IL TREBBIANO 

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È sul nostro territorio da più di due mila anni, si contende il primato dei vini petroniani con il Pignoletto

Alessio Atti

Da 30 anni a questa parte Bologna ha scelto il suo vino di riferimento, realizzato in diverse versioni e stili, sta trovando un grande consenso nazionale ed internazionale. I vignaioli che lo producono imbottigliano vere eccellenze. Quando si parla di vino petroniano, oggi, si pensa al Pignoletto che sui Colli Bolognesi trova la seconda DOCG regionale dopo la Romagna Albana.

Oltre alle consuete etichette superiore e frizzante, non mancano pregiatissime versioni spumantizzate o, le più rare, raccolte tardive.

Il Pignoletto unisce tantissimi vignaioli bolognesi dando una definizione a questo territorio. Benché il suo reame vada dal modenese orientale al faentino occidentale ed è l’incontrastato re enoico felsineo, la sua corona è contesa da un altro bianco.

A quantità di vino prodotto e di ettari coltivati, il Pignoletto deve fare i conti con il vero monarca del bolognese, il Trebbiano Romagnolo detto anche Trebbiano della fiamma. Il primo è difficile trovarlo in blend con altri bianchi, il secondo è quasi sempre in uvaggio. Il primo è difficile da lavorare, il secondo dà ottime rese ed è anche resistente a diverse malattie.
Probabilmente dopo secoli di anonimato, il mercato vitivinicolo bolognese richiedeva un vino particolare, antico, meno conosciuto e la scelta ricadde sul Pignoletto da uve di Grechetto Gentile, stesso DNA del Grechetto di Todi.

Del resto il Trebbiano Romagnolo fa parte della grande famiglia dei Trebbiani che sono sul territorio nazionale da almeno due millenni. Pare che il nome derivi dal latino Trebula, fattoria. Poteva quindi essere considerato il vino casereccio, quotidiano, di paese. Citato anche da Pier de’ Crescenzi sul finire del XIV secolo era già molto diffuso nel medioevo.

Diamo i numeri: nella provincia di Bologna il Pignoletto abita sul 22% del territorio vitato mentre il Trebbiano Romagnolo si attesta su un perentorio 33%, in Emilia Romagna è il vitigno a bacca bianca più diffuso e convive con altri Trebbiani. Tra i più famosi parenti del Trebbiano Romagnolo troviamo il Trebbiano Toscano, quello di Soave e quello, forse più pregiato, Abruzzese.

Non minori il Trebbiano di Modena che concorre a realizzare l’omonimo Aceto Balsamico Tradizionale e la Trabbianella di Spagna, per citarne di vicini.

Il vino che ci offre il Pignoletto è sottile, fresco, floreale con sentori di frutta a polpa bianca e la caratteristica nota amarognola finale; connotati riconoscibili e piuttosto definiti che inquadrano il territorio.

Il Trebbiano Romagnolo, dal canto suo, ci dona un bouquet aromatico più fine e per questo forse ci appare più limitato, frutta a polpa bianca, fiori di campo, note erbacee sono sostenute da una discreta sapidità e freschezza. Queste caratteristiche lo pongono come tra i bianchi preferiti nel concorrere a importanti uvaggi per completare eccellenti vini offrendo spalla acida, struttura, mineralità e arricchire ventagli aromatici.

Oggi, alcuni vignaioli credono molto in lui e lo propongono discrete versioni in purezza soprattutto verso l’imolese con la DOC Romagna Trebbiano.

Sui nostri Colli Pignoletto e Trebbiano trovano comunque un insieme proponendo interessanti versioni spumantizzate, verso occidente più presente il Trebbiano di Modena e, manco a dirlo, ad oriente quello Romagnolo.

Il Trebbiano, infine, appare oggi come un vino contemporaneo, spensierato, ottimo per aperitivi con salumi, tigelle o piadine e si accompagna benissimo con cene di pesce, al tramonto, mentre si ascoltano le onde infrangersi in riva al mare.

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