Il LIBRO – Marchi, Ronchetti e Turchi con “100 racconti della Linea Gotica” ci fanno rivivere, un mese dopo l’altro, con diversi supporti storici e con alcune mappe che aiutano l’orientamento, la vita quotidiana a cui milioni di persone, militari e civili, sono state costrette tra l’autunno del ’44 e la primavera del ’45, tra il Tirreno e l’Adriatico
di Filippo Benni
(articolo pubblicato sul numero dell’autunno 2020 e lancio di una rubrica che ci accompagnerà per un anno intero)
Una raccolta di racconti di vita in tempo di guerra, cento esperienze divise per stagioni, montagne e ruoli. Cento storie nella Storia di un anno vissuto pericolosamente e di un inverno che pareva non finire mai. Con la libertà giusto al di là dell’ultima salita, subito dietro a quell’ultimo monte che verrà conquistato al costo della vita di migliaia di soldati catapultati qui, loro malgrado, da ben quaranta nazioni.
A metà del secolo scorso le sorti del pianeta si sono giocate attorno a quella incredibile opera di ingegneria militare passata alla storia come Linea Gotica, una fortificazione che si estendeva dal versante tirrenico dell’attuale provincia di Massa-Carrara (allora denominata provincia di Apuania) fino al versante adriatico della provincia di Pesaro e Urbino, seguendo un fronte di oltre 300 chilometri che si snodava lungo i rilievi appenninici (Wikipedia). La prima spallata, gli eserciti alleati hanno provato a darla nell’agosto del ’44, riuscendo a spostare il fronte sempre più a Nord, a un passo dalla via Emilia e da Bologna. Ma nell’autunno del ’44 la linea del fuoco si arrestò ad una manciata di chilometri dall’obiettivo e lì rimase fino alla primavera del ’45. Con paesi e comunità spaccate in due dal fronte, come il comune di Monzuno diviso tra americani, che nell’ottobre del ’44 liberarono il capoluogo, e tedeschi che mantennero il controllo della frazione di Vado fino all’aprile dell’anno successivo.
Il libro “Di guerra e di genti – 100 racconti della Linea Gotica” documenta la vita dei protagonisti di quegli eventi proprio in quei nove mesi in cui il conflitto è stato sulla nostra soglia di casa.
Alleati e soldati tedeschi, partigiani e collaborazionisti, contadini e repubblichini, poi agenti segreti, donne, preti e bambini: la guerra è mostrata da tanti punti di vista, attraverso episodi di vita realmente accaduti e documentabili raccolti dai curatori del libro con la collaborazione degli storici e degli appassionati ricercatori (soprattutto sul campo e tra i campi) dell’associazione Linea Gotica-Officina della memoria.
Alcune storie sono inedite, altre sono state tratte da diverse piccole e ormai quasi introvabili pubblicazioni locali, spesso finanziante dagli stessi autori, con tirature limitate e quasi certamente destinate (senza questa operazione di recupero della memoria) all’oblio. Altre ancora sono storie diventate “famose” grazie alla cinematografia raccontate nel film di Giorgio Diritti sulla strage di Monte Sole (L’uomo che verrà) ma che qui vengono riportate in maniera più asettica, meno romanzata, senza comunque perdere nulla della loro drammaticità.
Quello realizzato da Andrea Marchi, Grabrile Ronchetti e Massimo Turchi non vuole essere un libro “partigiano”. Non è un volume incentrato sulle sole azioni delle tante brigate che operavano nell’Appennino tosco-emiliano o nella montagna e nella pianura della Romagna, o centrato sulla voglia di libertà e sulla (giusta) necessità di ribellarsi alla barbarie e a una dittatura becera, violenta e senza prospettiva. “Di guerra e di genti” ci fa rivivere, un mese dopo l’altro, con diversi supporti storici e con alcune mappe che aiutano l’orientamento, la vita quotidiana a cui milioni di persone, militari e civili, sono state costrette.
Una vita fatta di sliding doors definitive dove vivere o morire spesso dipendeva da colpi di fortuna. A prescindere dalle scelte personali, dalla ricerca della sicurezza: il colpo fatale, in un territorio di guerra, può arrivare in ogni momento nella forma più disparata. Può essere una pallottola o una bomba americana scagliata nella direzione sbagliata, possono essere i mitra tedeschi, le mine antiuomo o la furia cieca delle SS naziste che nei boschi di Monte Sole misero in atto un genocidio a cui solo pochi fortunati riuscirono a fuggire, diventando poi gli unici testimoni di una delle pagine più buie del secolo breve del Vecchio continente. Come, per esempio, Francesco Pirini, allora diciassettenne, sfuggito alla strage nell’oratorio di Cerpiano dove perse la madre e molti altri parenti.
Nel libro c’è spazio anche per la speranza: diversi i racconti di soldati tedeschi che abbandonarono la causa nazista, che si rifiutarono di essere complici di atti disumani o che furono protagonisti di gesti di solidarietà vera. Come il sottufficiale di artiglieria Bernhard Muller che familiarizzò con una famiglia di Traversa, vicino al passo della Futa, e più volte li salvò dalle razzie di altri soldati del Reich. “Solo nel 1962 tornerà a Firenzuola dopo che la famiglia Giustini aveva chiesto alla Croce Rossa di poter rintracciare il suo indirizzo. […]. Tra le due famiglie inizierà una lunga amicizia che dura tutt’ora, anche dopo la morte di Bernhard avvenuta nel 2015”, è riportato nel racconto Beppina.
Diverse anche le storie di chi, dopo il conflitto, ha intrapreso la strada della politica. Uno fra tutti, Bob Dole, il candidato alla presidenza Usa nel 1996 per il partito Repubblicano (perse la corsa alla casa Bianca contro Bill Clinton) che, come riportato nel racconto Il giorno che mi cambiò la vita, è stato protagonista, nell’aprile del ’45, del the Jump off: l’assalto finale che stroncò la resistenza tedesca sulla Linea Gotica. Il suo obiettivo era di conquistare Hill 913, il nome che gli americani avevano dato a una delle colline delle Serre di d’Aiano, di fronte al monte della Spe. Dole fu ferito gravemente, ma contro ogni pronostico si salvò. Il mancato presidente Usa tornò la prima di molte volte a Castel d’Aiano negli anni ’60. Oggi cittadino onorario del paese dove nacque una seconda volta.