La fattoria delle tartarughe

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La storia del Centro Emys che da circa 20 anni nell’area di riequilibrio ecologico La Bora di San Giovanni in Persiceto alleva testuggini palustri, una specie autoctona in pericolo estinzione

Linda Cavicchi

Quando, una ventina di anni or sono, ci portarono una tartaruga d’acqua che aveva il guscio (si chiamerebbe “carapace”) con una crepa “ricucita” con del filo di ferro, ci chiedemmo cosa ne avremmo fatto. Proveniva dal Centro Recupero Animali Selvatici di Bologna: era stata investita da un’auto. Un bravo veterinario le aveva ricomposto la frattura, stava bene, ma un suo rilascio in natura l’avrebbe esposta a rischi notevoli di sopravvivenza. Andava gestita. Come andavano gestite altre tartarughe palustri ristabilitesi dopo le cure del CRAS della LIPU, alcune con un arto amputato durante lo sfalcio di un canale, altre ancora vittime di schiacciamenti lungo le strade. Che farne?

Iniziammo, presso l’area di riequilibrio ecologico “La Bora” a San Giovanni in Persiceto, a escavare piccole pozze d’acqua circondate con un recinto che includesse anche un po’ di terreno circostante per dare a quelle tartarughe (da adesso in poi le chiameremo, più correttamente, testuggini) un luogo in cui permanere in condizioni semi-naturali, sotto controllo ma con un po’ di libertà. Ben curate e nutrite, “fecero amicizia” tra loro al punto che le vedemmo accoppiarsi: a quel punto, scoccò l’idea di dare vita a un piccolo centro in cui le testuggini palustri recuperate potessero comunque riprodursi, per poter così disporre di nuovi nati che avremmo cercato di facilitare nella crescita, con l’obiettivo finale di liberarli (loro sì…) in natura. Perché la testuggine palustre europea (nome scientifico Emys orbicularis) sta purtroppo rarefacendosi sempre più ed è a rischio di estinzione.

La cosa funzionò ulteriormente, era impegnativa, ma iniziarono a nascere alcune decine di piccole testuggini palustri. Per fare le cose a dovere, ci preoccupammo di fare caratterizzare geneticamente il gruppo di individui riproduttori, per evitare che, non conoscendo la loro provenienza, si mescolassero eventualmente delle sottospecie esistenti in Italia. Con il supporto di una brava veterinaria, prelevammo campioni di sangue da tutti gli adulti e li mandammo ad un laboratorio specializzato dell’Università di Firenze che ci restituì la sicurezza di avere a che fare, nella maggior parte dei casi, con testuggini con il genotipo corretto. Gli esemplari che risultarono “non in regola”, vennero tenuti separati, mentre le altre, una trentina ormai, furono distribuite in una serie di nuove vasche recintate, provviste di punti con terreno adatto alla deposizione delle uova e coperte con un’ampia rete anti-predazione.

Tutta l’attività ricevette un’autorizzazione da parte dell’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Orientale, allora competente per la cosiddetta Fauna Minore. Mettemmo via via a punto una procedura di allevamento delle testuggini palustri, arrivando a poter disporre mediamente di 50 nuovi nati tutti gli anni. La parte più delicata si rivelò l’allevamento indoor dei neonati durante il primo inverno, perché si trattava di allevarli in teche e con illuminazione e temperature controllate. Funzionò tutto bene, arrivammo ben presto ad avere decine di giovani di almeno 3-4 anni di età e con un diametro del carapace di almeno una decina di centimetri, che potevano dunque essere liberate.

Nel 2013, il centro di allevamento delle testuggini palustri diventò una delle attività collegate alla convenzione per la Gestione Integrata delle Aree Protette della Pianura (GIAPP) e ancora oggi è al servizio dei venticinque Comuni sottoscrittori che stanno provando di gestire, da qualche anno con il supporto della Regione, le aree verdi della pianura bolognese, modenese e ferrarese in modo coordinato. Una prima liberazione dei nuovi nati ha avuto luogo nel 2014 presso l’area protetta “Vasche ex-Zuccherificio” di Crevalcore, risultata idonea ad ospitare questa specie.

L’attività di quella che sembra ormai diventata una attrezzata “fattoria delle tartarughe”, con 17 vasche e recinti e un piccolo laboratorio per l’allevamento invernale, si presenta oggi ben consolidata e costituisce una delle poche esperienze funzionanti a livello nazionale. Le nuove nate nel 2022 sono state 65 e godono tuttora di buona salute. Inoltre, sono ormai pronte quasi 200 altre giovani testuggini palustri. Anche per queste ragioni, quest’anno, si sta perfezionando la partecipazione del Centro Emys del GIAPP all’interno di un progetto finanziato dall’Unione Europea, denominato LIFE “URCA PRO EMYS”, per la gestione nazionale della testuggine palustre nei prossimi cinque anni.

La testuggine palustre rappresenta una “specie ombrello” per la conservazione della biodiversità: tutelando questa specie e il suo habitat si tutelano anche molte altre specie animali e vegetali, tipici della nostra pianura e, purtroppo, quasi sempre in declino o già minacciate di estinzione. La visita del backstage della “fattoria delle tartarughe” della “Bora” risulta peraltro di interesse per appassionati e, da qualche anno, per i turisti, anche portati dall’azione di promozione territoriale di eXtraBO e dai tour organizzati nell’ambito del progetto e al fatto di trovarsi proprio sul tracciato della Ciclovia del Sole. Sono già diversi i gruppi di turisti che partecipano alla visita del centro, come, da poco, un folto gruppo di cicloturisti tedeschi. Infine, è bello ricordare che molte studentesse hanno svolto il loro tirocinio curriculare presso il Centro Emys per testi di laurea e dottorati di ricerca. E allora, viva la testuggine palustre.

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