NEI MARI DELLA VAL DI ZENA

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Dalle sabbie gialle al Mare Messianico che copriva la valle 6 milioni di anni fa, dalle grotte carsiche formatesi nel pliocenico alle balene e ai dugonghi che nuotavano su queste montagne in quello che Fantini chiamava il Mare Intrappenninico: il dottor Giuseppe Rivalta ci accompagna lungo quel grande museo geologico all’aperto che va da San Lazzaro al Monte delle Formiche

Di Giuseppe RivaltaParco Museale Val di Zena – GSB/USB
(pubblicato nel numero uscito nell’estate 2011)

Questa lirica scritta da Federico Ruckert (1788-1866) intitolata “Chieder o le età del mondo” sembra raccontare la storia della Val di Zena.
Per chi viene da San Lazzaro, la pianura lascia il passo alle colline. Siamo su “l’ultima spiaggia”, sulle sabbie gialle di un mare le cui onde s’infrangevano, qui, circa un milione di anni fa. Proprio dove lo Zena sbocca nell’Idice, Luigi Fantini raccolse centinaia di botroidi, cioè agglomerati arenacei dalle forme inconsuete createsi per fenomeni di aggregazione/cementazione delle particelle sabbiose. Al Farneto il mondo cambia: siamo entrati nel Parco dei Gessi Bolognesi. Queste luccicanti rocce fatte da milioni di cristalli portano ad immergerci in un ben più antico mare: quello Messiniano. Verso 6 milioni di anni fa, il Mediterraneo rimase isolato dall’Atlantico ed iniziò ad evaporare. Si crearono delle lagune ipersalate al cui interno cominciarono a depositarsi cristalli di Gesso che divennero col tempo potenti strati rocciosi. Nel Pliocene, con l’apertura di Gibilterra, il Mediterraneo si riempì di nuovo e i Gessi vennero ricoperti da strati di fanghi sottomarini. All’inizio del Quaternario (Pleistocene) l’Appennino subì vari scatti verso l’alto, e le precipitazioni prodotte dalle glaciazioni asportarono le argille che coprivano le formazioni gessose. Da quel momento in poi iniziò a crearsi il fenomeno carsico di cui la Grotta del Farneto ne è una testimonianza evidente.
Poco oltre, la valle è incisa da grigi calanchi. Si tratta dei resti di fondi marini di provenienza extra regionale: le Coltri Liguridi. Infatti, a partire da 45 milioni di anni fa (Periodo Eocene), quello che era il fondale compreso tra Sardegna e Toscana iniziò a scivolare verso Nord-Est, seguendo un accidentato percorso sottomarino. Nelle depressioni che andava a riempire, si sarebbero, poi, depositate varie formazioni tra cui il Gesso e le Arenarie. Una volta emerse, l’erosione meteorica le ha scolpite a calanco.
Più innanzi la valle si entra in un nuovo “mare”: siamo in quello che Fantini chiamava “Mare Intrappenninico pliocenico”. 3,5 milioni di anni fa, in pieno Pliocene Medio (Piacenziano), un braccio del Golfo Padano penetrava lungo le valli dall’Idice al Reno. In quest’ambiente sottomarino vivevano e si riproducevano Balene e Dugonghi. Famosa è la scoperta, ad opera del signor Bruno Monti, di uno scheletro completo di una balenottera a Gorgognano (oggi riprodotta sullo stesso luogo del ritrovamento) e, nell’800, un teschio di sirenide a Riosto.Entrambi questi reperti fanno bella mostra al Museo Capellini di Bologna.
Si entra, ora, nel cuore del Mare Intrappeninico che ci porterà nelle zone di spiaggia, cioè sul Contrafforte Pliocenico (oggi Riserva Naturale). La Strada passa sotto pareti verticali d’ arenaria da cui spuntano strane forme rotondeggianti. Sono i “cogoli”, ovvero sabbie cementatesi attorno ad un nucleo di conchiglie i cui gusci, disciogliendosi, hanno, arricchito l’acqua di Carbonato di Calcio. Queste pareti sono ciò che resta delle barre di canale che in certi momenti colmarono la valle.

Un picco silicioso nella val di Zena risalente al Miocene Inferiore (23-20 milioni di anni fa)

Da Zena si sale sul Monte delle Formiche (che fa parte del Contrafforte). Da questa cima si può osservare tutta la catena che costituisce quella che fu la spiaggia più meridionale del Bacino, sollevata dall’orogenesi appenninica, che da Monterenzio arriva a Sasso Marconi. Dal Monte delle Formiche, lo sguardo incontra Monte Bibele (con il suo importante sito etrusco-celtico). E’ proprio da queste rocce arenacee, del Miocene, che nasce lo Zena. Subito dietro, a Quinzano, si entra nel “Cretaceo Superiore” con la estesa Formazione di Monghidoro, un fondo marino vecchio di circa 70 milioni di anni, cioè quando ancora Ittiosauri e Dinosauri dominavano la Terra.
Lo Zena merita senz’altro di essere valorizzato e protetto, ed è per questo che, come Parco Museale Val di Zena in collaborazione con il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione, che ha curato il censimento dei geositi e delle aree del patrimonio geologico sul territorio regionale, abbiamo in progetto di realizzare un percorso con indicazioni puntuali dei vari luoghi in cui le emergenze geologiche meritano di essere conosciute dal grande pubblico, un Museo all’aperto, un grande libro fatto di pagine di pietra che vogliamo continuare a  sfogliare.

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