Un anno dopo il ritrovamento dei resti di una aereo da caccia Alleato (ora in mostra al Museo di Etnografico di Brusoli) grazie ai ricercatori dell’associazione “La Gotica Toscana” la ricostruzione dell’attacco alle postazioni tedesche della Futa nel settembre del 1944
Di Emanuele Stefanini
Gruppo Archeologico di Bruscoli
(articolo pubblicato sul numero dell’autunno 2020)
Durante il passaggio della guerra il nostro territorio è stato sconvolto dalle battaglie e azioni militari contrapposte; dal nord dell’Appennino le posizioni difensive e arroccate tedesche, con la massima espressione delle difese costruite lungo la Linea Gotica, utilizzando mano d’opera locale, e che ancora oggi sono visibili, quali i bunker di Santa Lucia, con il fossato anticarro e quelli attorno al passo della Futa ecc. ecc. E dall’altra parte la grande pressione alleata anglo-americana che con una quantità enorme di mezzi cercava di forzare le difese germaniche per rompere la linea di divisione dell’Italia che andava da Massa Carrara a Rimini e che doveva rallentare l’avanzata alleata. Uno scontro che portò a enormi distruzioni e lutti, anche fra la popolazione civile, basti pensare alla devastazione della trecentesca cittadina di Firenzuola, bombardata dall’aviazione americana a scopo propagandistico.
Le perdite umane dell’attacco alla Linea Gotica sono stimate in oltre 200.000 morti, feriti e dispersi in entrambi gli schieramenti compresi militari italiani, partigiani e civili; nel cimitero militare germanico, al passo della Futa, riposano oltre 30.600 uomini morti nel centro e nord Italia, la maggior parte dei quali non superava i 25 anni di età, la miglior gioventù venuta a morire nelle nostre regioni, per le mire espansioniste di qualche pazzo statista.
A decenni dalla fine della guerra, numerosi sono le mostre e le raccolte di oggetti fatte nell’Appennino e nelle nostre zone per ricordare gli orrori di questa guerra, il primo museo dedicato alla storia locale e quindi anche alla Linea Gotica del nostro territorio è stato quello di Bruscoli, nel comune di Firenzuola, a pochi chilometri dal passo della Futa. Moltissimi sono gli appassionati ricercatori di oggetti utilizzati dagli eserciti impegnati negli scontri sulle nostre montagne, ed è proprio grazie ai ricercatori che con l’ausilio dei loro metal-detector ogni tanto riemergono parti di automezzi, blindati, armi e quant’altro utilizzato nel passaggio del fronte, oggetti che celano per sempre la loro storia e quella dei soldati a qui appartenevano.
Ed è proprio grazie a uno di questi ricercatori, facente parte del Gruppo Archeologico di Bruscoli, che circa un anno fa sono riemersi vicino al passo della Futa, adiacente alle fortificazioni tedesche i resti di un aereo di costruzione statunitense, abbattuto dai tedeschi: si tratta di un Curtis P.40, aereo monoposto da caccia utilizzato anche come bombardiere, costruito dalla Curtis Aeroplane and Motor Compani, prodotto a Baffalo e New York e in dotazione anche alle forze inglesi, sudafricane e australiane. Il P.40 montava un motore in linea di 12 cilindri e poteva portare 454 chilogrammi di bombe, raggiungeva una velocità di 552 kilometri orari. Gli oggetti recuperati di questo aereo sono in gran parte pezzi del motore, dalle marmitte ai bilancieri dalle valvole ai manicotti di raffreddamento, parti della strumentazione della cabina di pilotaggio e numerosi frammenti di lamiera in alluminio della carlinga e delle ali, il grosso delle strutture dell’aeroplano probabilmente sono state recuperate dai tedeschi o dai raccoglitori di metallo nell’immediato dopoguerra.
Le sigle di fabbricazione che ogni oggetto ancora reca marcato, permettano di riconoscere il modello di questo aereo, un’analisi visiva dei resti recuperati (centinaia di frammenti) dimostrano che il caccia è stato abbattuto, ciò si evidenzia dai segni dei proiettili sparati contro il vetro blindato della carlinga e recuperato intero, un proiettile da mitraglia ha forato il bossolo dei nastri delle mitragliatrici dell’aeroplano. Anche il pilota è deceduto all’interno del aereo, il recupero di parti della pistola lancia razzi e di alcune fibbiette da buffetteria, nonché il cinturino di un orologio da polso e anche gli agganci del paracadute lo confermano. Al suo interno conteneva della strumentazione all’infrarosso, è stata recuperata una lamiera con la scritta “INFRA RED”, ora questi resti sono visibili assieme a innumerevoli altri oggetti della seconda guerra mondiale, nelle vetrine della sezione della Linea Gotica del Museo di Bruscoli, all’ingresso della quale si trova l’iscrizione “questa sala non è stata realizzata per amore della guerra o per nostalgia di un’Italia ormai scomparsa, ma perché l’occhio ricordi ciò che la mente potrebbe dimenticare”.
