La vetta nei pressi di Firenzuola, assieme a Monte Beni e Monte Freddi fa parte di una specie di “isola naturalistica” che da qualche anno viene protetta dalle autorità competenti e promossa quale zona adatta agli sport all’aria aperta ed ad un turismo lento e consapevole
di Gianfranco Bracci
(articolo pubblicato sulla rivista nell’autunno 2015)
I viaggiatori del passato descrivevano anche un paesaggio spoglio, arido e tale rimase fino alla prima metà del ‘900 quando la milizia forestale (poi Corpo Forestale dello Stato) iniziò a rimboschire i pendii coperti, fino ad allora, solo da cespugli di ginestra radiata. Negli anni ’50 si completò l’opera piantando pino nero e silvestre nei settori assolati e abete di Douglas in quelli più freschi, creando terrazzamenti, sentieri e riattivando le fontane. Insieme ad alberi estranei alla vegetazione del luogo, coerentemente con le usanze del tempo, vennero introdotti anche degli animali estranei, i mufloni che, in un ambiente tanto aspro e roccioso si adattarono ma, non trovando tutt’attorno ambienti adatti, sono rimasti confinati solo in questi “sassi”, dove si incontrano con relativa facilità. La quota, la composizione e la conformazione del terreno ostacolarono sempre l’uso agricolo del suolo ma anche qui non mancarono degli insediamenti come la rocca degli Ubaldini sulla vetta di Monte Beni e l’Eremo di San Donnino dei quali sono rimaste solo poche rovine. In una parte del Sasso di Castro c’è una cava ancora in funzione che camminando si riesce a vedere dall’alto. Per il resto l’ambiente è rimasto ben selvaggio e simile a quello visto dai camminatori del passato. Da un punto di vista geologico questi monti “arrivano da lontano.” Infatti Ela Krak, una mia cara amica geologa e naturalista di Imola, mi raccontava che queste due montagne scoscese che si elevano fin quasi ai 1300 metri di quota, nel periodo giurassico sono “scivolate” lungo la crosta terrestre fino all’attuale Toscana ben prima che l’Appennino iniziasse ad elevarsi a catena montuosa. Infatti, se le si osservano da lontano, le due elevazioni, sono apparentemente diverse dai poggi appenninici dei dintorni: più scoscese e rocciose e quindi differenti dai dolci declivi della catena montuosa a cui sono collegate, quasi ne facessero parte. Se poi si inizia a penetrarne il territorio, la differenza appare sempre più marcata: in primavera si può assistere a fioriture inusuali rispetto al circondario e quindi anche gli animali selvatici, quali il muflone, vi trovano il loro areale ideale. Insomma le due montagne, insieme al vicino Monte Freddi, fanno parte di una specie di “isola naturalistica” che da qualche anno viene protetta dalle autorità competenti e promossa quale zona adatta agli sport all’aria aperta ed ad un turismo lento e consapevole.
L’Area Naturale Protetta di Interesse Comunitario “Sasso di Castro – Monte Beni” è stata istituita dal Comune di Firenzuola (Fi) ed è iscritta nell’elenco ufficiale delle aree protette regionali e comunitarie. è gestita dal Comune in collaborazione con il Comitato composto dai rappresentanti locali degli agricoltori-proprietari, degli ambientalisti e delle associazioni venatorie. L’ANPIL “Sasso di Castro – Monte Beni” si estende per una superficie di 799 ettari. Al suo interno sono ricompresi l’Oasi di Protezione “Belvedere”, i rilievi di Sasso di Castro (1.276 metri s.l.m.), Monte Rosso (1.194 metri s.l.m.), Monte Beni (1.264 metri s.l.m.) e Monte Freddi (1.276 metri s.l.m.). Tra le emergenze faunistiche sono da segnalare le popolazioni di specie ornitiche rupicole e legate alle praterie montane, i popolamenti di Anfibi legati alla permanenza di un buon sistema di pozze per il bestiame, e il lupo, la cui presenza è legata anche al gran numero di ungulati quali cinghiali e caprioli, ed in particolare mufloni che vi è stati reintrodotti alcuni anni fa. L’area protetta è stata istituita per preservare sia le rare specie di flora che la popolazione del muflone.
Lasciata l’auto nel piccolo parcheggio della frazione di Covigliaio (Firenzuola), sulla statale della Futa, si prende a seguire la statale in direzione nord per un centinaio di metri fino ad incontrare una strada sterrata che si distacca dall’asfalto e dove vi sono i pali con i segnavia escursionistici. La si risale costeggiando una villetta sulla sinistra e salendo sempre per ampi prati e coltivi. alcuni tornanti conducono ad un laghetto e poi ad una casa dove la sterrata finisce tramutandosi in una antica mulattiera che conduceva alla rocca degli Ubaldini sulla vetta di Monte Beni, di cui restano ancora tratti selciati. Si entra nel bosco e con dei tornanti a tratti molto panoramici si giunge ad un luogo caratterizzato da strane guglie rocciose poste in posizione panoramica sulla Valle del Santerno. Si prosegue con tornanti fin o ad uscire dal bosco ed attraversare una zona prativa dove le vedute si allargano a 360 gradi arrivando, nei giorni più limpidi d’inverno, anche fino alle Alpi Orientali innevate. Siamo sulla cima del Monte Beni, una zona piatta con una fessura naturale dalla quale fuoriesce dell’aria tiepida di probabile origine vulcanica. Ammirato il panorama mozzafiato, si ritorna a Covigliaio, sui propri passi.