Scaricalasino divideva la Toscana dallo Stato Pontificio oggi è terra di confine tra il Nord e su Italia, la vocazione commerciale di Monghidoro resiste immutata da quasi cinque secoli
di Giada Pagani
(articolo pubblicato nel numero uscito nell’estate 2017)
Monghidoro è un comune di confine dell’Appennino bolognese a metà strada tra Bologna e Firenze, che non ha mai staccato il contatto con le sue radici. Dalla metà del 1200 fino agli inizi del 1900 prese il nome di Scaricalasino. Un “soprannome” che oggi evoca il ruolo di stazione di sosta e di scarico merci che ebbe in quei secoli, a controllo del Passo della Raticosa (Fi), in prossimità del quale era presente la dogana tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Il suo territorio è punteggiato da numerosi borghi di grande bellezza, tra i quali spiccano Sant’Andrea di Savena, Valgattara, Vergiano, Piamaggio e diversi santuari come quello di Madonna dei Boschi, di Campeggio e di Lognola. Un altro importante Santuario a soli 5 minuti da Monghidoro è quello di S. Lorenzo dedicato alla Madonna di Pompei, attorno al quale ruota la storia di Piamaggio, un borgo talmente vitale da poter essere definito il secondo centro del comune.
Nel borgo, da cui si diramano un paio di vie verso l’Alpe di Monghidoro e un altro paio che conducono alla valle del Savena, si trovano un paio di osterie e un bar aperti tutto l’anno, mentre sulla SP 60 si trova il grazioso Museo della civiltà contadina. Proseguendo in direzione S. Benedetto Val di Sambro e seguendo le indicazioni per “Villa di Mezzo” in 5 minuti si giunge al Mulino Mazzone. Costruito intorno al 1700, questo antico gioiello di pietra immerso nella vegetazione è l’unico opificio della valle del Savena ancora funzionante ed è una meta affascinante per riscoprire i segreti e la tradizione della nostra montagna. Oggi è Damiano Gamberini, il pronipote dell’ultimo mugnaio a gestire il macinatoio insieme alle zie Maria, Gabriella e Chiara Sazzini, titolari dello storico Forno di Piamaggio. Dal 1968 producono pane: è come se un filo rosso tenesse unita la storia della loro famiglia.
Da Piamaggio è possibile raggiungere l’Alpe di Monghidoro. Un paradiso per escursionisti e appassionati di mountain bike, di trekking e di ciaspolate invernali, nel quale sorge l’Osteria del Fantorno, una splendida baita a 1000 m. di altezza, gestita da Franco Panzacchi che negli anni ’70 curò la prima carta dei sentieri e dei luoghi storici dell’Alpe, come i prati dove poter fare pic-nic, conosciuti per i loro nomi fantasiosi, come il prato d’la Radeccia, del Gallo o quello della Polenta. Raggiungendo la vetta del monte Oggioli (1.290 m.) si può ammirare uno scenario alpino ricco di sorgenti, dove giovani e meno giovani possono immergersi nella bellezza di queste foreste, salvaguardate da più di 50 anni dall’associazione Oltr’Alpe. Feste campestri e camminate vengono organizzate per tutto l’anno lungo i sentieri che conducono fino alla Croce dell’Alpe, eretta nel ‘62 sulla vetta più alta, a sostituzione di quella in legno, risalente al 1900. A poche centinaia di metri dal Fantorno sorge il Triton’s Park, un parco acrobatico in cui grandi e piccini ogni estate possono assaporano una delle avventure più belle: arrampicarsi sugli alberi attraverso 7 percorsi con diversi gradi di difficoltà, spostandosi da una pianta all’altra in totale sicurezza (per info: 3478569160). Un appuntamento imperdibile è il concerto di Ferragosto del Coro Scaricalasino, uno dei più famosi e longevi dell’Appennino, nello splendido Chiostro degli Olivetani, nascosto tra gli antichi palazzi del capoluogo. Nel 1592 Papa Clemente VIII concesse all’abate del monastero degli Olivetani l’istituzione dell’annuale fiera di S. Michele e quella del mercato settimanale. Da allora Monghidoro è divenuto sinonimo di commercio. Ogni giovedì mattina per le vie del paese si tiene il mercato di Monghidoro, mentre le due grandi fiere dedicate a S. Pietro e Paolo e a S. Michele si svolgono rispettivamente l’ultima domenica di giugno e l’ultima domenica di settembre.
Dal 2000 anche i mercatini del venerdì, in scena da giugno a settembre, tingono di spettacolarità le serate di Monghidoro. Da non perdere la prima domenica di marzo la consueta Festa del Maiale, fiore all’occhiello dell’enogastronomia montanara, che dà la possibilità a migliaia di persone di assaggiare carni freschissime, ammirando le antiche lavorazioni della tradizione montanara, ormai quasi sconosciute.