Voglio fare il naturalista

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Nuove professioni nella pianura bolognese grazie alla Convenzione GIAPP (Gestione Integrata delle Aree Protette della Pianura)

Andrea Morisi (Sustenia srl)
foto archivio Sustenia srl

Oggigiorno, pur attraversando momenti travagliati, in particolare sul piano occupazionale, non viene più ritenuto “strano” occuparsi di gestione di habitat e di conservazione di specie animali e vegetali. Tutto ciò anche se riferito alla nostra antropizzatissima pianura.

Ma solo fino a pochi anni fa era molto più facile esser presi per matti o per sognatori se si proponeva di piantare un bosco in pianura, di ri-allagare dei campi, di allevare tartarughe o ninfee per salvarle dall’estinzione, di costruire punti schermati e capanni per l’osservazione, di allestire centri visita, di accompagnare turisti e scuole, di produrre guide e siti internet dedicati, di censire e monitorare piante ed animali della Bassa.

Con l’inizio degli anni 2000, in realtà, già si erano avute delle avvisaglie. Gli obiettivi e, soprattutto, i consistenti incentivi economici europei legati ai Piani di Sviluppo Rurale avevano indotto nel territorio di pianura una parziale inversione di tendenza. Dopo che negli anni ’80 si era infatti toccato il punto più basso nella “desertificazione” dell’agroecosistema, con la scomparsa quasi totale di ogni elemento paesaggistico-ambientale tra i campi della pianura, i cosiddetti “finanziamenti agroambientali” avevano invece determinato una richiesta di professionalità in grado di progettare un rimboschimento, non solo produttivo, ma anche “naturalistico”, come richiedevano i bandi di finanziamento. La stessa cosa per ricreare addirittura prati umidi e nuove paludi o i cosiddetti “complessi macchia-radura”. Lo scenario non era maturo e, per quanto diverse grandi società agricole abbiano provveduto a realizzare ampi interventi di rinaturalizzazione, diverse storture ne hanno condizionato gli effetti. In ogni caso, indiscutibilmente, si è avviata una controtendenza. Pur scontando forti resistenze culturali ed economiche, il mondo agricolo ha iniziato a reagire positivamente rispetto agli indirizzi sopraggiunti.

Qui vorrei evidenziare il ruolo assunto dall’azione degli enti pubblici locali. Gli interventi di riqualificazione ambientale operati dai privati, con i finanziamenti pubblici di cui sopra, hanno sicuramente portato a nuovi ambienti, anche pregevoli, ma quasi mai destinati prioritariamente alla conservazione della biodiversità in quanto tale. Non che questo fatto costituisca un reato, ovviamente, ma un rimboschimento eseguito con finalità produttive (quindi destinato al taglio per la produzione di legname), come una zona palustre realizzata per istituirvi una azienda faunistica venatoria, devono necessariamente seguire una gestione finalizzata al loro obiettivo, mettendo molte volte in secondo piano le esigenze generali di conservazione della biodiversità e, spesso, le esigenze particolari di specie non rientranti nel target.
Altresì, diversi Comuni della pianura, pur essendo esclusi o svantaggiati nell’attingimento dei finanziamenti agroambientali, hanno seguito un percorso analogo a quello degli imprenditori agricoli: in ragione della scomparsa degli elementi di naturalità del territorio, hanno provveduto a tutelare e, soprattutto, ricostruire, ambienti boscati e palustri, talvolta riqualificando luoghi abbandonati o degradati. Sono così nate alcune decine di aree verdi, questa volta progettate e gestite con la prioritaria e spesso esclusiva finalità della tutela di habitat e specie. Nel tempo le condizioni ambientali delle aree riqualificate sono migliorate e nella maggior parte dei casi è stato loro riconosciuto lo status di “area protetta” o di “sito della rete Natura 2000”

Dopo una prima fase in cui si agito singolarmente, una ventina di Comuni hanno associato i loro sforzi in materia di gestione e valorizzazione della biodiversità ed è sorta la Convenzione GIAPP (Gestione Integrata delle Aree Protette della Pianura), che proprio in questi giorni sta finalmente maturando un riconoscimento formale ed “istituzionale” da parte della Regione. Questo fatto è all’origine di un indotto sia culturale che economico che sta determinando una significativa novità nel territorio per chi si occupa professionalmente, a diverso titolo, della conservazione della natura.

