Dalle acque sotterranee della città a quelle del Parco del Delta tra panorami inaspettati e incontri mozzafiato
di Francesco Nigro – Associazione Vitruvio
(articolo pubblicato nel numero uscito nella primavera 201))
Terra di storia e tradizione, il Delta conserva luoghi molto suggestivi. Fra questi, la Piallassa della Baiona, nel ravennate, rappresenta una delle mete più inconsuete e vicine del Parco, con i suoi circa 1100 ettari di zone umide, collegata al Mare Adriatico.
A solo un’ora di Bologna, sembra sfuggire alle dinamiche più comuni. Un labirinto di isolotti, prati salmastri colorati dalle fioriture di limonium, chiari e canali, coronato, da un lato, da una pineta medievale (San Vitale), dall’altro dalle sagome lontane e distorte di un freddo distretto portuale. Navi che battono le bandiere dei più remoti angoli del mondo si affacciano su una laguna dalle geometrie selvagge e dalle prospettive quasi surreali. I suoi isolotti, oggi meta di pescatori, navigatori e bird-watchers, furono teatro di rocambolesche fughe garibaldine e, in epoca successiva, presidio partigiano.
Risalente ad un periodo di grande fermento per la navigazione interna e marittima fra le nostre città, la Piallassa è una laguna salmastra solcata da un ingegnoso sistema di canali drenanti che, grazie ai flussi di marea, contribuiscono alla pulizia del principale canale portuale, il Candiano, che nasconde un passato bolognese. In effetti, se tutto questo è sopravvissuto fino ad oggi, forse lo dobbiamo proprio allo “zampino” di un bolognese.
Matematico, fisico, astronomo, protagonista dell’Illuminismo bolognese, questo era Eustachio Manfredi (Bologna, 1674 – 1739), ricordato oggi come la mente all’origine di quell’Accademia degli Inquieti che avrebbe scritto una nuova pagina di storia, alle origini dell’Istituto delle Scienze a Palazzo Poggi, in via Zamboni, oggi edificio Universitario per eccellenza. Ma in questa storia Manfredi è prima di tutto il Sopraintendente alle Acque di Bologna, chiamato al sevizio del papato insieme al Sopraintendente veneziano Zenedrini, in quest’epoca di “scombussolamento idraulico” che stava caratterizzando il nostro territorio, per risolvere la questione ravennate. Ravenna fra seicento e settecento: una città compressa fra due fiumi, Ronco e Montone, sepolta da un labirinto d’argini, di sacche infette dal ristagno e dal puzzo delle cloache, con un naviglio ormai inagibile, il Panfilio, che la collegava ad una bocca a mare fuori mano.
Dopo più di un secolo di interrogativi, la risposta definitiva venne proprio dai due sopraintendenti che, nel giro di un mese, sottoposero al Vice Legato di Romagna un’interessante manovra idraulica. Ronco e Montone sarebbero confluiti nel Panfilio, allontandoli così, come Fiumi Uniti, dall’abitato di Ravenna. Si sarebbe potuta attuare la bonifica, i mulini sarebbero tornati a funzionare al meglio e Ravenna avrebbe avuto il suo nuovo porto-canale, sfruttando la diversione del Montone. A lavori fatti, negli anni trenta del settecento, la città aveva riacquistato sicurezza, sanità ed una più funzionale uscita a mare nella laguna “Bajona”. Una grande laguna successivamente massacrata e bonificata in molte sue parti, in parte condannata e in parte salvata proprio dal quel canale portuale che la divideva in Piallasse. Piallasse che nei secoli a venire verranno sempre più valorizzate come polmoni per le maree capaci di minimizzare il problema di interramento e formazioni di barre di foce che rendevano complessa la navigazione in queste zone plastiche, in continuo mutamento.
Oggi, la Piallassa della Baiona è un sito Ramsar, di interesse comunitario, parte di uno dei più importanti parchi in termini di biodiversità, che sopravvive nella sua naturalità, memore, nel bene e nel male, delle grandi opere del passato.