Originario della valle della Lora, è arrivato sui Colli Bolognesi nel XIX secolo e oggi compine il 50% del DOC Bologna Bianco
di Alessio Atti
Certamente di uve straniere sui Colli Bolognesi ne sono sopraggiunte assai e abbiamo già visto come il maestoso Cabernet Sauvignon si sia ben adattato sulle nostre colline.
Ma il grande vino rosso ha diversi famosi compagni transalpini a fargli compagnia.
Una delle uve entrate nel XIX secolo sui nostri suoli è probabilmente uno dei genitori del suddetto Cabernet Sauvignon, ed è un’uva a bacca bianca: il Sauvignon Blanc.
L’omonimo vino, insieme allo Chardonnay è il bianco più diffuso al mondo e la sua storia è coperta ormai di leggende.
Pare, intanto, che il nome derivi dalla parola francese sauvage, selvaggio e lo si trovi menzionato al capitolo 25 nell’opera Gargantua di Rebelais del 1534 come fiers, dal latino ferus, selvaggio.
Contrariamente al pensiero comune di qualche tempo fa e secondo la più prestigiosa enciclopedia mondiale “Wine Grapes” di Robinson, Harding e Vouillamoz, il Sauvignon Blanc non avrebbe origini nella zona di Bordeaux ma più a nord, nella valle della Loira dove recenti indagini sul suo DNA lo vedono accostato con strettissimo legame ad altri vitigni come il Savagnin, lo Chenin Blanc e il Trousseau, tipici di quella zona.
Oggi le più brillanti espressioni del Sauvignon Blanc si possono trovare nella Loira e in Linguadoca in Francia, in Nuova Zelanda zona Marlborough, in California zona Sonoma, in Cile nelle valli di Curicò e Maule, in Italia nelle zone dell’Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, in Romania e Moldavia. Ogni zona esprime un Sauvignon diverso con differenti stili.
Sui Colli Bolognesi invece i terreni eterogenei, i microclimi diversi e le differenti altitudini ci negano il piacere di avere un inclusivo grande Sauvignon felsineo ma, nel contempo, la grande fortuna di poter assaggiare molteplici sfaccettature di questo nobile vino bianco più che mai internazionale e apprezzato dai molti.
Si pensi che nel Colli Bolognesi DOC Bologna Bianco, il Sauvignon Blanc, deve comporre il vino per almeno il 50%,
Qui lo si trova sovente anche in uvaggio con altri bianchi consentiti dal disciplinare per realizzare vini eleganti e di carattere.
Confrontato con le più blasonate produzioni, il nostro Sauvignon come tutti quelli emiliani, potrebbe apparire più debole, abbastanza piatto e con le sue riconoscibilissime peculiarità affievolite ma, negli ultimi anni, alcuni vignaioli felsinei stanno lavorando piuttosto bene estraendone ottime tipicità.
Ma cosa contraddistingue questo grande bianco, quali particolarità nasconde per essere così apprezzato e considerato uno dei vini più poliedrici da mettere sulla tavola?
Naturalmente i caratteri di ogni vino sono dettati dal terroir, che comprende, come si sa, anche la mano dell’uomo e proprio quest’ultima ha la caratteristica di poter donare diversi stili ai vini che vengono realizzati giocando con interventi in vigna e vinificazioni.
Al di là comunque di tecniche di vinificazione funambolesche o più naturali possibile, i tratti del Sauvignon sono così unici da essere sempre e comunque riconoscibili immediatamente.
Uva a maturazione precoce, sui suoli magri esalta le sue pungenti particolarità, al contrario, si annullerebbero rendendolo anonimo e banale.
Tra i più tipici riconoscimenti del Sauvignon Blanc possiamo elencare tratti aromatici fruttati come buccia di pompelmo, ananas, cedro acerbo, frutto della passione, mango e anche note erbacee quali tè verde, peperone verde o foglia di pomodoro.
Se fa affinamenti in legno si possono sviluppare aromi terziari quali spezie e soprattutto note di pietra focaia.
In questo meraviglioso vino però, possiamo trovare un’altra inconfondibile unicità: l’odore di pipì di gatto. Bosso se vogliamo essere più eleganti. Non deve essere una caratteristica distintiva, per carità, ma è molto comune avvertirne la presenza.
Di questa nota controversa ne è responsabile una molecola, 4-metil-4-mercaptopentan-2-one, presente nella buccia, nei vinaccioli e nel raspo, ha una soglia di percezione molto bassa e la si distingue, quindi, quasi subito.
Al palato il nostro bel Sauvignon Blanc, minerale e fresco mantiene una profondità aromatica interessante, si delineano sentori più verdi come timo e salvia su tutti nel caso non faccia legno, al contrario ecco che emergono più rotondità, più morbidezze con ricordi di buccia di agrumi caramellata, fichi e frutta secca.
Viste le sue caratteristiche vegetali a tavola è amico di piatti vegetariani, non disdegna cibi etnici, quindi piuttosto aromatici e prende a braccetto gli asparagi.
I Sauvignon Blanc dei nostri colli risultano spesso fini ed eleganti, si abbinano con disinvoltura a tortelloni burro e salvia, coniglio al forno sfumato con lo stesso vino.
Vi invito quindi ad assaggiarne e valutarne diverse provenienze dando la precedenza, ovviamente, a quelli delle nostre belle colline.