Dal Savena allo Zena, tra Contrafforte e calanchi ai piedi della Futa. Da vedere le case nella roccia di Livergnano, tanti piccoli grandi musei e una balena spiaggiata migliaia di anni quando qui c’era il mare
di Giada Pagani
(servizio uscito nel numero dell’innervo 2018)
Situato alle porte di Bologna, sulla strada della Futa che porta a Firenze, Pianoro si caratterizza per i suoi paesaggi molto diversi tra loro: nella valle del Savena, calanchi e costoni di arenaria aprono lo scenario al Contrafforte Pliocenico, la più grande riserva naturale dell’Emilia Romagna, mentre nella valle del torrente Zena si originano il Parco dei Gessi e i Calanchi dell’Abbadessa. Percorrendo questo territorio prevalentemente collinare, lungo la Futa s’incontra il borgo di Livergnano che sembra essersi solidificato nella roccia. Le pareti del Contrafforte Pliocenico pare che abbiano assorbito lentamente il borgo, stringendolo a sé fino ad inglobarne buona parte degli edifici. In effetti, natura e opera dell’uomo fin dai tempi più remoti qui si sono fuse, dando vita a uno dei più singolari abitati dell’Appennino bolognese, conosciuto fin dal XIII secolo.
L’azione distruttiva della Seconda guerra mondiale poi ha demolito buona parte degli edifici costruiti fin dal 1700 nella roccia, ma con piglio deciso Livergnano è risorto, avvinghiandosi alla solidità di questi costoni primordiali, dove all’interno di una grotta ha trovato spazio anche il Winter Line Museum, una raccolta di reperti bellici risalenti al ‘44 relativi al passaggio del fronte sulla Linea Gotica in questa zona.
Tra castagneti e querce secolari esiste un percorso conosciuto dagli appassionati di trekking come il sentiero 815, che collega la Val di Zena al Monte delle Formiche, un luogo dove storia, sacralità e leggenda si intrecciano, conferendo unicità a questo magico luogo. Dalla notte dei tempi, infatti, a settembre il monte diventa teatro di un inspiegabile fenomeno: sciami di formiche alate vengono ad accoppiarsi e a morire sul sagrato del santuario che domina il monte. Lungo il percorso si incontrano altri gioielli storici, che introducono il visitatore all’interno di scenari incantati. E’ il caso del Castello di Zena di origine medioevale, che faceva parte dei possedimenti di Matilde di Canossa e della Torre dell’Erede, costruita nel 1100. Proseguendo si raggiunge anche l’antico borgo della Tazzola, un pugno di case appoggiate l’una all’altra dove si trova il “Museo dei Botroidi”, una raccolta suggestiva di sassi antropomorfi rinvenuti sul torrente Zena attorno agli anni ‘60 dal famoso speleologo Luigi Fantini, che consente di scoprire la storia di queste terre, dal pliocene ad oggi. A poche centinaia di metri dalla Tazzola si incontra Cà di Pippo con la sua storica locanda. La storia del borgo è legata a quella del Santuario del Monte delle Formiche, che svetta solitario su uno sperone roccioso, a 2 km dall’abitato.
Merita una visita anche la balena bianca di Gorgognano, simbolo delle origini di questa splendida zona. Le valli dall’Idice al Reno, infatti, 3.5 milioni di anni fa erano sommerse dalle acque di quello che lo studioso Luigi Fantini definì “Mare intrappenninico pliocenico”, nel quale vivevano le balene. Nel 1965 a Gorgognano venne rinvenuto lo scheletro di una balenottera, oggi esposto al Museo Geologico Capellini di Bologna. Dal 2008 è possibile ammirare una riproduzione fedele della balena, testimonianza di un mare che prima di dissolversi ha scolpito in modo indelebile l’Appennino. Poco distante da qui sorge Querceto di Gorgognano, un luogo grazioso e placido dove si continua a vivere seguendo l’orologio quotidiano del sole, aspettando la luna giusta per la semina.
L’amore per la civiltà contadina ha trovato casa a Pianoro Nuovo, nel Museo di Arti e Mestieri Pietro Lazzarini, un antico fienile di fine ‘800 all’interno del quale gli oggetti dell’epoca provenienti dalla collezione di Pietro Lazzarini offrono una suggestiva lettura della vita quotidiana e lavorativa del territorio. A conferma dell’interesse per questi valori del passato, Pianoro Nuovo propone a Ferragosto l’antica fiera agricola, con mercati, esposizioni di attrezzi agricoli e dimostrazioni di antichi mestieri come quello della lavorazione della paglia. A pochi minuti da Pianoro Nuovo, salendo sulle colline ricamate da filari di vite, Riosto si svela con grazia. Un tempo appartenenti al feudo degli Ariosti, queste terre sono famose per la loro vocazione viticola. Nel ‘54 Gino Franceschini riscoprì questa centenaria tradizione, fondando il Podere Riosto, una delle aziende vinicole più conosciute dei colli bolognesi.