Le tracce del famoso ordine dei cavalieri soppresso da Clemente V nel 1312 sono sparse per città e provincia. Qualche anno fa sotto Strada Maggiore sono stati rinvenuti un tunnel, cripte e pertugi sconosciuti forse utilizzati dai monaci guerrieri per nascondere quanto possibile prima di dover consegnare tutto alla Chiesa
di Serena Bersani
(articolo pubblicato nel numero uscito nella primavera 2017)
C’è forse un tesoro nascosto da qualche parte sotto le antiche pietre di Bologna o in qualche pieve abbandonata nella pianura o in un vecchio rudere sull’Appennino. E’ il tesoro dei Templari, non si sa quanto reale e quanto leggendario, che avrebbero occultato quando, il 3 aprile 1312, il papa Clemente V soppresse per sempre l’ordine dei Cavalieri del Tempio facendo sì che i loro beni, le case, le magioni e i possedimenti venissero inglobati nelle città e andassero svanendo nell’avvicendarsi urbanistico di secoli e secoli.
Ma non tutto è scomparso. Le tracce dei Templari sono ancora presenti nei luoghi che ebbero per loro maggiore importanza. Bologna è uno di questi, perché la città fu il principale centro templare dell’Italia settentrionale, sia per numero di frati sia per quantità di possedimenti e ricchezze.
Sono tracce pressoché invisibili anche all’occhio del bolognese doc, abituato a frequentare le strade della città medievale. Per chi percorra Strada Maggiore in direzione di Porta Mazzini non è facile ravvisare nell’edificio corrispondente ai civici 80 e 82, tra via Torleone e vicolo Malgrado, quella che era l’antica Magione di Santa Maria del Tempio. Anche l’annessa chiesa di Santa Maria Maddalena, che faceva parte del complesso, è pressoché scomparsa dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Niente più resta, invece, della torre della Magione che fungeva da campanile della chiesa, demolita nel 1825, forse proprio alla ricerca del mitico tesoro dei monaci cavalieri. I beni dei Templari erano infatti considerevoli. A Bologna i loro possedimenti, oltre alla casa e alle chiese nell’area di Strada Maggiore, comprendevano anche una grande quantità di case e terreni tutti nella parte est della città, lungo la via Emilia, a partire dalla chiesetta di Sant’Homobono nella parrocchia degli Alemanni, subito fuori Porta Mazzini, fino al Cenobio di San Vittore che era sede della commanderia templare bolognese.

Santuario di Montovolo
E poi tutta l’area di San Lazzaro, Castenaso, Pianoro e tra Budrio, Medicina e Castel San Pietro. Di loro proprietà era anche la centralissima area tra le odierne via de’ Pignattari e piazza dei Celestini e dove ora sorge la basilica di San Petronio vi era la chiesa intitolata alla Santa Croce, simbolo dell’ordine cavalleresco. Tracce dei Templari si rintracciano pure sull’Appennino. Nel santuario dedicato a Santa Maria di Montovolo, fin dai tempi più antichi considerata una montagna sacra, nel comune di Grizzana Morandi, l’iscrizione contenuta nella lunetta in arenaria collocata sopra il portale data l’edificio al 1211 e si ritiene possa essere un ex voto per il ritorno dei crociati bolognesi dalla Terra Santa.
Dopo la soppressione dell’Ordine dei Templari per volere del re di Francia Filippo IV il Bello che mirava ad impadronirsi del loro cospicuo patrimonio, la Magione bolognese divenne commenda dell’Ordine gerosolimitano di Rodi, poi di Malta. Ancora una volta furono i francesi ad attuarne la soppressione, questa volta per volere di Napoleone, nel 1798.
Analoga sorte toccò alla parrocchia di Santa Maria del Tempio che, nel 1808, venne chiusa e annessa alla vicina chiesa di Santa Maria dei Servi. L’edificio che ospitava la Magione è rimasto intatto solo nella forma, per via dei rimaneggiamenti nei secoli successivi e dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, oltre che in una vasta stanza interna con le finestre ad arco a sesto acuto e spesse mura sostenute dal soffitto a grosse travi in legno, la cosiddetta Sala dei Cavalieri, datata 1294, oggi di pertinenza della parrocchia di Santa Caterina Vergine e Martire. All’inizio dell’Ottocento il palazzo entrò in possesso del segretario dell’Agenzia dei Beni Nazionali Antonio Aldini, che alienò molti dei beni che vi si trovavano. Dopo vari passaggi, oggi è di proprietà dell’Opera Pia dei Poveri Vergognosi che l’ha affittato a uffici del ministero dell’Interno.
La condanna all’oblio che si è abbattuta per secoli sull’Ordine templare ha provveduto a cancellare le tracce del passaggio di questi cavalieri che vollero farsi monaci. Ricerche contemporanee hanno portato non solo alla mappatura dei loro beni tra città e contado, ma anche alla probabile identificazione del procuratore generale dell’Ordine Pietro da Bologna con frate Pietro Roda, originario di Monte Acuto delle Alpi, nel territorio di Lizzano in Belvedere. Fu forse questo monaco uno dei protagonisti del processo di Parigi contro i Templari, accusati nel 1307 da Filippo il Bello di sodomia, eresia e di tutte le peggiori ignominie per poterli sterminare mandandoli al rogo.

