In regione sono stati individuati 72 habitat, un centinaio di specie vegetali, e circa duecento specie animali tra invertebrati, pesci, anfibi, rettili, mammiferi e uccelli di interesse europeo.
di Monica Palazzini – Servizio Parchi Regione E-R
(articolo pubblicato nel numero uscito nell’inverno 2016)
La nostra conoscenza della terra è ancora piuttosto limitata, come afferma il biologo statunitense Edward O. Wilson, identificato a livello internazionale come il padre della biodiversità. Ad oggi gli scienziati hanno scoperto circa un milione e 800.000 specie di animali, piante, funghi, microorganismi e batteri. Si ipotizza che le specie complessive possano essere da 3,6 fino a 100 milioni, ma la maggior parte degli studiosi stima che la ricchezza biologica mondiale si aggiri sui 10 milioni di specie. C’è quindi un grande divario tra quanto conosciamo già e le diverse forme con cui la natura si manifesta. Questo è tanto più vero per gli oceani, per il sottosuolo e per i paesi molto più ricchi di naturalità e meno esplorati del nostro. Tuttavia, perfino in Italia, le conoscenze sulla diversità biologica sono lungi dall’essere esaustive ed è possibile continuare a scoprire nuove presenze o addirittura nuove specie per la scienza.
Conoscere la biodiversità è riconosciuto come il primo passo per farsi carico della sua conservazione, e noi quanto conosciamo la diversità biologica della nostra regione?
Anche se la ricerca degli ultimi decenni ci ha regalato vere e proprie scoperte, come la conferma della presenza di specie rare ed elusive quali il gatto selvatico, la martora, il picchio nero nel parco nazionale delle Foreste Casentinesi o la descrizione di nuove specie di piante, endemiche per il nostro territorio, c’è sicuramente ancora molto da scoprire! Un decisivo impulso ad aggiornare ed approfondire la conoscenza della biodiversità è giunto dall’Unione Europea che, a partire da 1979, attraverso la Direttiva 409, denominata “Uccelli”, e successivamente nel 1992, con la Direttiva 43 denominata “Habitat”, ha dato avvio all’istituzione e alla corretta gestione di una rete di siti significativi per la conservazione della diversità biologica negli stati membri: la Rete Natura 2000.
Per individuare tali siti si è iniziato col suddividere il continente europeo in macroregioni biogeografiche (l’Italia ricade nelle regioni alpina, continentale e mediterranea, mentre l’Emilia-Romagna è inserita interamente in quella continentale), dopodiché sono state individuate, per ogni regione biogeografica, le specie animali e vegetali meritevoli di tutela, in quanto rare o in declino in Europa e sono stati definiti gli habitat di interesse comunitario.
Successivamente gli Stati e le Regioni hanno individuato sul loro territorio le aree con una concentrazione elevata di tali specie e habitat e li hanno classificati come SIC (Siti di Importanza Comunitaria che hanno come obiettivo primario la tutela di tutte le altre specie animali e vegetali e degli habitat) e come ZPS (Zone di Protezione Speciale dedicate alla conservazione dell’avifauna).
In Emilia-Romagna i siti di Rete Natura 2000 coincidono per circa il 50% con le Aree protette (Parchi nazionali, interregionali e regionali e le Riserve naturali) e insieme occupano circa il 15% dell’intero territorio regionale.
La distribuzione dei siti Natura 2000 in regione è abbastanza omogenea: vi sono siti che tutelano le praterie di crinale, i boschi dell’Appennino, i torrenti di collina, le lagune del delta del Po, le dune costiere, e perfino porzioni di mare, con l’unico sito marino, il Paguro, costituito dal relitto della piattaforma di trivellazione per l’estrazione del metano, affondata al largo di Marina di Ravenna. I siti interessano anche altre tipologie di ambienti che, seppure di dimensioni modeste, ospitano specie animali e vegetali rare e o minacciate come ad esempio: torbiere, salse, rupi, forre, doline, grotte.
In regione il medio e alto Appennino, ricco di foreste e praterie riveste uniformemente un elevato interesse naturalistico, all’opposto la pianura, profondamente manomessa, presenta pochi e ridotti ambienti naturali superstiti, localizzati soprattutto lungo l’asta del Po o, rari e isolati, lungo la fascia costiera. Anche gli ambienti seminaturali, come ad esempio pascoli, prati stabili, siepi, zone umide, mantenuti tali proprio grazie alla costante attività di gestione da parte dell’uomo, concorrono a fornire le condizioni per la sopravvivenza e la diffusione di specie animali e vegetali.
