ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA

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Storia e caratteristiche dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Il consorzio di tutela verifica e garantisce colore, densità, profumo e acidità di tutte le 80 mila bottigliette prodotte ogni anno. Come distinguerlo dall’Aceto Balsamico IGP

servizio e foto di Salvatore di Stefano

(articolo pubblicato nel numero uscito nella primavera 2017)

Ogni modenese ha in soffitta un grandissimo segreto da custodire; non puoi saperlo se non vedi con i tuoi stessi occhi cosa nasconde gelosamente. Ha ottenuto la protezione DOC nel 1986 e nel 2000 gli è stata riconosciuta la DOP dalla Comunità Europea. Parlo di un’antica tradizione, tramandata di padre in figlio, di famigli in famiglia; basata sulla passione, sull’eccellenza e perfino sul vanto gerarchico. Semplicemente: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Se chiedi ad uno di loro cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale, ti risponderà “semplicemente” che è uno stile di vita, “una cosa che senti tua e che hai nel sangue”. Divieni custode dell’Aceto balsamico Tradizionale di Modena nell’arco della tua vita, in attesa di passarlo a qualcun altro che, a sua volta, lo custodirà e lo tramanderà.

La storia di questa eccellenza emiliana è parecchio confusa. I documenti che ne attestano il passato sono pochi, rendendone così la ricostruzione una vera e propria sfida.
Parrebbe che gli antichi Romani avessero intuito che l’aceto ha forti poteri medicamentosi. Oltretutto, diluito nella giusta dose d’acqua, gli attribuirono prerogative dissetanti, corroboranti ed energizzanti. Uno degli elementi immancabili per i soldati da portare sui campi di battaglia. In cucina poi, veniva miscelato a varie sostanze: dolci, più o meno dense o aromatiche. Fra le tante la “sapa”, conosciuto come mosto cotto, era la più usata come loro dolcificante naturale. Sulla provenienza limitata alle zone modenesi di questi aceti di vino, non vi è dubbio, visto che già allora venivano definiti “alla modenese”.
Non è certo però quando tra gli aceti “alla modenese” entrò a far parte anche quello “balsamico”. Solo una data sui registri delle cantine segrete della Corte estense ne fa menzione: nel 1747.
Proprio sotto gli Estensi, in pochi anni, venne rivoluzionato l’elenco dei ben 18 diversi aceti presenti nelle cucine della Corte, ne rimasero prodotti solo quattro: il “balsamico”, il semibalsamico, il fino e il comune. A quegli anni, dunque, va attribuita la definitiva diversificazione, che dura tuttora, fra l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e l’Aceto Balsamico di Modena.
Sarà però l’800 il secolo che lo farà finalmente conoscere anche fuori dalle mura cittadine, ed è in questo clima che appare la figura che più ha contribuito alla diffusione del Balsamico della tradizione secolare: l’avvocato Francesco Aggazzotti del Colombaro. Agazzotti nel 1861 inviò una lettera al signor Pio Fabriani di Spilamberto in cui descrisse come lui operasse per produrre l’aceto balsamico, dove molto chiaramente ribadì l’uso del solo mosto cotto.
Cos’è, dunque, L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena? E’ un prodotto “semprevivo”, ottenuto esclusivamente da un unico ingrediente: il mosto fiore di uve autoctone Modenesi, e anche se nel corso dei secoli la tecnica di produzione si è affinata, la procedura madre rimane sempre la stessa: il mosto viene cotto in caldaie a vaso aperto per diverse ore, lasciato raffreddare lentamente, poi, per avviare il processo di acetificazione, viene trasferito in grandi botti di legno, dette “botti madri”.
Finita qui? Certo che no. Come vi anticipavo, ogni modenese custodisce un segreto nel sottotetto: la “batteria”. Si tratta di una serie di botti, di diverse dimensioni e legni dalla traspirazione e dai sapori diversi. E’ proprio qua che inizia la vera e lunga magia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. A processo di acetificazione completato, il mosto viene immesso in batteria (gli esperti e la tradizione consigliano l’uso di ameno sette botti), qui il prodotto viene lasciato a maturare per almeno dodici anni (la produzione più giovane) oppure oltre venticinque per ottenere l’extravecchio. La batteria, di fatto, compone una singola unità produttiva; i barili che la compongono sono tecnicamente legati fra loro dalle sapienti mani dell’uomo, mediante la tecnica dei travasi e dei rincalzi. Da una botte (sempre la più grande) all’altra (sempre più piccola), il travaso, in ogni botte, garantisce l’annuale costante accumulo di un prodotto più vecchio e sempre migliore. Ogni prelievo, verrà colmato dal prodotto nuovo che perpetuerà così il processo all’infinito.
Se è vero il detto che: “nella botte piccola ci stà il vino buono”, nella botte più piccola di ogni batteria (la migliore) viene effettuato l’annuale prelievo dell’aceto per il consumo familiare o per la vendita.
Gli aceti Tradizionali prodotti dai modenesi sono unici e non confrontabili tra di loro, si distinguono quasi come le diverse famiglie di appartenenza.
La caratteristica, forse, più esclusiva dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena discende da fenomeni di tipo fisico e chimico che si realizzano solo al termine dei due processi fermentativi. Questi processi che in enologia vengono definiti come processo di invecchiamento e affinamento di breve durata, nell’Aceto Balsamico Tradizionale invece li distinguiamo in maturazione (della durata di non meno di 10 anni, che sommati ai 2-3 della fase fermentativa portano a quel minimo di 12 anni previsto dal disciplinare della DOP) e invecchiamento vero e proprio (di una durata indefinibile in quanto il processo non cessa mai e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena migliora sempre, di fatti, molti modenesi hanno nelle loro acetaie botti attive dalla fine del 1600)
Finita qui? Macchè. Come vuole il disciplinate della DOP, prima dell’imbottigliamento, dev’essere sottoposto a controlli sensoriali e rispondere, assolutamente, a parametri organolettici unici nel suo genere: colore, densità, profumo, sapore e acidità.
Poi l’imbottigliamento: il Tradizionale non viene imbottigliato dall’azienda produttrice ma presso il Consorzio Tutela. Si presenta sul mercato in un’unica e inconfondibile bottiglietta uguale per tutti i produttori di tradizionale, disegnata da Giorgetto Giugiaro, di forma sferica, con base rettangolare, con capacità da 100 millemtri, anch’essa descritta nel disciplinare di produzione della DOP
Famoso e apprezzato in tutto il modo, ne vengono prodotte non più di 80.000 bottiglie annue; chiunque compri una bottiglia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena compra insieme all’aceto un pezzo di storia modenese.
Penetrante e persistente, di evidente ma gradevole e armonica acidità, il sottotetto di ogni modenese si presenta e profuma in maniera assolutamente diversa da qualunque altro sottotetto del mondo.
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