IL NODO IDRAULICO DELLA PIANURA BOLOGNESE

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Nella cattedrale dell’acqua di Saiarino di Argenta tra pompo idrovore, canali e casse d’espansione che governano i flussi di Reno, Idice e Sillaro. Un Museo racconta il racconta la storia della bonifica di questo territorio, dai Romani a Napoleone fino alle colossali opere di inizio Novecento

di Alessandra Furlani

L’impianto idrovoro storico di Saiarino è uno dei principali nodi idraulici dell’Emilia-Romagna. Qui, infatti, confluiscono i corsi d’acqua regionali Reno, Idice e Sillaro e qui arrivano anche tutte le acque dei canali di bonifica della pianura bolognese. Acque che devono essere immesse artificialmente in questi fiumi e torrenti per essere condotte al mare. L’insieme delle architetture proto-industriali di Saiarino risale agli inizi del ‘900 ed oggi ospita anche un interessante Museo della Bonifica, che illustra le tappe della millenaria azione esercitata dall’uomo per la difesa del territorio ed il governo delle acque nel nostro territorio. Il complesso di Saiarino meraviglia ancora oggi per la lungimiranza e l’eleganza della sua progettazione sia sotto il profilo tecnico che architettonico.

SAIARINO, UNA CATTEDRALE DELL’ACQUA

Il percorso espositivo-museale ospitato nell’impianto prevede una sequenza di strutture tra loro funzionalmente connesse: la Chiavica Emissaria del canale Lorgana, la vasca di mandata con il parco strumentale, la magnifica Sala Liberty delle Pompe idrovore e la storica Centrale. L’impianto storico di Saiarino, così come quello gemello di Vallesanta (sempre nell’argentano) sono tuttora perfettamente funzionanti e, oggi, vengono regolati da strumentazioni elettroniche. Si tratta di veri monumenti alla bonifica: gli eleganti edifici in muratura si levano a cavallo sui maestosi canali dove si specchiano le facciate ingentilite da ampie vetrate, mentre i luminosi interni Liberty custodiscono le gigantesche pompe ed altri macchinari originari, capaci di sollevare un vero fiume d’acqua: rispettivamente 66 e 37 metri cubi al secondo. Ciò perché la funzione dell’idrovora è quella di innalzare il livello delle acque basse della pianura bolognese (4 metri sul livello del mare) fino al raggiungimento delle quote del fiume Reno che scorre pensile sulla pianura, tra argini artificiali alti 18 metri. Nel caso in cui il livello del fiume superi la quota massima di 9,50 metri sul livello del mare, le acque della pianura vengono dirottate nelle vicine casse d’espansione (Campotto, Bassarone e Vallesanta) in attesa che le piene calino e il fiume possa ricevere queste ulteriori portate.

La visita del Museo della Bonifica inizia dall’edificio della Chiavica Emissaria mentre, nel parco circostante l’impianto, si passeggia attraverso una raccolta delle prime macchine impiegate nella bonifica delle paludi. Si passa poi alla Sala delle Pompe: contiene sei imponenti idrovore del primo ‘900 che giunsero in loco grazie a una linea  ferroviaria realizzata ad hoc. Presenti nella Sala sono ancora tutti i dispositivi tecnici dell’epoca, il limnigrafo che segna a china, dal 1925, i livelli delle acque che giungono al nodo di Saiarino, oltre ad un interessante plastico che illustra il complesso funzionamento del sistema di bonifica della Bonifica Renana nella pianura tra il Reno ed il Sillaro.

LA STORIA IDRAULICA DELLA PIANURA

La pianura a nord delle città sulla via Emilia è il frutto di un lavoro secolare di bonifica e di controllo dello scolo delle acque, in un territorio che, abbandonato dopo la caduta dell’Impero Romano, si era trasformato in una landa acquitrinosa e malsana, in balia di allagamenti e alluvioni.

Nel Medioevo, furono i monaci benedettini a promuovere per primi il recupero dei suoli e gli insediamenti umani, grazie soprattutto ai centri propulsori delle abbazie di Nonantola, SanBenedetto Po e di Pomposa. Nella bonifica delle paludi e nel recupero di suoli coltivabili proseguirono poi l’opera le autorità civiche comunali (Bologna), le signorie e le istituzioni locali (gli Este a Ferrara, lo Stato Pontificio) che bonificarono gran parte della pianura e impegnarono tutti i nuovi proprietari alla manutenzione della rete scolante e delle opere idrauliche. L’antenato vero e proprio dell’attuale Bonifica Renana è I’Assunteria bolognese dei Confini e delle Acque (1518-1797) che riuniva a sua volta le Congregazioni di Scolo. Furono secoli di diatribe politiche e militari, accompagnate da grandi rotte arginali, ma su questi confronti si fondò la disciplina idraulica. Infatti, la prima cattedra universitaria di idrologia fu fondata a Bologna nel 1693.

