La Gipsoteca dell’Archiginnasio

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Al museo Archeologico una sala sezione è riservata alle perfette riproduzioni in gesso delle antiche statue romane, come “La Bella” Fidia dell’Acropoli di Atene 

di Gianluigi Zucchini

Hermes_Prassitele_Foto_Ornella_De_Carlo

Dopo un lungo periodo di chiusura di una parte importante del museo archeologico di Bologna, un’occasione per recarsi a visitarlo è non solo quello di scoprire (o riscoprire, dopo i nuovi allestimenti) le raccolte del museo, ma anche quello di vedere l’importante mostra I pittori di Pompei, aperta fino al 19 marzo 2023. 

Tuttavia pare utile restringere per ora il campo ad una sola parte del Museo, e cioè alla Gipsoteca, non certo ultima tra i luoghi interessanti della città, tuttavia quasi sconosciuta a molti. Perché? Si diceva, tempo fa, che quella è tutta ‘roba di gesso e falsa’. Vere entrambe le cose. Ma allora, perché mai visitare un museo di falsi, per di più di gesso?

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. La stessa parola ‘gipsoteca’ deriva dal greco e successivamente dal latino, ed è stata usata perché questi ‘modelli’ sono appunto di gesso, materia molto facile da lavorare, anche se fragilissima. Quelli esposti, come in qualsiasi gipsoteca, sono  copie perfette di statue antiche greche o romane, sulle quali l’impasto gessoso viene versato mediante un’operazione fatta da esperti, in modo tale che, asciugato il gesso, ne risulta un calco che riproduce in tutti i suoi particolari la statua (in bronzo, in marmo o in creta) che si vuole osservare, per scopo soprattutto di studio. E infatti, questi calchi venivano usati negli Istituti d’arte, nelle Accademie di Belle arti (in quella di Bologna, in via Belle Arti, ci sono diversi calchi in gesso di opere importanti, necessarie per gli studenti) o in altri luoghi dove studiosi e artisti potevano disegnare ‘dal vero’ opere originali che si trovano tuttavia anche molto lontane, in Grecia, a Roma o in molti musei sparsi nel mondo. Fino a qualche tempo fa non si considerava l’importanza culturale e – diciamolo pure – turistica di questo materiale, poi si è visto che, presentato in modo corretto e con qualche didascalia esplicativa, può attirare turisti e interessati all’arte, come sta accadendo per esempio a Possagno, dove aveva casa Antonio Canova e dove i suoi lavori, eseguiti in gesso per essere poi ripresi in marmo, costituiscono l’importante Museo Canoviano, ai piedi del Monte Grappa, meta da non molto tempo di flussi di scolaresche, turisti e studiosi.

E a Bologna?

Athena_Lemnia_Foto_Roberto_Serra

Intanto si può vedere nella parte archeologica del museo la testa (copia romana in marmo) dell’Athena Lemnia di Fidia (V sec. a.C.), detta “La Bella”, una delle tre statue della dea che erano nell’Acropoli di Atene, già appartenente alla collezione del bolognese Pelagio Palagi, come del resto molti altri oggetti del museo, che lui donò poi alla città. Nella Gipsoteca invece si trova la replica dell’originale in bronzo dell’intera statua di Athena, che spicca tra le altre opere per il suo colore scuro. 

Poi, tra altri, potremmo osservare in dettaglio almeno alcuni pezzi interessanti, come L’Auriga di Delfi o l’ Hermes di Prassitele; e altri della Grecia arcaica, importanti per un confronto con quelle dell’età classica,  più perfette nella stesura e nei particolari della muscolature e dell’intero corpo. In tutte però si può notare l’aspetto fondamentale della bellezza, che per gli antichi greci era insieme armonia, eleganza, ordine e perfezione, per cui il nudo, sia maschile che femminile, diventava un’opera in cui doveva ritrovarsi l’idea del vero (realismo del corpo) e del buono (perfezione dello spirito). Anche nelle figure bellicose, che

Testa_Foto_Ornella_De_Carlo

nella gipsoteca di Bologna sono presenti, si trovano tratti ideali, come la forza, il coraggio, la lotta per la virtù e per la giustizia, (Ercole, ad esempio); cioè tutti aspetti astratti, che il corpo umano può esprimere nella sua plasticità e perfezione formale. Il Rinascimento italiano, nella sua grande originalità e importanza, riscoprì questi aspetti, ma con un  intento più umano, introducendo quell’aspetto (si veda ad esempio il David di Michelangelo) che di per sé non è erotico, ma porta a pensare anche in questo senso, quasi a sottolineare l’umanità della persona in tutti i suoi aspetti, dalla vecchiaia, alla decadenza fisica, fino alla bellezza massima, che sta nel vigore della virilità e perfezione dell’anatomia nella gioventù; oppure in una femminilità morbida e avvolgente, come nelle diverse Veneri greche e poi romane, rappresentate senza veli ma con pudicizia e anche con una bellezza a volte al di là dell’umano, ideale sì ma quasi spirituale. Il discorso si prolungherebbe notevolmente, e non è questa la sede più idonea. Si è voluto segnalare soltanto una delle tante opportunità di conoscenza e anche di piacere estetico che la nostra città di Bologna può offrire, in questo caso non solo ai turisti e ai curiosi d’arte, ma anche alle scuole. Ed il confronto poi con il ‘Gigante’ (cioè il Nettuno del Giambologna), non sarebbe del tutto improprio e inopportuno, anzi: si potrebbero ipotizzare uno o più itinerari intitolati, per esempio, ‘dal museo alla città’, parafrasando il grande studioso Andrea Emiliani, che scrisse proprio un libro su questo tema, intitolato  Dal museo al territorio.

Per informazioni:Museo Civico Archeologico, via dell’Archiginnasio, 2,  tel. 051 2757211 – mca@comune.bologna.it

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