la storia del vero dottor Frankestein

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Gli studi del nipote di Luigi Galvani, che tra Settecento e Ottocento sconvolse la comunità scientifica internazionale con i suoi esperimenti elettrici sui cadaveri

di Claudio Evangelisti

(articolo pubblicato nel numero uscito nell’inverno 2017)

Giovanni Aldini era il nipote del famoso scienziato Luigi Galvani: un filo diretto quindi, anzi elettrico, collega questi due famosi professori bolognesi, che tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 stupirono il mondo con le loro sensazionali scoperte.

Tutto ebbe inizio a Bologna il 16 aprile 1786. Era una notte tempestosa e l’eco minaccioso dei tuoni rimbombava dietro il colle di San Luca. Il professor Galvani si svegliò di soprassalto e si precipitò in terrazza per controllare il palo in metallo fissato sul tetto dal quale partiva un filo lungo pochi metri che collegava due zampe di rana poste sopra un tavolo al centro della terrazza. Ad un tratto un fulmine violentissimo squarciò il cielo e andò a colpire il palo di metallo sul tetto, il filo incominciò a vibrare rapidamente e la scarica elettrica passò attraverso di esso fino ad arrivare alle zampe della rana che cominciarono a muoversi e contrarsi. Il primo esperimento su quella che definì “elettricità animale” era riuscito. Per la prima volta si cominciò a riflettere sui possibili collegamenti tra vita ed elettricità. 

Come lo zio, anche Giovanni Aldini che nacque a Bologna nel 1762, studiò fisica e divenne docente all’Università di Bologna nel 1798. Il suo interesse prevalente si concentrò sull’elettricità e sulla sua applicazione in medicina e per l’illuminazione. Nel 1807 pubblicò uno studio sul galvanismo nel quale asserisce che in determinate condizioni sarebbe possibile riportare in vita un cadavere mediante stimoli elettrici, una teoria che troverà poi risalto nel romanzo Frankenstein, di Mary Shelley, ma di questo ne riparleremo alla fine di queste righe.

 

GLI ESPERIMENTI SUI CADAVERI 

In realtà, oltre ad essere uno scienziato, Aldini, divenne un vero e proprio “showman” e viaggiò per l’Europa mostrando i suoi straordinari esperimenti che produssero enorme curiosità e scalpore. Il sogno di Aldini era quello di ridare vita ad un cadavere attraverso le scariche elettriche trasmesse dalla famosa pila inventata da Alessandro Volta, che aveva proseguito e perfezionato gli esperimenti di Galvani. Molti suoi esperimenti furono giudicati spettacolari ed anche raccapriccianti. Sempre mediante stimoli elettrici, durante i suoi spettacoli, induceva movimenti spasmodici ai muscoli facciali, alle braccia e alle gambe di esseri umani e di animali. Aldini, infatti, faceva passare elettricità attraverso cadaveri umani o pezzi di essi (ad esempio la testa) ottenendo l’incredibile effetto di far muovere quei corpi, producendo in essi convulsioni e spaventosi movimenti degli arti. Durante un esperimento il braccio di un cadavere “elettrificato” fu in grado di sollevare un peso di diversi chili. Non è chiaro se fosse effettivamente convinto di poter riportare in vita quei corpi o se invece il suo intento era solo impressionare il pubblico..

 

ALDINI A LONDRA

Poiché in Europa si era diffusa la ghigliottina per giustiziare i condannati, allo scienziato bolognese mancava la materia prima. I corpi su cui effettuava le sue prove erano infatti di condannati a morte che in quasi tutta Europa venivano decapitati. E invece Aldini era più ambizioso: voleva tentare un esperimento inconcepibile e per questo dovette spostarsi a Londra. Nella capitale inglese, infatti, la pena capitale era l’impiccagione, così che Aldini poteva avere a disposizione corpi perfettamente intatti. Nel 1803 giunse a Londra dove seppe che tale George Forrest, accusato di omicidio plurimo, attendeva il verdetto; pare che lo scienziato bolognese abbia corrotto i giudici per condannarlo e impiccarlo. Aldini allora eseguì un esperimento pubblico sul cadavere utilizzando una grande pila, shockando i presenti a tal punto da provocare (indirettamente) la morte del suo assistente la notte stessa per infarto, dovuto con ogni probabilità al terrore scaturito in lui. Nel detto esperimento la mandibola del defunto George Forrest cominciò a tremare, gli occhi si aprivano e chiudevano fissando il pubblico e il viso del cadavere era scosso da orribili spasmi. Il cadavere ricominciò a respirare ed il suo cuore a battere. Poi il gran finale: Aldini introdusse un polo della pila in un orecchio e l’altro nell’ano: l’intero corpo prese a muoversi in maniera sconnessa, tra orribili convulsioni: la schiena si inarcava, le gambe si contorcevano, un braccio si alzò verso l’alto stringendo un pugno, i polmoni cominciarono a gonfiarsi e la testa a muoversi avanti e indietro. Una sensazione mista di terrore e incredulità attraversò la platea dei chirurghi londinesi: davanti a loro stava accadendo qualcosa di straordinario e mai visto prima. E nessuno, davvero nessuno, poté evitare di pensare in cuor proprio qualcosa di assolutamente terribile e stupefacente: sembrava proprio che il professor Aldini stesse riportando in vita quel cadavere. Per gli scienziati, Aldini riuscì per pochissimo tempo a riportare in vita il cadavere corporalmente, ma il cervello era comunque morto, e gli stimoli di movimento era necessario immetterli dall’esterno.

 

IL VERO DOTTOR FRANKESTEIN

In tutta Europa e soprattutto a Londra, Aldini divenne una celebrità. Nel 1818 Mary Shelley pubblicò una libro assai particolare, poi passato alla storia: “Frankenstein, ovvero il moderno Prometeo”, dove si racconta di come un tal dottor Victor Frankenstein generi una creatura vivente da materia inanimata, grazie a scariche elettriche. Le teorie sul galvanismo, così chiamato in onore del medico bolognese, sarà uno dei temi fondamentali della ricerca scientifica tra Settecento e Ottocento e non stupisce che una donna di cultura come la Shelley, alla quale le teorie di Galvani giunsero attraverso gli esperimenti londinesi di Aldini, abbia tratto ispirazione per il personaggio del Dottor Frankenstein e per il suo mostro tramite l’effetto di questi straordinari esperimenti. Giovanni Aldini morì a Milano nel 1834. Lasciò una forte somma di denaro per completare il progetto di scuola deciso assieme al collega e amico Luigi Valeriani, che  saranno di stimolo per la creazione a Bologna di una scuola tecnica per la pratica delle arti e dei mestieri meccanici: l’Istituto tecnico industriale Aldini Valeriani.

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