Sulle tracce di Giovanni Pascoli che Bologna pare aver dimenticato

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Le lezioni con Carducci, l’iscrizione al partito socialista e le serate all’Osteria del Sole: i luoghi e i personaggi che ricordano la presenza del poeta sotto le Due Torri

di Gian Luigi Zucchini
(artiolo uscito sul numero di primavera 2019)

Un pomeriggio di maggio di alcuni anni fa, mentre stavo scrivendo un libro sul Giovanni Pascoli, suonano alla porta. Infastidito per la forzata interruzione, vado ad aprire. Mi si presenta una signora abbastanza giovane, che mi chiede se posso darle informazioni più precise sul Pascoli, che secondo lei avrebbe abitato in via Zamboni (proprio dove io abitavo ed abito tutt’ora) quando era studente presso l’Università di Bologna. Più che stupito, fui quasi turbato. Le chiesi perché avesse suonato proprio da me, e non da altri inquilini; mi rispose disarmata che aveva premuto il primo campanello che le era capitato. Le dissi che proprio mentre suonava, io stavo scrivendo un libro sul poeta, e questa volta fu lei che rimase stupefatta e turbata. Una coincidenza? Sicuramente, ma molto strana, e proprio nel momento in cui stavo lavorando ad una ricerca sulle prime case abitate dal poeta studente a Bologna. A questo punto fu lei che intervenne, spiegandomi che era un’insegnante di lettere, che stava organizzando con i suoi studenti dell’ultimo anno di liceo una ricerca sul Pascoli, da presentare all’esame di maturità, e che attraverso questa dettagliata ricerca, aveva scoperto che il futuro poeta, dopo aver abitato in via del Borgo di San Pietro al n. 127, presso la casa di un modesto imbianchino, abitò poi in dimesse stanzette che venivano affittate agli studenti; e tra queste, una proprio al numero 53 di via Zamboni (all’epoca via San Donato), nel 1876, come scriveva sul ‘Resto del Carlino’ Giuseppe Lipparini, che aveva desunto queste informazioni da antiche registrazioni, e che conosceva bene il Pascoli essendo stato allievo del Carducci e di Alfredo Panzacchi. Io ignoravo tutto ciò, anche perché questa notizia non fu mai più ripresa. Per avere una precisa conferma, andai a frugare in vari archivi, ma quella segnalata dal Carlino fu l’unica testimonianza che poteva (mi si disse anche da noti studiosi pascoliani) essere ritenuta sicura, data la serietà dell’autore, che a sua volta fu poi docente di letteratura italiana al liceo classico ‘Galvani’ di Bologna e poi di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti bolognese.

Così comincio proprio da qui il mio elenco dei luoghi che ricordano la presenza del Pascoli a Bologna, pochissimi tuttavia e molto dimenticati dalla città, che lui amò a fatica, soprattutto nei primi anni; e sembra quasi che a sua volta la città abbia voluto tenerlo in disparte anche nel ricordo. Non è stato conservato quasi nulla o addirittura nulla dei suoi luoghi di vita e di frequentazione: non le case abitate, tra cui via Pelacani (ora via Petroni) proprio di fronte a Casa Rossi cara al Foscolo, che vi passò qualche tempo, poi in via San Vitale, in via Rialto, infine in Strada Maggiore al n. 15. Qualche altra testimonianza, ma soltanto cartacea, si può vedere nell’Archivio dell’Università di Bologna, dove restano tracce di suoi esami sostenuti col Carducci e la testi di laurea sul poeta greco Alceo.

In quegli anni, Pascoli era anche impegnato in politica. Iscritto al Partito Socialista, era costantemente tenuto d’occhio dalla polizia, e per questo cambiava spesso abitazione. Ma lo faceva soprattutto per cercare affitti a buon prezzo, competitivi tra loro, essendo in quei periodi in condizioni economiche molto misere. Frequentava, con altri socialisti ed anarchici, l’antica Osteria del Sole, in vicolo Ranocchi, (allora ‘Stradello Ranocchi’, dal dialetto stadèl) dove oggi, come allora, si beveva solo vino. Un luogo d’incontri di internazionalisti, tenuto d’occhio dalla polizia, con cui poi il futuro poeta si scontrò in seguito ad una manifestazione e per questo dovette scontare diversi mesi di prigionia nel carcere di San Giovanni in Monte, oggi sede di alcuni Dipartimenti di Storia e di Archeologia dell’Università bolognese.
Purtroppo in questi luoghi, che io sappia, non esistono memorie visibili, né targhe e neppure qualche immagine, come sarebbe stato opportuno fare almeno nell’Osteria del Sole, dove è stato anche radicalmente modificato l’interno, oggi abbastanza disadorno ed anche un po’ squallido.
Altri luoghi frequentati dal poeta furono il Caffè dei Cacciatori e il Caffè dei Servi, quando giovane docente vi si recava insieme al Carducci e ad altri colleghi, ora non più esistenti. I luoghi erano di qualità, frequentato dalla buona borghesia della città e da molti docenti, essendo abbastanza vicino all’Università e alle due torri.

Inoltre frequentava, sia da studente che da docente, una trattoria in piazza Trento e Trieste, piazza al tempo chiamata Foro Boario. La trattoria esiste ancora, sia pure molto ristrutturata, e si affaccia sulla piazza, ora giardino pubblico, dove un tempo si tenevano gli incontri d’affari dei contadini che ogni settimana affluivano dal contado in città per scambi ed acquisti soprattutto di bestiame, ma anche di terreni e prodotti agricoli. Infine, un luogo poco conosciuto dove vengono conservate un paio di tracce del poeta (tra cui una filastrocca e una cartolina scritte da lui), è la bottega del barbiere Alberto Fabrizi presso cui il poeta si serviva, allora situata in via D’Azeglio 1, ora tenuta dal pronipote Mauro, pure acconciatore e parrucchiere, a pochi passi, in via IV Novembre, 6.

San Giovanni in Monte

Nell’ultimo periodo della sua vita, Pascoli, avendo avuto la cattedra di letteratura italiana che era stata del Carducci, aveva affittato un appartamento di via dell’Osservanza, 2 dove – e soltanto lì – fu posta a ricordo della morte (avvenuta il 6 aprile 1912), una lapide dal Fascio di Combattimento di Bologna il 6 aprile 1933.  Poi ci sono i luoghi citati nelle poesie: ma anche qui, nessun richiamo, nessun ricordo. C’è ‘l’Aposa trista’ (v. la poesia ‘Il ponte sull’Aposa’ in ‘Appendice’ ai ‘Canti di Castelvecchio’), e il canale di Reno, oggi interrato, sulla cui spalletta il poeta venne tentato dal suicidio, afflitto dalla solitudine e dalla miseria (v. la poesia ‘La voce’ in ‘Canti di Castelvecchio’); poi il colle dell’Osservanza, dove sorge la chiesa e il convento dei frati francescani, uno dei quali era divenuto buon amico del Pascoli. Egli ci andava qualche volta, percorrendo il viottolo in salita, da dove vedeva, qualche volta, una fila nera dei preti andare verso san Michele in Bosco, come ricorda in un’altra sua poesia (v. ‘Diario autunnale’, pure in ‘Canti di Castelvecchio’).
In quel periodo, era già malato. Andò, in un crepuscolo d’autunno, a trovarlo nella casa di via dell’Osservanza, Gabriele d’Annunzio. Ne uscì sconvolto: riconobbe in lui i segni della morte vicina, che infatti venne poco dopo. E ne scrisse, in “Contemplazione della morte”, una tra le più intense ed umanissime pagine della letteratura italiana.

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