Le tradizioni popolari della pianura bolognese tra fede, storia e dialetto
di Gian Paolo Borghi
(pubblicato nel numero uscito nell’estate del 2016)
Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del secolo scorso, nelle nostre campagne, non erano certo numerosi coloro che potevano permettersi una vacanza. Nella maggior parte dei casi, quando qualche persona ne usufruiva, era soprattutto per motivi di salute: era stato il medico ad averle prescritto di “cambiare aria”, in periodo di convalescenza, per non subire ulteriori contraccolpi dalle calure della bassa. Ben pochi possedevano l’automobile e, spesso, anche i servizi pubblici non raggiungevano certe remote località appenniniche dove si poteva disporre di una stanza a buon mercato, in genere in coabitazione con la famiglia proprietaria della casa.
Ad Argelato e nelle sue campagne, in quegli anni, un gestore di auto pubblica escogitò un sorprendente servizio per portare i suoi compaesani in alto appennino. L’“inventore” si chiamava Adelmo Bernardi, in paese per tutti era Délmo e in appennino, per tanti, finì con l’essere identificato con il paese di provenienza, Argelato. Bernardi era amico di alcuni pastori transumanti di Monteacuto delle Alpi. In accordo con loro organizzò un primo singolare servizio “Argelato-Monteacuto”, dando il via ad una lunga piccola-grande avventura. I suoi viaggi si concludevano poco prima di Lizzano in Belvedere, perché allora la strada che portava alla meta non era che una mulattiera: la gente smontava dalla macchina e saliva in groppa ad un mulo per arrivare in paese. Finita la “vacanza”, Délmo li ricaricava in auto e li riportava a casa. I “villeggianti” salivano con bagagli inverosimili, dagli effetti personali alle lenzuola, dal cibo alle coperte per i letti, e così via.
Per cercare di incrementare i suoi viaggi, Délmo iniziò ad “esplorare” altri paesi del lizzanese. Giunto una volta a Vidiciatico, si accorse che per proseguire oltre occorreva sempre andare a dorso di mulo. Raggiunse così Poggiolforato dove fece conoscenza e amicizia con Olindo Franzaroli, calzolaio e mugnaio, che gli diede l’idea per un nuovo servizio. Le prime stanze per i soggiornanti le mise a disposizione lo stesso Franzaroli e, in seguito, diverse altre persone del borgo appenninico (delle famiglie Castelli, Vivarelli, Piovani…) offrirono anche loro delle camere. La cosa assunse proporzioni rilevanti a partire dal dopoguerra quando la gente della nostra bassa, che aveva contratto certe malattie (polmonari o nervose, in prevalenza) a causa del conflitto, fu consigliata dai medici a trascorrere una fase rigeneratrice in montagna. Il servizio ebbe un successo tale che Délmo dovette chiedere la collaborazione sia delle figlie, dei generi se di altri gestori di servizio pubblico. Le case che ospitavano i nuovi “vacanzieri” erano modeste ma gli ospiti si accontentavano veramente di poco. Anche altri pastori transumanti (delle famiglie Roda e Taglioli), che pascolavano nei dintorni di Argelato, collaborarono con Délmo e contribuirono ad incrementare l’afflusso in montagna. Durante la guerra, la sua autovettura era stata distrutta in un bombardamento, ma Délmo non si era perso d’animo e aveva acquistato un camioncino per non interrompere gli itinerari appenninici. La mancanza di letti fece sì che fosse costretto a portare anche delle reti da Argelato.
Il viaggio era snervante e durava parecchie ore, con un’unica sosta prevista, a Silla, dove l’autista consegnava al locale Lanificio Papi sacchi di lana grezza, affidatigli dai pastori rimasti in pianura. Gli ultimi chilometri lungo le Valli del Silla e del Dardagna per questo Indiana Jones della bassa erano molto faticosi e, subito dopo la guerra, prevedevano addirittura il guado di un torrentello, perché un ponte, bombardato, non era ancora stato ricostruito! Poi le strade, per fortuna, migliorarono…
La gente che passava queste “vacanze” spesso provvedeva a pagare l’affitto in natura, ovvero con sacchi di grano, trasportati anch’essi su automobili o sul camioncino, stipati “ovviamente” all’inverosimile. Il grano veniva poi macinato nel mulino di Olindo Franzaroli. Délmo-Argelato non chiedeva intermediazioni a chi affittava, ma la gente provvedeva a ricompensarlo donandogli fragole o castagne.
Gli anni ’60 segnarono la progressiva interruzione dei viaggi e diedero il via a ben diverse forme di turismo di massa, ma tanti, senza Délmo, precursore del moderno turismo appenninico, non avrebbero di certo potuto usufruire di quei soggiorni che, per loro, divennero indimenticabili.