In Italia se ne contano oltre settanta tra specie e sottospecie, una dozzina quelle presenti nel bolognese. Sono tanto eleganti quanto infallibili predatori, sia in acqua da giovani, sia nell’aria da adulti
Testo di Guido Pedroni
Fotografie di William Vivarelli
Un soffio leggero come un colpo d’occhio impercettibile, una carezza nell’aria, un fremito di colori delicati … le libellule abitano l’aria, nella loro vita da insetto adulto, muovendosi con leggerezza e precisione, con profonda delicatezza, ma anche con grande velocità ed efficacia, ed una certa dose di imprevedibilità.
Le libellule (termine generale che utilizzerò nel testo) appartengono al gruppo (ordine) degli insetti Odonati.
Gli Odonati, vengono suddivisi in libellule (Anisoptera) e damigelle (Zygoptera). Quando si posano, le prime tengono le ali aperte, le seconde, più sottili, le richiudono sopra il corpo. Esistono poi altri caratteri morfologici che permettono di distinguerle ulteriormente.
Essendo insetti, il corpo è diviso in tre parti (capo, torace e addome) e, allo stadio adulto, sono provvisti di due paia di grandi ali trasparenti o semitrasparenti, dove si individuano chiaramente diverse nervature. La forma del corpo è normalmente stretta e allungata, con colori vivaci (rosso, verde, azzurro, giallo….) e varie iridescenze. Sono provviste di grandi occhi molto ben riconoscibili anche ad una osservazione superficiale. L’apparato boccale è provvisto di mandibole particolarmente robuste, tipiche dei predatori.
Sono insetti che subiscono la metamorfosi, cioè una serie di trasformazioni da uovo ad adulto. Non è solo questione di cambiamenti del corpo, ma anche di caratteri del comportamento, e questo porta le libellule a frequentare ambienti molto diversificati fra loro, relativamente allo stadio di sviluppo considerato. Comunque sia, sono straordinari predatori, in acqua da giovani, nell’aria da adulti, di un grande numero di insetti soprattutto Ditteri (mosche).
Per l’uomo le libellule sono assolutamente innocue.
Nella fase giovanile sono acquatici e popolano stagni, acquitrini, piccoli laghi, torbiere, abbeveratoi; da adulti rimangono in prossimità dell’acqua, ma la loro vita si svolge nell’aria e al contatto di piante presenti negli ambienti umidi che frequentano. Possono esserci individui che si allontano molto dall’acqua, che comunque vede il loro ritorno nel periodo della riproduzione.
La riproduzione è annuale; il maschio, durante il volo, blocca e trattiene la femmina con le zampe, afferrandola nella zona posteriore della testa, formando un “tandem” dalla forma più o meno circolare, e accoppiandosi in volo. Le femmine si accoppiano con più maschi, ma solo l’ultimo sarà “selezionato” per fecondare le uova; questo però innesca dinamiche interessanti e curiose dei maschi che cercano di accoppiarsi, ma nello stesso tempo tentano di rimanere ancorati alla femmina per rimanere “ultimi” ed essere selezionati per la fecondazione. L’accoppiamento è molto particolare, unico nel mondo degli insetti in quanto i maschi hanno l’apparato copulatore sistemato in corrispondenza della superficie ventrale del secondo urite, mentre la parte genitale finale è posta di norma nel nono urite; gli uriti sono i segmenti in cui è suddiviso l’addome, la terza parte del loro corpo. Dopo l’accoppiamento vengono deposte le uova sulle piante poco sotto la superficie dell’acqua. Le larve che nascono staranno nell’ambiente acquatico da uno a tre anni, a seconda della specie, predando e nutrendosi di altri organismi acquatici.
Si conoscono circa seimila specie in tutto il mondo; in Emilia Romagna si contano oltre settanta tra specie e sottospecie (fonte: checklist 2005 del Ministero dell’Ambiente). Alcuni reperti fossili di libellula testimoniano un’origine antichissima dell’ordine di centinaia di milioni di anni. La gigantesca Meganeura monyi, descritta da Brongniart nel 1893, forma estinta, aveva un’apertura alare di circa settanta centimetri (provenienza Francia). Questa specie si colloca nel Carbonifero, periodo del Paleozoico, e risale a circa trecento milioni di anni fa.
Nelle valli dell’Appennino bolognese troviamo diversi siti frequentati dalle libellule. Possiamo citare come esempi i laghi di Suviana e Brasimone, i fiumi Savena e Setta, il Lago di Castel dell’Alpi dove sono state censite ben dodici specie, il Lago di Pratignano, tra bolognese e modenese, dove ne sono state osservate cinque; ma ogni concentrazione d’acqua con un minimo di permanenza nel tempo può essere un sito di presenza di questi insetti; questi “specchi” d’acqua non devono essere inquinati, devono avere un minimo di piante acquatiche o viventi sui bordi dello specchio, il tutto inserito in un contesto ambientale più vasto altrettanto non inquinato.
Ancora una volta siamo invitati dalla natura, in questo caso dalle libellule e ambienti frequentati, ad essere rispettosi degli equilibri che regolano la vita di un ambiente, a tutti i livelli. Generalmente, questi delicati ed intricati equilibri, vedono nelle forme di vita più piccole le parti più importanti, veri mattoni su cui poggia tutto l’edifico naturale di un ecosistema.