Nel 1910 iniziarono i lavori per la costruzione della diga per creare il bacino e ottenere energia elettrica per dare impulso allo sviluppo economico dell’Appennino. Il progetto fu realizzato dall’ingegnere del politecnico di Milano Angelo Omodeo che nei suoi scritti vanta di essere stato il primo in Italia ad applicare la giornata lavorativa di otto ore. L’imponente opera fu realizzata in soli 15 mesi grazie anche al massiccio utilizzo di manodopera meridionale
Di Michelangelo Abatantuono
(pubblicato nel numero uscito nella primavera 2010)
“Cominciai allora ad andare al lavoro. Il primo fu portare calce con un secchio che poteva portare dai 25 ai 35 kg di calce. Andai proprio vicino al bacino di Brasimone… la diga era in rifinizione e mi toccò un muratore chiamato Mengobello: era brutto e nero, e metteva più calce che sassi nel muro di sostegno a valle della strada… Sicché mi faceva fare troppa fatica e i miei compagni a volte mi davano una mano. A mezzogiorno avevano quasi tutti chi una pentolina chi un tegamino, chi con latte e caffè chi con minestre e companatici, pane e talora la minestra, un bottiglino di vino; un fuocatello e tutti attorno quando era freddo e quando era caldo. Si riscaldava quello che uno aveva poi ci si metteva à consumarlo sotto una frasca”.
Questi sono i ricordi di Bruno Frusini, classe 1898, nato a Firenze e impiegato nel 1910 nei lavori per la realizzazione della diga sul torrente Brasimone, che proprio cent’anni fa veniva costruita per formare l’omonimo bacino artificiale.
I PRIMI ANNI DEL NOVECENTO
Nei primi anni del Novecento Castiglione dei Pepoli e le zone limitrofe erano ancora legate alla povera economia contadina e allo sfruttamento delle risorse naturali, secondo cadenze e usanze che affondavano nella notte dei tempi. Ma la popolazione andava crescendo e non c’era da mangiare per tutti. Si era così diffuso il fenomeno dell’emigrazione, sopratutto stagionale, verso le Maremme, la Corsica, e più tardi i paesi del nord Europa, per raccimolare qualche guadagno da portare alle famiglie rimaste a casa. Mancavano infatti in loco industrie o iniziative artigianali di un certo respiro, in grado di assorbire l’eccesso della forza lavoro che via via diveniva sempre maggiore; una prima manciata d’ossigeno venne dai lavori per la costruzione della diga.
A cavallo tra Ottocento e Novecento fervevano in Italia i lavori per la realizzazione di altre simili infrastrutture. Il fine di tutti questi nuovi bacini artificiali era quello di fornire copiose quantità d’acqua agli impianti per la produzione di energia elettrica che venivano costruiti in prossimità degli invasi. Intelligentemente, si sfruttava una delle risorse di cui la nazione era più ricca, per andare incontro ad una sempre più accentuata richiesta di energia per usi industriali, civili e, non ultimo, ferroviari. Erano ormai passati i tempi dei lumi a petrolio e proprio in quegli anni (1909) Guglielmo Marconi riceveva il premio Nobel per gli esperimenti che avrebbero portato all’invenzione e alla produzione su larga scala degli apparecchi radiofonici. A Castiglione l’energia elettrica non era una novità: già dal 1903 il paese era stato raggiunto da una nuova illuminazione, grazie all’energia prodotta dalla centrale che Lorenzo Pezzatti aveva costruito in località Le Mogne. L’abile imprenditore fu protagonista anche nei successivi lavori della diga del Brasimone, certamente più grandiosi ed imponenti. Il progetto di questi ultimi si dovette ad Angelo Omodeo, giovane ingegnere presso il Politecnico di Milano.
L’INIZIO DEI LAVORI PER LA DIGA
I lavori presero avvio il primo marzo 1910, sotto la direzione di Amilcare Toscani, protagonista di simili lavori in altre zone della nazione: “Nel 1910 e 1911 – scrive egli stesso – ho eseguito, come direttore dei lavori, per incarico della Società Strade Ferrate Meridionali di Firenze, con oltre 1200 operai alle mie dipendenze, l’impianto idroelettrico del Brasimone a Castiglione dei Pepoli. Durante questo lavoro, coerente con le idee socialiste coltivate nella prima gioventù, fui io il primo in Italia ad applicare 8 ore di lavoro ed a concludere accordi con la Camera del Lavoro di Bagni della Porretta per l’applicazione delle paghe alle maestranze”. Tali propositi portarono evidenti benefici; nonostante le non brevi sospensioni dovute al maltempo e al rigido inverno, il 27 aprile 1910, terminati i lavori di scavo, si cominciò la costruzione della diga e ad ottobre era stata realizzata più di metà dell’opera. I lavori vennero sospesi tra novembre e aprile 1911, ma già il primo novembre successivo la diga era ultimata e si allacciarono le strade che correvano sulle due sponde. In soli 15 mesi dall’avvio l’opera era terminata, con mezzi e tecnologie certo non paragonabili a quelli dei nostri giorni…
LA CENTRALE DI SANTA MARIA
Nel contempo veniva costruita, in un ampio piano in riva del Brasimone, la centrale di Santa Maria, che avrebbe prodotto l’energia idroelettrica. La sala macchine era dotata di tre gruppi generatori (forniti dalla Escher-Wyss di Zurigo), trasformatori e officina di riparazione. L’acqua proveniente dal nuovo invaso veniva addotta alla centrale, distante alcuni chilometri, per mezzo di una tubazione forzata che correva lungo le montagne, a mezza costa. A più di un secolo di distanza, seppure con alcune modifiche di tracciato e sostituzione di materiali, è visibile e funzionante e molte delle opere di sostegno rimangono quelle realizzate allora, con la pietra arenaria locale, come del resto tutta l’imponente diga.
Altre grandi opere seguirono a questa nei decenni successivi (ferrovia Direttissima, impianti nucleari ENEA, Autostrada del Sole), ma furono i lavori della diga i primi placare la fame di pane e lavoro, seppur con una ciclica alternanza di ricchezza e povertà che ancor oggi queste zone scontano, come lo stesso Bruno Frusini già annotava: “Quando arrivava la stagione delle castagne e che si raccattavano, mi davo da fare per raccattare quelle che papà Antonio mi diceva e così, quando avevo finito, verso sera andavo da un contadino detto Masin da Linare a comperare un quarto di pere. [La costruzione della str
ada Castiglione – Camugnano e i lavori della diga] comunque portò in tutte le case un miglioramento di vita. Così anch’io ne ebbi il frutto, ma ogni tanto vi era una sospensione per mancanza di soldi. L’impresario, un povero diavolo di nome Nucci Antonio che i miei le prestavano più volte soldi e lo accompagnava tutte le sere a casa, che abitava ai Casoni dal paese circa 2 chilometri era anche zoppo e pauroso… Fra tempo si lavorava i tecnici per fare un bacino cioè allo scoliere. Giù vi era il molino e proprio lì veniva la diga. Questa volta cioè verso il 1908 iniziò questo lavoro [la strada, ndr]e le paghe andarono a lire 2 e 2.20 al giorno così ogni famiglia comperava il vino: festa per tutti, vino a volontà, tutti avevano il barile o la damigiana in casa sempre piena”.