Le imprese di Don Bergamaschi, il prete scalatore che nel quarantesimo del suo sacerdozio celebrò messa in cima al K2. La lunga amicizia con lo sfortunato Nannuzzi, vigile del fuoco morto durante la spedizione sullo Tserim Kang
di Giuliano Musi
Foto Archivio Luca e a Lamberto Bertozzi
Per chi non conosce a fondo la storia di Bologna è quasi impossibile pensare che la città delle Due Torri abbia confermato in pieno la sua grandezza e unicità anche nel campo dell’alpinismo. Da sempre punto di riferimento della pianura padana, è molto più facile immaginarla attorniata da paludi e terreni umidi, come la trovarono i Romani che li bonificarono, piuttosto che da cime elevate. I “picchi cittadini” più vicini alle mura sono infatti l’Osservanza, il Colle della Guardia (o di San Luca) e San Michele in Bosco. Gli appassionati dei grandi panorami però possono soddisfare il loro piacere di osservazione naturalistica raggiungendo, in una giornata limpida ovviamente, la balconata delle Due Torri da cui si ammira lo spettacolo delle Prealpi venete spesso innevate. Se ci si spinge in cima al Colle della Guardia si ha uno spettacolo altrettanto appagante per gli occhi che possono spingersi fino in cima al Corno alle Scale od al Cimone che superano i 2000 metri di altezza.
Questi traguardi ovviamente non sono bastati ad appassionati bolognesi di montagna che hanno raggiunto più volte vette inviolate dell’Himalaya tra Nepal e Buthan che vanno addirittura oltre gli 8000 metri.
Il primo a farsi conoscere tanto da intitolargli, dopo la sua scomparsa, la sezione bolognese del Club Alpino Italiano è stato Mario Fantin che ha filmato magistralmente la scalata al K2 di Lacedelli e Compagnoni. Dopo di lui, un asso delle spedizioni bolognesi in alta quota è stato don Arturo Bergamaschi che ne ha programmate e portate a conclusione oltre 50 in tutto il mondo tra Himalaya, Ande e in Africa sulla catena dell’Atlante. Punta di diamante delle spedizioni di don Bergamaschi nelle sfide agli 8000 è stato Tiziano Nannuzzi, vigile del fuoco e scalatore ai massimi livelli internazionali, che ha toccato la cima di picchi mai raggiunti prima e che in queste imprese ha anche dato la vita. Tra i più motivati ed esperti collaboratori di don bergamaschi figura Stefano Sighinolfi che ha partecipato a numerose spedizioni ed è stato grande amico di Nannuzzi che era anche collega nel Corpo dei Vigili del Fuoco di Bologna.
DON ARTURO BERGAMASCHI
Nato a Savignano sul Panaro, in provincia di Modena l’8 novembre 1928, si è laureato all’Università di Bologna in Matematica e Fisica. È stato insegnante di Matematica e Fisica prima al Seminario Regionale di Bologna e poi al Liceo Classico San Luigi di Bologna, ed infine, dal 1975 al 1995 al Liceo Scientifico e Linguistico Malpighi di Bologna. Sacerdote da oltre 50 anni, Don Luigi Bergamaschi ha vissuto una vita molto intensa. Assieme all’insegnamento, ha portato avanti l’attività pastorale con passione. Ma per tantissime persone, don Arturo Bergamaschi è soprattutto il “prete scalatore”, famoso per le sue grandi imprese compiute sulle cime più alte del mondo. Dal 1970 ha organizzato e guidato spedizioni alpinistiche e scientifiche in ogni parte del mondo. Celebre quella del 1983, scalando in Pakistan tre cime di oltre 7500 metri, due delle quali non erano mai state violate. Nel ’94, in occasione del 40° anniversario della scalata dal K2, la sua spedizione aprì una nuova via su questa montagna, la seconda del mondo per altezza; e il 29 giugno, nel 40° anniversario del suo sacerdozio, celebrò proprio sul K2 la Messa nella “cattedrale” naturale più fantastica che si potesse desiderare!». A chi gli chiede: “Perché tanta passione per la montagna?” Don Bergamaschi risponde sicuro: «In montagna si incontra Dio – Perché attraverso la fatica fisica, si giunge a quella gioia, a quella pace spirituale, che, come dice la Bibbia, è il “luogo” dove il Signore ci parla».
