IL PARCO DI MONTEVEGLIO

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IL medioevo nel cuore della Val Samoggia

Il castello, l’abbazia e i palazzi signorili immersi in 900 ettari di colline, vitigni e campi coltivati

Il Parco Regionale dell’Abbazia si estende per circa 900 ettari sui primi rilievi collinari che si innalzano alle spalle di Monteveglio, alla sinistra dei torrenti Samoggia e Ghiaia di Serravalle, nel cuore della Valle del Samoggia.
Il territorio del parco si caratterizza nel suo complesso per la gradevolezza e la varietà del paesaggio, in larga parte frutto di pratiche agricole che si sono tramandate per secoli sui versanti più dolci, e per la presenza di pronunciati rilievi come il colle su cui sorge l’abbazia e i monti Freddo, Gennaro e Morello, tra i quali si approfondisce la bella Vallecola del Rio Ramato, cuore naturalistico dell’area protetta. La tradizionale trama di coltivi, siepi e macchie boschive della collina è a tratti interrotta da estesi affioramenti rocciosi che inaspriscono il paesaggio e lo rendono ancora più composito e suggestivo. Buona parte del Parco è infatti occupata da calanchi, dove sono messe a nudo antichissime rocce argillose, preziose aree di rifugio per la fauna che, assieme all’appartata Vallecola, rappresentano i luoghi di maggiore pregio naturalistico del Parco. Accanto a questi ambienti più naturali il territorio si arricchisce di numerosi elementi storici, tra i quali spiccano i resti del castello di matildica memoria e il complesso religioso dell’abbazia di Santa Maria, ma interessanti sono anche i bei palazzi signorili, gli oratori e i vecchi nuclei rurali circondati da campi e vigneti che contribuiscono a comporre un paesaggio agrario armonioso ed esemplare. Nel disegno dei campi che segnano le ondulazioni dei versanti spicca la coltivazione della vite, ancora di grande rilievo nella zona, che oggi produce vini di qualità ottenuti con tecniche improntate al rispetto dell’ambiente.


Un castello nel feudo dei Canossa

L’insediamento sulla sommità del colle di Monteveglio ha origini remote. Nel vicino Monte Morello, verso la fine dell’Ottocento, venne alla luce un grande sepolcreto di epoca etrusca e reperti di epoca preistorica, etrusca e romana provenienti dalle colline del parco e dai territori circostanti sono conservati nei musei archeologici di Modena e Bologna e nel museo ospitato nella rocca bentivolesca di Bazzano. Sicuramente latina è l’origine del nome, che si ritiene derivato da Mons Belli (monte della guerra), a sottolineare una vocazione guerriera che ha avuto ricorrenti conferme in epoca medievale. Il periodo bizantino è la prima fase nota della storia di Monteveglio, che nei secoli VI-VIII fu una delle fortezze dell’Esarcato di Ravenna a difesa del confine con i Longobardi. Dopo la conquista da parte di Liutprando, Monteveglio rimase un luogo strategico entrando da protagonista nei secoli cruciali del medioevo. Il castello, che nel secolo XI era parte del vasto dominio dei Canossa, deve molta della sua fama alla clamorosa vittoria ottenuta contro l’imperatore nel 1092, al tempo della contessa Matilde. Dopo aver resistito per quattro mesi all’assedio, i montevegliesi, con una sortita, sbaragliarono le truppe imperiali e indussero Enrico IV, che nello scontro perse uno dei figli, a rinunciare alla conquista del castello. Il destino guerriero di Monteveglio si protrasse ancora a lungo e il castello, che si sottomise ai bolognesi a metà del secolo XII, fu al centro di aspre contese tra Bologna e Modena in un succedersi di scontri, tradimenti, riconciliazioni. Proprio per riprendere il castello, che si era da poco consegnato ai modenesi, Bologna andò incontro nel 1325 alla più cocente sconfitta della sua storia nella battaglia di Zappolino e sino ai primi decenni del ’500 sotto le sue mura sfilarono gli eserciti guidati dai celebri capitani dell’epoca (Giovanni Acuto, il Gattamelata, Frundsberg e i suoi lanzichenecchi). Poi il castello perse d’importanza e nel ’700 era ormai in rovina, anche se solo alla fine dell’Ottocento la costruzione di un nuovo palazzo comunale ai piedi del colle avviò la formazione del moderno abitato.

La millenaria pieve di Santa Maria di Monteveglio

La chiesa, come rivelano le colonne della sua cripta, è una delle pievi più antiche della diocesi bolognese. Dopo un primitivo romitaggio, furono i Canonici Regolari di San Frediano di Lucca, a metà del secolo XII, a porre mano alla ricostruzione del complesso nelle odierne forme romaniche. Superato un momento di decadenza, Santa Maria tornò fiorente nel 1456 con Canonici Lateranensi, che attuarono vari restauri o ampliamenti. Nel 1628 papa Gregorio XV concesse alla comunità il titolo abbaziale. Per molti secoli la pieve e i canonici furono il punto di riferimento religioso, amministrativo ed economico del territorio dell’odierno parco, del quale arrivarono a possedere buona parte dei poderi, poi smembrati e venduti in epoca napoleonica. La chiesa e il convento furono restaurati tra il 1924 e il 1934 dal bolognese Giuseppe Rivani; ulteriori interventi sono stati compiuti di recente. Nell’isolamento di Monteveglio don Giuseppe Dossetti, ritiratosi dalla vita politica, fondò nel 1961 la sua comunità, che ha trovato sede definitiva a Monte Sole, riportando per la prima volta i monaci nell’abbazia dalla fine del ‘700. Oggi l’abbazia ospita una comunità francescana.

 

ITINERARI CONSIGLIATI

La salita al borgo medievale e all’abbazia.
Dal Centro Parco di San Teodoro si sale attraverso prati e vecchi coltivi abbandonati, collegandosi all’antico percorso che, prima della costruzione della strada asfaltata, era la principale via di accesso a Monteveglio alto. La sterrata incontra l’oratorio della Vergine di S. Luca e termina nei pressi del piccolo cimitero, ormai in vista della torre merlata che introduce al borgo medievale: oltrepassato l’arco si attraversa il borgo e si raggiunge l’abbazia. Durata: 1,5 ore (a/r).
Il Rio Ramato
L’itinerario, riservato esclusivamente a visite guidate, scende ripido attraverso un bosco mesofilo al fondovalle del rio, in uno dei settori più delicati del parco. Il sentiero prosegue sulle rive del corso d’acqua, in un ambiente caratterizzato da un microclima fresco e umido, e termina a breve distanza dal parcheggio situato all’ingresso dell’abitato di Monteveglio. Durata: 0,5 ore.

I calanchi del Rio Paraviere e la valle del Rio Marzatore
I calanchi del Rio Paraviere e la valle del Rio Marzatore. E’ un itinerario ciclabile che da Monteveglio, percorrendo strade in prevalenza asfaltate ma con dislivelli impegnativi, conduce alla scoperta della valle del rio Paraviere, nel settore più meridionale del parco. Costeggiato per un buon tratto il fianco destro della valle, se ne raggiunge la testata e, seguendo via Invernata, si scende nella valle del Marzatore. Raggiunto il fondovalle si prosegue costeggiando il rio e la collina di Montebudello in un paesaggio agricolo piacevolmente vario. Un ultimo tratto di strada, con maggiore traffico, consente di rientrare in paese. Durata: 2 ore.

 

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