Un percorso all’interno dell’area di Sasso di Castro e Monte Beni, a nord del valico della Futa
foto e testi di Salvatore di Stefano
(pubblicato nel numero uscito nell’autunno del 2017)
A volte, bisogna davvero avventurarsi nella natura per scoprire quanto spettacolo ci riservi. È il caso del Torrente Sàvena, che oltre al Reno, è conosciuto dai bolognesi perché è uno dei due fiumi che delimita il territorio urbano del capoluogo. Ma, dove nasce il Sàvena?
Bisogna risalire il suo corso per ben 55 chilometri all’interno di una vallata piuttosto incassata ma dai toni spettacolari; attraversando le suggestive Gole di Scascoli, proseguendo per il laghetto di Castel dell’Alpi fino a valicare il confine tra l’Emilia e la Toscana ed arrivare finalmente alle pendici di un’anfiteatro di monti dall’aspetto geomorfologico davvero unico. Ci troviamo esattamente nell’area protetta di Sasso di Castro e Monte beni, poco a nord del più famoso valico della Futa.
Il sentiero che ho scelto per questa avventura parte da Covigliaio, una frazione di Firenzuola che conta 125 anime. È lungo la Statale 65 della Futa, facilmente raggiungibile sia dal Passo della Raticosa che da quello della Futa. Potrebbe apparire un classico paese disperso nel nulla, ma se scaviamo nella storia, neanche troppo lontana, scopriamo che quassù in un noto albergo dell’epoca, alloggiarono personaggi del calibro di Re Ferdinando I delle Due Sicilie, Carlo Alberto di Savoia, lo Zar Nicola I di Russia e Papa Pio IX, e addirittura, la notte del 14 novembre 1794 , qui furono arrestati dalle Guardie Svizzere del Tribunale dell’Inquisizione gli studenti Giovanni Battista de Rolandis e Luigi Zamboni, ideatori della Bandiera Italiana.
Giunti a Covigliaio, potrete usare come punto di riferimento per la partenza il parcheggio sito davanti al bar che, lasciato alle spalle per un centinaio di metri percorrendo la statale in direzione Raticosa, ci permette di scorgere il sentiero. Inoltre, una bacheca ci illustra bene l’itinerario. La salita al Monte Beni è abbastanza semplice, basta seguire il segnavia CAI 735 fino ad incrociare alcuni ripetitori e proseguire a destra verso la cima. Da quest’ultimo bivio il sentiero si infittisce nel bosco ed aumenta le pendenze, ma in poco meno di 30 minuti si raggiunge la vetta. Salendo osserverete una vegetazione del tutto particolare. Questa caratteristica è resa tale dagli affioramenti ofiolitici: sezioni di crosta oceanica e del sottostante mantello che sono state sovrapposte alla crosta fino ad affiorare; tipiche per le striature verdastro e violaceo, vengono dette rocce serpenti, appunto, per la particolare colorazione. Forse, l’esempio più celebre del nostro Appennino è il Sasso di San Zenobi, sito a pochi chilometri. Secondo la leggenda, è stato portato lassù da San Zenobi in persona che, sfidato dal diavolo, si affido a Dio per riuscire a portare il sasso con la forza di un solo mignolo. Il diavolo, che faticò non poco per portarne un’altro, ma di dimensioni inferiori, si arrabbiò a tal punto da scagliare il suo sasso nella valle del Sillaro, creando così il Sasso della Mantesca.
Siamo a 1264 metri. Da quassù si domina tutta la valle del Santerno e non solo. Un meritato attimo di riposo e via, si scende dallo stesso sentiero di salita. Iniziata la discesa, poco dopo, scorgerete sicuramente un angolo chiamato Buca delle Fate, un luogo suggestivo ed interessante dal punto di vista naturalistico; merita una breve visita semplicemente deviando il sentiero di un centinaio di metri. Flora e fauna sono del tutto singolari: dalle ben radicate ginestre stellate, visibili in quasi tutto il cammino, ai boschi di abete americano e bianco. Avendo un po di fortuna e muovendosi con molta discrezione non è raro neanche avvistare famiglie di mufloni locali o lupi.
Giunti nuovamente ai ripetitori incrociati durante l’ascesa, anziché deviare a sinistra, teniamo la destra in direzione Fonte dei Prati – Passeggere. Il sentiero si riemerge nel bosco, anche se rimane sempre in quota, e prestando attenzione al segnavia raggiungiamo una carrecciata riconoscibile da un’ampia curva, teniamo sempre la sinistra in discesa e abbandoniamo il sentiero CAI 11 soft.
Se qualcuno volesse proseguire a destra, seguendo il sentiero per un paio di chilometri, in località Poggio Sàvena si raggiungono le sorgenti dell’omonimo fiume.
Invece, lasciato il sentiero CAI 11 soft, vi troverete ad incrociare atre due carrecciate, ricordatevi di tenere sempre la sinistra, ed in poco tempo sarete ritornati a monte della località di partenza: Covigliaio.
Percorso: covigliaio – ripetitori loc. Serra – Monte Beni – Buca delle fate – Covigliaio
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