna piena. Me lo conferma un amico che lavorava alla maternità: in quei giorni l’ospedale si riempie di partorienti. Ma anche per le galline le cose stanno così.
Lo consiglia il proverbio:
s’et vó fer bona cova
pogn semper a luna nova.
“Se vuoi fare buona covata poni sempre (le uova) a luna nuova.” Pare infatti che le uova siano particolarmente soggette all’influenza della luna. E dunque le uova messe sotto calce da conservarsi per l’inverno vanno poste a luna vecchia, che non marciscano. A luna nuova invece le uova a cova sotto la chioccia, perché il pulcino deve nascere e crescere.
Lo confermano le poche donne di casa che ancora allevano galline in proprio.
Da tevla an t’liver mai
fin che la bocca l’an sa ed furmai.
“Da tavola non t’alzare mai fino a che la bocca non sa di formaggio”, raccomanda il detto. Il formaggio era infatti cibo quotidiano di sostanza, essendo la carne riservata ai giorni di festa. E dunque ai formaggi, fatti in casa dalle donne, si prestava particolare attenzione e, mi dicono, dipendeva dalla luna se i formaggi riuscivano al meglio o invece lievitavano, cioè rimanevano gonfi in superficie e porosi dentro.
E ancora: quando la vite perdeva la foglia si iniziava la potatura, badando che la luna fosse in calare. Anche il vino va imbottigliato a luna vecchia, che rimane più fermo, ma che non tiri il vento perché muove il fondo della damigiana.
Nell’orto, la verdura che doveva crescere sopra terra, come pomodori insalata fagioli, si piantava a luna nuova perché crescesse; quella sotto terra, come le patate e le carote, a luna vecchia.
Comunque: tótta l’erba ec guèrda in só l’à la sô bèla virtó / tutta l’erba che guarda in su ha la sua bella virtù. E verdura, di necessità, se ne mangiava tanta, virtù o non virtù…
E ancora: le vacche si accompagnavano al toro per la monta a luna in crescere, perché con la luna nuova andavano in calore; a caccia, a luna vecchia i cani sentono meglio i fiati, cioè l’odore della selvaggina, perché a luna in crescere il bosco si riempie di mille odori, di fiori, di frutti, d’ogni animale… Infatti sotto terra, a luna nuova, anche il tartufo cresce e quindi il cane ne sente meglio il profumo.
Il libro si può richiedere a Marina.Miglioli@emilbanca.it o direttamente all’autore del brano riportato. Info: tel. 051-777718 / e-mail: adrianosimoncini@gmail.com