Cavaliere templare
Esperto di diritto, il cappellano Pietro fu uno dei procuratori designato dagli altri confratelli a difendere l’Ordine templare a Parigi nel 1310. Sarebbe poi riuscito a fuggire dalle carceri parigine evitando il rogo e a far ritorno a Bologna. I Templari della magione bolognese ebbero la buona sorte di aver a che fare con un arcivescovo super garantista, Rinaldo da Concorezzo. Grazie alla protezione del vescovo di Ravenna, Pietro potè tornare nella magione di Strada Maggiore fino alla fine dei suoi giorni. Rinaldo da Concorezzo, nominato inquisitore da papa Clemente V, passò alla storia proprio per la sentenza pronunciata nel processo contro i Templari dell’Italia settentrionale mandandoli tutti assolti. Al processo di Ravenna i sedici Templari giudicati – sei facevano parte della Magione bolognese: oltre a Pietro da Monte Acuto, Bartolomeo Tencarari, Alberto degli Arienti, Alberto da Bronzano, Giovanni Bono e Gerardo da Bologna – negarono ogni addebito e molti testimoniarono in loro favore. Nel 1313, in obbedienza alle disposizioni papali, frate Pietro consegnò i beni dei Templari bolognesi ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, oggi noti come Cavalieri di Malta.

L’interno della chiesa del Cenobbio di San Vittore che risale al XIII secolo
Dopo il processo Pietro mantenne le sue funzioni di sacerdote, tant’è che sulla pietra tombale venne rappresentato in abiti liturgici. Morto nel 1329, fu sepolto al centro di Santa Maria del Tempio in Strada Maggiore ma, in seguito al passaggio delle truppe napoleoniche, la chiesa venne sconsacrata e i resti di frate Pietro andarono perduti. I lavori di ripristino della pavimentazione in Strada Maggiore avvenuti negli scorsi anni hanno evidenziato la presenza di tunnel, cripte e pertugi sconosciuti nell’area sottostante l’ex Magione templare bolognese. Non è da escludere che, prima di consegnare tutti i propri beni immobili, i monaci abbiano provveduto a nascondere tutto ciò che poteva essere sottratto all’inventario dei vicari arcivescovili. Una delle campane, ad esempio, è stata ritrovata nel campanile della chiesa di Sant’Andrea in Corneliano a Monte Budello, nel comune di Bazzano, a cui fu venduta da Luigi Aldini intorno al 1808. Sulla campana c’è un’iscrizione latina che recita: «Nell’anno 1303 frate Pietro da Bologna fece. Nell’anno 1779 Cesare Lambertini, marchese e commendatore di Santa Maria del Tempio, rifece».
Il tesoro dei Templari, se mai c’è stato, è ancora nascosto o è andato disperso? A metà del Novecento in un luogo sperduto sull’Appennino tosco-emiliano, nella frazione Sasso di Lizzano in Belvedere, in una casa in pietra del Duecento, durante i lavori di ristrutturazione venne ritrovata murata una cassetta contenente una tonaca rossa con una grande croce bianca. Non sappiamo come finì fin lassù, quel che certo è che poi la cassetta e il suo contenuto sono andati perduti.