Oltre 12.500 volumi antichi, custoditi gelosamente nella Biblioteca comunale attendono un mecenate che li riporti alla luce e li restituisca alla comunità
foto e testi Anna Magli
(pubblicato sul numero dell’autunno 2019)
È stata ripresa un po’ da tutti i media la notizia, qualche mese fa, del ritrovamento di uno più antichi atlanti geografici esistenti, attribuito al cartografo fiammingo del XVI secolo Abraham Ortelius. L’atlante, rubato ad inizio secolo in Sicilia, era misteriosamente riapparso per essere venduto all’estero. Un atlante simile è da molti anni presente nel fondo antico della biblioteca comunale di Budrio custodito, insieme a tanti altri pregiati volumi, in una stanza a temperatura controllata per non rovinarne gli inchiostri colorati e le pagine vecchie di centinaia d’anni.
Un patrimonio immenso di libri – l’intero fondo conta 12.614 volumi – che non può essere esposto in pubblico perché mancano i fondi per catalogarlo e restaurarlo. Nel patrimonio del Fondo antico budriese sono presenti, oltre all’Ortelius, rare edizioni cinquecentine, altri atlanti del secolo XVII, un incunabolo di Venezia (1488), edizioni originali del Sei e Settecento, francesi ed italiane: opere storiche, filosofiche, letterarie, scientifiche, testi di diritto civile e canonico, in latino, in italiano, in francese, in inglese. Come la famosa Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers pubblicata nel XVIII secolo, in lingua francese, da un gruppo di intellettuali sotto la direzione di Denis Diderot. Nel fondo antico è compreso anche l’archivio comunale con un raro documento risalente al 1300. Ma la parte più affascinante, e rara, è costituita dai diari di viaggio, i testi di antropologia e geografia che sono stati presentati una sola volta al pubblico nell’ambito della mostra, curata Lucia Bonora e Miledi Bentivogli, Scritture di viaggio:tour fra diari di bordo e reportage di altri tempi alla scoperta dei fondi librari storici della biblioteca di Budrio.
Come racconta la storica budriese Fedora Servetti Donati in Budrio casa nostra: “alle origini della Biblioteca Civica di Budrio c’è il lascito generoso del sacerdote concittadino Giuseppe Benedetti che, morendo nel 1862, destinò parte della straordinaria sua raccolta di libri italiani e stranieri, alcuni rarissimi, al Comune di Budrio. Il Fondo Don Giuseppe Benedetti e il Fondo Luigi Vignoli sono le collezioni più rappresentative presenti nella biblioteca. Entrambi gli studiosi, collezionarono libri di viaggi, di filosofia, di diritto e di scienza, ma anche dépliant, cartoline d’epoca, biglietti che rimandano al vissuto personale: eredità di due collezionisti di ampie vedute, animati dal desiderio di conoscere. Del Fondo antico conservato in Biblioteca fa parte anche la donazione del barone Felice Via, preziosa raccolta comprendente tutte le opere di Voltaire in edizione del 1792”.
Nella seconda metà dell’Ottocento i volumi della donazione Benedetti-Cocchi furono sistemati negli antichi locali, allora del Comune, uniti al convento dei Servi di Maria presso la chiesa di San Lorenzo, dove era stata attrezzata un’ampia sala di lettura. La grande raccolta doveva divenire usufruibile dalla comunità, essere una biblioteca pubblica. Fu quindi istituita una Biblioteca Popolare Circolante (1870), di cui entrarono a far parte libri di vario interesse aggiunti dal Comune o offerti dai cittadini, così da favorire la lettura e la circolazione di testi.
Testimonia l’esistenza e il funzionamento della Biblioteca Popolare Circolante a Budrio l’unica superstite Carta di Lettore in data 30 gennaio 1871, intestata al signor Lodi Ettore futuro matematico e monsignore. E’ una specie di tessera stampata a Bologna- Regia Tipografia 1870-che all’interno annota il Regolamento della Biblioteca. Il funzionamento dipendeva dalla Giunta Comunale che, su richiesta, concedeva il permesso di lettura e di prestito.
Negli ultimi anni dell’Ottocento la biblioteca divenne sede dell’Università Popolare: conferenze, incontri culturali, letture e commenti di libri di particolare successo, con accademie di recitazione e ricerche riguardanti tradizioni budriesi del passato. L’ Archivio Storico del Comune ha inizio invece con un documento del 1302: si tratta di atto che attesta che gli uomini del Consiglio di Budrio , ottenuta l’approvazione del governo bolognese, vendettero al conte Filippo Pepoli alcune terre della Boscosa , col patto del “Francarle” cioè riscattarle dopo nove anni, pagando al compratore il prezzo per il quale le avevano vendute.
Il Fondo antico budriese della biblioteca comunale è visibile su appuntamento. L’Amministrazione è infatti consapevole che un simile patrimonio debba essere messo a disposizione di studiosi e ricercatori. L’auspicio è quello di trovare fondi e professionalità che possano riportare questo patrimonio alle condizioni di essere esposto in modo permanente a disposizione dell’intera comunità.