L’Emilia-Romagna ospita un ricco patrimonio di biodiversità grazie ad una serie di fattori favorevoli: la particolare collocazione geografica, di transizione tra la regione biogeografica mediterranea, calda e arida, e quella alpina, fresca e umida, un territorio vario e articolato che si estende dal mare adriatico ai 2.000 metri del crinale appenninico e, non da ultimo, la presenza del basso corso del principale fiume italiano, il Po. Dal punto di vista dell’interesse europeo, sono stati individuati finora 72 habitat, un centinaio di specie vegetali, e circa duecento specie animali tra invertebrati, pesci, anfibi, rettili, mammiferi e uccelli.
La nostra regione ha una particolare responsabilità nella conservazione di alcuni specifici habitat, quello dei fanghi salati, le cosiddette “salse”, presenti in Italia solo in due siti regionali, di cui uno è quello della Riserva naturale delle Salse di Nirano e l’habitat delle “dune grigie”, a livello nazionale rinvenibile solo lungo il litorale alto adriatico. Passando alla flora, quella emiliano-romagnola riveste un ruolo centrale nel panorama italiano, sia da un punto di vista quantitativo, delle oltre 7.600 tra specie e sottospecie che costituiscono la flora vascolare italiana, quasi uno su due sono presenti sul territorio regionale, che per la presenza di endemismi, di specie relittuali ed alcune esclusive peculiarità.
Le piante di interesse europeo, considerate rarità assolute, presenti in Emilia-Romagna sono una trentina, compresi licheni, alghe e muschi. Tre sono le specie prioritarie: la Primula apennina, di colore rosa, confinata nelle fessure delle rupi più impervie dell’Appennino parmense e reggiano, la Salicornia veneta, pianta pioniera dei fanghi salati, presente solo in poche stazioni del Delta del Po ed inoltre, Klasea lycopifolia, un’asteracea dei prati montani. La Regione Emilia-Romagna, prima ancora dell’emanazione delle specifiche Direttive europee, aveva emanato norme per la salvaguardia della flora spontanea attraverso la Legge Regionale n. 2 del 1977 “Provvedimenti per la salvaguardia della flora regionale – Istituzione di un fondo regionale per la conservazione della natura – Disciplina della raccolta dei prodotti del sottobosco”. La fauna emiliano-romagnola è rappresentata da oltre 200 specie animali di interesse comunitario, tra cui 80 uccelli, a testimonianza dell’importanza di una regione attraversata dalle principali rotte migratrici dell’avifauna europea.
Le specie faunistiche di interesse europeo prioritario attualmente segnalate nel territorio regionale sono sette: lo storione, pesce che dal mare migra nelle acque dolci per riprodursi, divenuto rarissimo per le alterazioni che hanno subito gli ambienti fluviali del bacino padano; la Rosalia alpina, coleottero cerambicide localizzato in alcune faggete appenniniche ricche di alberi vetusti; lo scarabeo Osmoderma eremita, che si nutre di legno morto di latifoglie allo stato di larva, l’inconfondibile e colorata falena dell’edera Callimorpha quadripunctaria; la testuggine di mare Caretta caretta, che sverna e si alimenta in questa parte di adriatico; il rospo con abitudini notturne Pelobate fosco, presente solamente nel Parco del Delta del Po ed infine il lupo, il predatore per eccellenza che si sposta tra la collina e il crinale appenninico.
Alcune di queste specie fanno parte anche della cosiddetta “fauna minore”, protetta anche da una legge regionale nata nel 2006 per favorire tutte le specie di anfibi, rettili e chirotteri che vivono sul territorio regionale, ma anche piccoli mammiferi, pesci e insetti: animali di solito poco considerati, ma indispensabili per il funzionamento dei sistemi naturali. Il sistema delle aree protette e dei siti della Rete Natura 2000, così come l’emanazione di specifiche leggi per la tutela della flora e della fauna, sono quindi i principali strumenti della nostra regione per concorrere al raggiungimento di quello che un obiettivo europeo: arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020 ed entro il 2050 assicurare la protezione e il ripristino della biodiversità europea con i servizi ecosistemici ad essa connessi. Anche nella nostra regione la principale minaccia alla conservazione della biodiversità è rappresentata soprattutto dalla distruzione, trasformazione e frammentazione degli habitat, causata all’elevato consumo di suolo e di risorse naturali in generale. L’impegno delle istituzioni può essere potenziato se anche ciascuno di noi si impegna a fare qualcosa: tutti abbiamo la possibilità e la responsabilità di contribuire a salvaguardare la biodiversità apportando piccoli cambiamenti alle nostre abitudini quotidiane. Questi cambiamenti hanno un peso davvero grande!