Nella catena appenninica sono stati condotti diversi studi sui Coleotteri di diverse famiglie, ma solo recentemente sono state descritte nuove specie dell’Appennino settentrionale
Di Guido Pedroni – Parco Regionale del Corno alle Scale
(pubblicato sul numero uscito nell’autunno 2013
È tornata la primavera, con il suo tepore, ma anche con i suoi bizzarri cambiamenti di clima; poi è arrivato anche l’estate e tutto sembra stabilizzarsi. Le fioriture da tempo hanno preso possesso dei campi e illuminano il verde con flash di vari colori e sfumatura. Gli animali che in inverno si rintanano hanno ripreso la loro vita normale, così come quelli che sanno resistere ai rigori invernali con maggiore efficacia e che trovano con sufficiente facilità il cibo necessario, senza ricorrere all’ibernazione, al letargo oppure alla migrazione stagionale. Anche i piccoli, o piccolissimi animali come gli insetti presentano le stesse strategie di vita.
Nell’Appennino settentrionale (Fig. 1) diverse di queste piccole presenze sono uniche, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Si tratta di piccoli coleotteri che abitano ecosistemi specifici dell’Appennino modenese e bolognese e che, alcuni di questi, sono stati descritti come specie nuove per la scienza solo in anni molto recenti.
Due di queste specie che vivono esclusivamente nell’Appennino settentrionale (specie endemiche) sono i coleotteri curculionidi Leiosoma apenninicola Hoffmann, 1961 e Leiosoma dardagnense Pedroni, 2012 (Fig. 2). La prima è una forma rinvenuta nei pressi del Monte Cimone (Parco del Frignano) (Fig. 3) all’inizio degli anni sessanta, mentre l’altra è stata rinvenuta due anni fa nell’Appennino bolognese e modenese; L. dardagnense prende il nome dalla Valle del Dardagna, valle di origine glaciale, nel comprensorio del Parco Reg.le del Corno alle Scale; la zona originaria di rinvenimento è la Piana della Calanchetta a 1700 m di quota (alta Val Dardagna) nel territorio protetto del Parco. Queste due specie misurano pochi millimetri, sono di colorazione tendente al nero e hanno una lucentezza da sericea a metallica; spesso frequentano specie diverse di Ranunculaeae, delle quali mangiano soprattutto le foglie e, in minor misura, i petali dei fiori.
Un’altra specie veramente interessante per le sue abitudini di vita è Tropiphorus fiorii Pedroni, 2006; è un piccolo e tozzo coleottero curculionide che vive a contatto con il suolo (lapidicolo) (Fig. 3), arrivando a frequentare la parte basale di alcune specie di cardi; è stato rinvenuto più di un secolo fa dal grande entomologo Andrea Fiori di Bologna nei pressi del Lago Santo modenese nell’alta Valle delle Tagliole, e descritto nuovo per la scienza solo nel 2006. E’ di colore marrone ed è lungo circa un centimetro.
Il coleottero elateride Anostirus colacurcioi Platia & Pedroni, 2010 (foto 4) è una specie strettamente endemica dell’alto Appennino bolognese, che, secondo le attuali conoscenze, ha un areale di distribuzione molto ristretto; in particolare è presente sui rari salici nella zona del circo glaciale del Cavone (Valle del Silenzio), dove è stato raccolto poco sotto la cima del Corno alle Scale a quota 1700 m (Fig. 5). Questo coleottero ha le elitre di un bel colore rosso-mattone con le antenne pettinate ed è lungo poco più di un centimetro. E’ probabile che si nutri delle foglie degli stessi salici.
Il coleottero colevide Bathysciola solarii aemiliana Jeannel, 1924 è un piccolo insetto che popola ambienti umidi; alcune specie di colevidi sono floricole, altre legate ad ambienti cavernicoli; questa specie nord-appenninica ha un areale ristretto alle province di Parma (Monte Marmagna e Valestra) e Lucca (Passo delle Radici presso Castelnuovo di Garfagnana).
Negli ambienti di alta quota, come in quelli della media montagna, ma anche negli ecosistemi del pede-Appennino possiamo trovare, oltre alle specie già nominate, diverse altre specie e sottospecie di coleotteri; anche i carabidi meritano di essere ricordati con diversi elementi specifici o sottospecifici endemici di una ben determinata area; fra tutte menziono Duvalius minozzii aspettatii Magrini, 1982, di habitat sotterranei terrestri, specie rinvenuta nella Grotta (o Tana) delle Fate presso il Lago di Pratignano (MO) (Fig. 6). La grotta si trova in un’area di grande bellezza, nella quale è inserito questo piccolo bacino pseudo-lacustre, sostanzialmente un ambiente di torbiera con particolarità botaniche importanti come Drosera rotundifolia Linneo, 1753, rarissima pianta insettivora. Una seconda interessante specie di carabide è Duvalius bianchii pupulus Busi & Rocca, 1983; è anch’esso una sottospecie che popola habitat sotterranei terrestri, i cui esemplari adulti sono stati a loro volta rinvenuti nell’Abisso di Madognana e nella Tana del Romitorio (Castelluccio) entrambi presso Porretta Terme. I Duvalius sono coleotteri carabidi molto interessanti per la loro ecologia, in quanto popolano ambienti fresco-umidi anche a quote molto elevate sulle Alpi, molto spesso cavernicoli, predatori di altri piccoli invertebrati.
Gli ambienti di alta quota dell’Appennino settentrionale solo negli ultimi anni sono stati oggetto di ricerche abbastanza continue nel campo dell’entomologia, anche se nella storia troviamo illustri entomologi, professori universitari, che hanno prodotto notevoli contributi per la conoscenza dell’entomofauna in tutta Italia, come il prof. Andrea Fiori, il prof Guido Grandi e il prof. Guido Campedelli, per citarne alcuni.
Sono auspicabili campagne di ricerca e controllo per monitorare, soprattutto nell’alto Appennino settentrionale, le popolazioni di quegli insetti, tra cui i coleotteri, che risultano particolarmente interessanti per aspetti ecologici e biogeografici o addirittura endemiche, con un areale di distribuzione più e meno ristretto, e, almeno per ora, uniche al mondo. Pianificare la protezione di queste specie avrà grande importanza per la loro conservazione.