UNA “NUOVA” PROFESSIONE

Un aspetto prima praticamente sconosciuto. In primis sta emergendo così la figura di quello che noi amiamo chiamare il “Naturalista di pianura”, vale a dire un soggetto capace di gestire specificamente gli ecosistemi tipici della pianura. Ovviamente la formazione scolastica di settore è sostanziale, ma ci permettiamo di dire che, in questo caso, si aggiungono due aspetti basilari: la passione e la pragmaticità. Oggi, diverse attività in campo naturalistico sono professionalmente richieste anche per la pianura.

Proviamo qui di esemplificarne alcune:

Progettazione
È una attività tipica di professioni che non si interfacciano comunemente con la natura. Nel nostro caso occorre sapere esemplificare con elaborati tecnici, per esempio, un intervento di rimboschimento o di escavazione di una pozza per anfibi. Inoltre è necessario farlo seguendo il “linguaggio” istituzionale, vale a dire produrre gli elaborati normativamente richiesti dalla pubblica amministrazione. In questo caso, non ce ne vogliano, non basta l’impostazione da Geometra, occorre riuscire ad unire alle relazioni tecniche, alle planimetrie e ai computi metrici estimativi, anche le conoscenze specifiche, degli habitat, delle piante e degli animali della pianura. Più facile a dirsi che a farsi, ma qui sta la capacità professionale del “Naturalista di pianura”. E metteteci anche la capacità di gestire i rapporti con le imprese, la valutazione dei preventivi, la direzione dei lavori sul campo.
Gestione
Non si tratta solo di eseguire le manutenzioni delle aree naturalistiche, sfalciando periodicamente i percorsi di visita o curando la segnaletica, bensì di gestire degli ambienti naturali. Ciò vuol dire, per esempio, alzare o abbassare in modo oculato i livelli dell’acqua nelle zone umide per favorire o inibire la presenza di una specie; estirpare le canne che stanno invadendo la nuova zona umida; innaffiare le giovani piante rare appena trapiantate; cambiare la lettiera dei coleotteri saproxilici allevati in laboratorio; censire e monitorare quante piante ed animali sono presenti; alimentare le testuggini neonate nei recinti; controllare che le aziende che curano il verde eseguano i lavori prestabiliti e via così. Non ci vuole un manutentore “qualsiasi”, ci vuole un “Naturalista di pianura”…
Educazione
Questo è un campo in cui, generalmente, tutti si sentono portati. Ma, oltre ad un minimo di capacità di gestione dei gruppi e del rapporto diversificato tra adulti e bambini, la conoscenza dei luoghi e delle specie che vi si incontrano è fondamentale per evitare di essere troppo general-generici precludendo buona parte del messaggio educativo e deludendo le aspettative. Bisogna quindi conoscere bene e vivere la biodiversità se se ne vuole comunicare l’importanza. E poi bisogna saper gestire la comunicazione con i depliant, gli articoli, gli eventi pubblici, le conferenze…
Attività speciali
Il “Naturalista di pianura” interviene in un territorio molto particolare, molto antropizzato e disturbato. Di conseguenza si interfaccia quotidianamente con animali investiti lungo le strade oppure avvelenati, morsicati da un cane o sparati. Così come si trova a dover gestire specie esotiche, talvolta invasive, che non solo deve saper riconoscere, ma che deve trattare seconde le norme. Sempre di più i Cittadini hanno poi bisogno per piccole consulenze domestiche su animali di cui hanno “paura” o per interventi che vogliono fare per aiutarne altri nel proprio giardino. In questo caso il “Naturalista di pianura” interviene con una basilare capacità di primo soccorso, gestisce stabulazioni temporanee e conferimenti in centri autorizzati, si interfaccia con le Forze dell’Ordine, fornisce piccole consulenze.

Insomma il “Naturalista di pianura” sostanzialmente oggi esiste. Per questo dobbiamo ringraziare in particolare le attività, come la Convenzione GIAPP, che ne stanno consolidando la richiesta. E non finisce qui perché, oltre al “Naturalista di pianura” nel settore della gestione delle aree naturalistiche della pianura ormai lavorano quotidianamente vivaisti, giardinieri, imprese edili, aziende agricole, falegnami, grafici, tipografi, produttori di nidi artificiali, ditte produttrici di teli impermeabilizzanti, contoterzisti e davvero tanti altri soggetti che il “Naturalista di pianura” consulta, coinvolge, coordina.
E pensiamo che sia proprio una bella cosa.

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