La nascita dello Sferisterio: quando milordini e spometi litigavano per Ziotti

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L’epopea del gioco del pallone col bracciale si sovrappone a quella del più antico impianto sportivo della città fatto costruire dall’amministrazione comunale  nel 1820 convinta dal crescente interesse per  “Il giuoco classico degli italiani” apprezzato anche da Leopardi

di Claudio Evangelisti

(articolo pubblicato nel numero uscito nella primavera 2017)

Gli storici del Rinascimento che percorrevano l’Italia fino a raggiungere Roma, definirono il gioco del pallone (col bracciale) come: “Il giuoco classico degli italiani”. Da esso derivano tutti gli antichi giochi italiani. Vero e proprio sport nazionale nell’Ottocento, insieme al melodramma, fu simbolo e modello culturale della borghesia risorgimentale italiana.

Sferisterio bolognese

A Bologna i giocatori di pallone col bracciale, soprattutto contro le compagine toscane, davano vita a partite che attiravano fino a 5 mila spettatori e i migliori giocatori diventarono beniamini del pubblico, notissimi anche fuori città al punto che Giacomo Leopardi dedicò l’ode “A un vincitore nel pallone”, al campione Carlo Didimi. Nel 1820, l’Amministrazione comunale cittadina visto il crescente entusiasmo per questo sport e onde frenare gli inconvenienti all’ordine pubblico, venne indotta a creare un’apposita arena. Di fianco al parco della Montagnola, sulle rovine della chiesa di San Giovanni Decollato, chiamata anche “Chiesa della Giustizia” (in quel luogo si eseguivano le sentenze capitali) iniziò la costruzione di un edificio all’aperto adibito al “Giuoco del Pallone”. Fu realizzato su progetto dell’architetto Giuseppe Tubertini a spese della popolazione, tramite l’azionariato popolare. L’edificio restava di proprietà comunale mentre i profitti sarebbero andati al miglioramento del gioco ed all’annesso Pubblico Giardino della Montagnola. Nasce così l’impianto dello Sferisterio, un arena priva di copertura dotata di gradinate e due gallerie per il pubblico. L’impianto che mostrava all’esterno 15 campate, era lungo 97 metri e largo 17.

La Prima dello Sferisterio

Celebri beniamini Banchini e Ziotti

Il 15 marzo 1821 sotto la pioggia venne inaugurato il campo di gioco, con la prima partita di pallone col bracciale. Celeberrimi campioni di questo sport furono Bruno Banchini e Giovanni Ziotti che favorirono la partecipazione di grandi folle e di scommettitori. Sul muro dello sferisterio bolognese nella loggia di rimessa (dalla parte dell’attuale via Irnerio) resistono ancora alcune lapidi per ricordare l’altezza delle loro spettacolari “volate”. In una si leggeva: “A Giovanni Ziotti  giocatore di spalla valentissimo degno di perpetua memoria il pubblico pose 8 ottobre 1883”.

 

la lapide per Ziotti

Di questo Ziotti, “artista dell’anima”, si ricordavano le innovazioni tecniche e le invenzioni stilistiche: era famoso anche per riuscire a ribattere il pallone portando il bracciale dietro alla schiena e sbalordiva gli spettatori per la sua precisione. Era capace di colpire in pieno con il pallone un tamburello posto a terra nel campo opposto, così come riusciva a prevedere dove sarebbe caduta la sfera. Nel 1880 si creò un acceso dualismo per  questi due fantasisti. Il rione popolare del Pratello schierato per Banchini accusava i tifosi di Ziotti, del più altolocato quartiere di San Pietro, di puzzare di aristocratico. Da cui l’epiteto milurdein (piccoli milord) che gli ziottisti contraccambiavano col nomignolo di spometi . In questi due  rioni, per la verità già malfamati, si accesero violente risse, cortei per strada e cori che animarono le estati bolognesi. Successivamente, negli anni dopo la prima guerra mondiale, si distinse il romano Balilla (Magri di cognome) atleta dalla bellezza virile e dallo stile distinto, il balzo fulmineo e l’agilità del leopardo. Insieme a Fausto Riccioni e al bolognese Enrico Collina formarono la triade che venne soprannominata “dei tre Moschettieri”. Nel 1923 Collina non solo volò il campo di gioco ma passò addirittura con la palla al di sopra della galleria di fronte superando così la volata famosa di Ziotti e Banchini.

Nel 1946, in occasione del Campionato Nazionale, si gioca l’ultima partita del Gioco del Pallone col bracciale. Col nuovo secolo, l’avvento del calcio inglese decretò la crisi irreversibile dei tradizionali giochi col pallone.

Nel 1955 l’antico campo dello Sferisterio viene coperto per essere utilizzato come padiglione dell’Ente Fiera di Bologna. In seguito sarà suddiviso in tre settori per la pratica della pallacanestro, della pallavolo e del pattinaggio a rotelle. Nel 1975 Luigi De Montis del Club Atletico Bologna vinse il titolo assoluto di lotta greco romana, mentre attualmente lo Sferisterio è diventata la sede del tradizionale Santo Stefano pugilistico.

il colonnato con le indicazioni delle “volte” più alte

Dal settembre 2014, l’AICS di Bologna, ha in gestione l’impianto sportivo più antico di Bologna, intitolato a Achille Baratti grande dirigente sportivo bolognese. Il 28 gennaio 2017 in concomitanza con Arte Fiera, alla presenza della presidente di quartiere e per merito del responsabile AICS Bologna, Serafino D’Onofrio, il giocatore di pallone è stato riportato in vita. Grazie agli artisti Raffaele Posulu e Federico Herrmann è stato realizzato un grande murale proprio sulla porta che si affaccia in via Irnerio, nel quale vengono  raffigurati i gesti atletici del giocatore di pallone. Per l’occasione, con il prezioso contributo dello storico Marco Poli, è stato pubblicato: Sferisterio una lunga storia di sport a Bologna. Disponibile presso l’AICS  e nelle biblioteche cittadine.

 

Il pallone col bracciale
Nato come gioco di corte nel ‘400, si giocava anche al palazzo del Podestà, ebbe nell’800 il periodo di massima popolarità.

il bracciale

Questo sport, che assomiglia alla pelota basca e le cui regole sono simili a quelle del tennis (del quale è stato probabilmente progenitore), vede contrapposte due squadre di tre giocatori e consiste nel rimandare al volo, o dopo il primo balzo, il pallone in campo avversario, usando il bracciale (un manicotto di legno di sorbo, irto di spunzoni, nel quale i giocatori infilavano la mano) anziché la racchetta. I giocatori, chiamati, a seconda del ruolo, battitore, spalla e terzino, sono affiancati da un quarto, il mandarino, che ha l’unico importantissimo compito di lanciare (mandare, da qui il nome) il pallone al battitore al momento della messa in gioco. Tra le numerose caratteristiche tecniche che contraddistinguono il gioco del bracciale va ricordata la “volata” che consiste nella conquista del punto spingendo la palla, fuori campo, alle spalle dei giocatori avversari e la possibilità di utilizzare come appoggio il muro laterale che fa parte integrante del gioco in quanto su di esso la palla può regolarmente rimbalzare. Oltre a Giacomo Leopardi si ispirò a queste genuine espressioni atletiche anche Edmondo de Amicis che nel romanzo “ Gli azzurri e i rossi” paragonò le vittorie dei campioni italiani a quelle del grande Napoleone.

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