Nelle scorse settimane siamo stati contattati da un bravissimo ricercatore dell’associazione “La Gotica Toscana” e poi anche da altri appassionati di aerei scomparsi, che ringraziamo; i quali ci hanno riferito importanti notizie inerenti l’abbattimento e la nazionalità di questo velivolo, cosa che noi non conoscevamo. In base alle ricerche da loro effettuate, si tratta di un aereo appartenuto al 5° squadrone Sudafricano SAAF, facente parte del Commonwealth. (Stati che erano entrati in guerra a fianco dell’esercito inglese), ricordiamo anche che i Sudafricani della la 6° divisione corazzata, risalirono da Prato la val di Bisenzio, liberandola, conquistarono il passo di Montepiano, proseguirono fino a Castiglion dei Pepoli e poi scesero verso Bologna. Ed è proprio a Castiglion dei Pepoli, che fu realizzato nel dopo guerra, il cimitero militare dei caduti Sudafricani, che raccoglie le spoglie di 502 soldati. L’aereo di cui stiamo trattando, era un P40 Kittihawk IV con il numero di serie FX 772, partito da un aeroporto nelle vicinanze di Iesi, in provincia di Ancona nelle Marche, carico di bombe. Faceva parte della prima formazione composta da sei velivoli, partiti alle 8.30 del mattino del 13 settembre del 1944, per bombardare le fortificazioni tedesche del passo della Futa; luogo particolarmente fortificato e strategico della Linea Gotica. Era guidato dal capo squadriglia: “Maggiore” Robert Lionel Morrison, gli altri componenti erano il tenente Barret, ten. Osler, ten. Linslei, ten. Pienaar e il ten. McLeod. La prima formazione è arrivata sul luogo delle operazioni (il passo della Futa) all’incirca alle 9.20, quando viene abbattuto il caccia del “Maggiore” Morrison. Riportiamo di seguito, il testo tradotto del rapporto del tenente Barret, che aveva preso il controllo delle operazioni e che fece al suo rientro nella base di Iesi, avvenuta alle ore 10.15.
Dopo una pattuglia di dieci minuti, R/j ha assegnato un obbiettivo-difeso il crinale montagnoso a L826029. L’obbiettivo è stato localizzato e il maggiore Morrison ha guidato il bombardamento da 10000 piedi. A 1000 piedi da terra due sbuffi di fumo nero si osservano dalla macchina di A/C. È stato visto cadere in picchiata fuori controllo schiantandosi contro il crinale tra gli alberi a L 826029. Il luogotenente Barret prese il comando del volo e bombardò bene a nord nel punto in cui A/C. fu visto l’ultima volta-(lungo l’asse est ovest). Bombardati da est a ovest tutte le bombe sono state sparpagliate lungo il crinale come da istruzioni. Nessun movimento rilevato in quest’area.
Intanto era partita una seconda squadriglia, sempre dallo stesso aeroporto alle ore 9.00, comandata dal tenente Hooper, mentre gli altri piloti erano il ten. Muir, ten. Ogram, ten. Mitchell, ten. Davidson e il ten. Du toit. Giunsero sul luogo delle operazioni all’incirca alle ore 9.50 ed effettuarono il bombardamento sul lato sud del crinale, il tenente Hooper cercò di localizzare l’aeroplano del maggiore Morrison, ma trattandosi di zona molto boscosa non riuscì a vedere i resti dell’aereo precipitato. Dopo lo sfondamento della linea gotica e la liberazione delle nostre montagne dai nazifascisti, fu recuperata la salma del maggiore Morrison o quanto di lui rimaneva, e fu tumulata nel cimitero di guerra del Commonwealth di Firenze, in via Aretina a (San Jacopo al Girone).
Così ha trovato risoluzione l’abbattimento di questo aereo, notizie che cercavamo da diverso tempo e, che ci permettono di far luce su un avvenimento storico sconosciuto del nostro territorio. Con queste nuove informazioni, per noi sufficienti, ora siamo in grado di poter organizzare, come il nostro Museo ha già fatto più volte, assieme ai Comuni, musei, associazioni e quanti siano di buona volontà, una giornata di ricordo di questo triste avvenimento e, deporre una corona nel luogo dove il maggiore Morrison ha perso la vita per rendere a noi un mondo migliore.