Nel ’700 venne realizzato il Cavo Benedettino per incanalare le acque del Reno nel ramo abbandonato del Po di Primaro e, grazieall’attuazione del progetto Lecchi-Boncompagni, la pianura bolognese si avviò verso l’assetto idraulico di oggi.

Napoleone istituì la Magistratura delle Acque con i Circondari idraulici: cinque di questi confluirono nella Bonifica Renana, nata nel 1909 per realizzare la sistemazione definitiva di tutto il territorio racchiuso tra i fiumi Reno e Sillaro. Nel secolo scorso, grazie al progetto idraulico dell’ing. Pietro Pasini e all’impiego dell’energia meccanica negli impianti idrovori di sollevamento, si raggiunse finalmente l’obiettivo e nel nodo idraulico di Saiarino si realizzò la principale

confluenza delle acque bolognesi. Si tratta di un’opera di trasformazione territoriale colossale, attuata tra il 1917 e il 1925 soprattutto attraverso il lavoro di cinque mila persone (braccianti locali e prigionieri di guerra dell’esercito austriaco). Furono scavati 860 chilometri di canali e le casse di espansione di Campotto, Bassarone e Vallesanta, costruiti gli imponenti impianti idrovori di Saiarino e Vallesanta e le migliaia di manufatti idraulici connessi.

La Bonifica Renana 
l’alluvione di maggio
La Bonifica Renana gestisce la propria rete scolante artificiale composta di 2.000 km di canali, 26 casse di espansione e 24 impianti di sollevamento. Compete invece alla Regione Emilia-Romagna la gestione dei corsi d’acqua naturali (cioè fiumi, torrenti e rii collinari) nonchè dei canali storici bolognesi Navile e Savena Abbandonato. 
Come interagiscono questi due sistemi idraulici?


Il controllo delle piene si basa sulla divisione – nello spazio e nel tempo – tra acque piovute in Appennino e acque piovute in pianura. Fiumi e torrenti (che da due secoli scorrono in pianura arginati e pensili) hanno il compito di trasportare al mare prima le piene di montagna, di solito impetuose ma rapide. Successivamente i consorzi di bonifica immettono nei corsi d’acqua regionali le acque di pioggia di pianura, con impianti a gravità o sollevandole con le pompe idrovore.
In situazioni critiche la Bonifica Renana è in grado di accantonare le acque in eccesso nei propri canali e casse di espansione, per una capacità massima 58 milioni di metri cubi di pioggia.
Cosa succede se le piene appenniniche rompono o superano gli argini?
È ciò che è accaduto tra il 2 e il 17 maggio 2023. Le rotture e i sormonti arginali di Sillaro, Gaiana, Quaderna ed Idice hanno scaricato le acque di piena montane sulla pianura, allagando nel bolognese oltre 6.000 ettari. A seguito dell’enorme quantità di acque esondate (si stima circa 80 milioni di metri cubi), il reticolo dei canali di pianura è stato sottoposto a portate idrauliche nettamente superiori a quello di competenza della Bonifica Renana. È utile anche chiarire che, se i corsi d’acqua regionali non avessero rotto gli argini, il sistema consortile per lo scolo artificiale tra Samoggia ed il Sillaro sarebbe stato in grado di smaltire le copiose acque meteoriche piovute sulla pianura. È, infatti, un reticolo dimensionato e continuamente integrato per reggere piogge importanti come quelle del maggio scorso e per i cambiamenti climatici in atto. Tutto il sistema consortile è oggetto di manutenzioni costanti: mediamente ogni anno si esegue lo sfalcio di 40 milioni di metri quadrati arginali, si riprendono frane nei canali per 9 chilometri e si ripristina la sezione idrualica, asportando circa 80 mila metri cubi di sedimenti.
Grazie anche alla legge regionale 7/2012 che ha riconosciuto lo storico ruolo attivo svolto dai Consorzi nel favorire la vivibilità dell’area appenninica, in collina e montagna la Renana progetta e realizza opere di contrasto al dissesto idrogeologico, sistemazioni idrauliche nei corsi d’acqua regionali e interventi per valorizzare il territorio. Nel corso del 2022 sono stati completati 80 cantieri in Appennino, con un investimento pari a 5,7 milioni di euro. Nello stesso anno, sono stati progettati ulteriori interventi per 3,8 milioni di euro, da attuarsi nel 2023. Nei suoi lavori, la Bonifica Renana utilizza prevalentemente materiali e metodi tipici dell’ingegneria naturalistica, idonei al contesto paesaggistico e ambientale in cui le opere si inseriscono. Per saperne di più, è possibile consultare il REPORT annuale, sul sito www.bonificarenana.it

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