Negli ultimi anni si è dedicato al trekking d’alta quota (gli ultimi in Tagikistan, Nepal,Tibet, Ladakh). Nel 2011 ha affrontato un’avventura tra deserti e lagune salate di Cile e Bolivia. Questa sua intensissima attività sportiva gli è valso anche il titolo di ambasciatore dello sport. Il riconoscimento gli è stato consegnato da Davide Gubellini, presidente della sezione bolognese della Unione Nazionale Veterani dello Sport intitolata ad Ondina Valla.
I grandi successi di don Bergamaschi sono stati centrati anche grazie alle doti di scalatore di Tiziano Nannuzzi, vigile del fuoco, fotografo e scalatore di 8000 in tutto il mondo che ha materialmente portato il gagliardetto di Bologna e delle varie spedizioni in vetta ai tetti del mondo intero.
TIZIANO NANNUZZI
Tiziano Nannuzzi era nato a Sasso Marconi il 10 settembre 1953. Fino al 1974 non ha contatti col Corpo dei Vigili del Fuoco. La scintilla scatta quando decide di svolgere il servizio militare come ausiliario. Ragazzo molto serio ed efficiente, dotato di ottime qualità, desta un’ottima impressione nei colleghi soprattutto negli interventi in grotta e in parete grazie all’esperienza accumulata come scalatore. Così quando nel 1978 riesce a superare il concorso nazionale tutti sono felici di riaverlo in caserma come vigile permanente.
Inizia a svolgere regolare servizio ma in contemporanea, con altri colleghi appassionati di speleologia e alpinismo (Luciano Zappoli, Erio Veronesi, Claudio Desenti, Luciano Cottin, Orlando Zanoli), costituisce di fatto il primo SAF di Bologna, che avrà riconoscimento ufficiale solo negli anni 80 proprio grazie alla passione ed alla professionalità di questi pionieri. La passione di Nannuzzi per la montagna contagia molti colleghi così a Bologna nasce spontaneamente un nucleo di Vigili del Fuoco alpinisti che un contatto fortuito proietta all’improvviso nel mondo delle grandi scalate. Nel febbraio 1983, nell’ambito di una Fiera in cui il Corpo è presente con uno stand, avviene l’incontro decisivo con Monsignor Bergamaschi. “Monsignor 8000” arruola immediatamente tutti nel suo gruppo per la spedizione che ha in animo di fare in Pakistan. Nannuzzi è già molto conosciuto e stimato nell’ambiente degli scalatori così attorno a lui si cementa un nucleo di fedelissimi che nel 1983 per la prima volta vola ai piedi del massiccio montuoso del Karakorum dove scala il Disteghil Sar Sud, vetta di 7450 metri. L’anno seguente si va in Buthan per salire sullo Tserim Kang, una delle cime di oltre 7 mila metri, dove Nannuzzi vuole piantare la piccozza con il gagliardetto del 14° Corpo di Bologna. Le condizioni meteo però sono sempre proibitive e non consentono l’assalto finale alla vetta così dopo quasi un mese di attesa si decide di rinunciare. In bottino ci sono già molti esperimenti scientifici e alcune vette minori a cui è stata tolta l’inviolabilità.
A Nannuzzi, col compagno di cordata il trentino Giorgio Corradini (grande scalatore di Cles in Val di Non) è affidato il compito di smantellare il campo più alto posizionato ad oltre 6000 metri di quota. Mentre stanno ultimando il lavoro un improvviso squarcio di bel tempo li convince che si può tentare l’impresa. Attaccano la vetta senza esitazioni ma all’improvviso la montagna li ingoia. Il cedimento di una cornice li risucchia e li fa precipitare per 700 metri nel ghiacciaio sottostante. Da quel giorno i loro corpi sono lassù in attesa che qualche appassionato riesca a rintracciarli ed a riportarli a casa.
Finora i tentativi effettuati da Stefano Sighinolfi, grande amico di Nannuzzi e collega nel Corpo di Bologna, sono risultati vani. Grandissimo amico di Nannuzzi, dopo la sua tragica scomparsa Sighinolfi ha tentato più volte di strapparlo (purtroppo senza riuscirci) al ghiacciaio e riportarlo a Sasso Marconi dove era nato è cresciuto e dove gli è stata intitolata la palestra comunale. Nato nel 1949, Sighinolfi dopo l’incontro con Don Bergamaschi è diventato uno dei suoi collaboratori più fidati ed in questa veste ha partecipato ad 8 spedizioni alpinistiche sull’Himalaya.